In vacanza noi non ci andiamo, ovvero: per un nuovo e impellentissimo umanesimo
Editoriale del numero di agosto/settembre 2016
In vacanza noi non ci andiamo; non ce lo possiamo permettere, non solo economicamente.
La scena del nostro quotidiano è assediata da questioni che ci tolgono il sonno e non ci abbandonano nemmeno con l’afa d’agosto. Il piccolo lembo di terra che abitiamo, tenero e marginale, sballottato nel vortice di processi che ormai stanno scardinando il sottosviluppo assistito che ha accompagnato la sua modernizzazione (di media incidenza), è minacciato innanzitutto dalla sua classe dirigente, mai così inadeguata e senza progetto. Questa però, non è una prerogativa del Molise; lo ha spiegato doviziosamente all’inizio di quest’anno lo scienziato Stephen Hawking alla BBC, nel corso di un’intervista che ha destato eccezionale scalpore in tutto il mondo. Il genere umano sta rischiando di estinguersi a causa del deterioramento progressivo e parossistico dell’ambiente, teatro plurisecolare di crimini e devastazioni che mettono ormai a repentaglio beni comuni come l’aria, l’acqua, la terra, che finora abbiamo considerati inesauribili, ha ammonito una delle menti più sagaci del nostro tempo.
Dovremmo uscire dal paradigma liberista del progresso e della sua equivoca prospettiva, per inaugurare un nuovo umanesimo, del tutto differente da quello che ha annunciato e preparato il terreno per il Rinascimento, con la sua “rivoluzione copernicana” che ha posto l’uomo, fatto a immagine e somiglianza di dio, al centro di un mondo che egli doveva piegare e modificare, in ragione del suo interesse. In quella temperatura ideale, corroborata dalle scoperte geografiche e dall’allargamento dei commerci, sono state poste le basi del pensiero moderno occidentale. Le classi dirigenti che quel pensiero lo hanno commissionato, blandito, interiorizzato e diffuso, avevano cognizione precisa di quello che stava accadendo nel loro tempo: si trattava di passare dall’oscurità del feudalesimo ad un mondo nuovo, col conforto di scienziati, di artisti, di filosofi e di navigatori, che segnavano nuove rotte per il progresso dell’umanità.
Quelle classi dirigenti fondavano banche, finanziavano e combattevano guerre, commerciavano schiavi, importavano ed esportavano prodotti da un capo all’altro del pianeta, padroneggiando dal punto di vista intellettuale il processo del quale erano parte essenziale, determinante. Non è più così; segnatamente nella seconda parte del secolo scorso, la prospettiva che ha disegnato la storia e la geografia del mondo per mezzo millennio più o meno, è venuta a consunzione. Il Club di Roma, un sodalizio di premi nobel, capi di Governo, intellettuali e scienziati di tutto il mondo riuniti da Aurelio Peccei, nel 1972 pubblica il “Rapporto sui limiti dello sviluppo” conosciuto come “Rapporto Meadows”, che ebbe eccezionale notorietà dopo la prima gravissima crisi petrolifera dell’anno successivo, quella del 1973; di atti concreti però, da parte della comunità internazionale, nemmeno l’ombra.
Da allora è passato quasi mezzo secolo, ma la salute dell’ambiente planetario ha continuato a peggiorare inesorabilmente, insidiata dall’unica risorsa, a detta di Hawking, davvero inesauribile: l’umana imbecillità. E’ che il mondo nel quale viviamo è plurale, multiforme e tremendamente complesso, troppo al di sopra delle capacità di governo delle attuali classi dirigenti, allineate sotto l’egida mefitica e commerciante del profitto, globalizzato, velocissimo e cartolare. Tutti noi, che lo sappiamo oppure no, abbiamo bisogno di un nuovo umanesimo che faccia fare al genere umano un passo indietro rispetto al protagonismo che ne ha contraddistinto il compito cinque secoli or sono. Dobbiamo conquistare un sapere olistico (e una sensibilità dello stesso tenore) che ci metta in comunione con gli altri esseri viventi e soprattutto con la natura ormai allo stremo, stanca d’inviarci avvertimenti senza esito alcuno.
La questione ambientale è quella fondamentale per il futuro del pianeta e degli esseri che lo abitano; ma per comprenderne la portata ed affrontarla efficacemente c’è bisogno di un nuovo umanesimo, frugale e anti-consumista, fondato sulla cura e la coltivazione del bene comune, che formi una nuova classe dirigente onesta, sensibile e solidale.
Giorno dopo giorno, in ogni nostro atto quotidiano, dobbiamo tenerlo presente; anzi, futuro.
Antonio Ruggieri75 Posts
Nato a Ferrazzano (CB) nel 1954. E’ giornalista professionista. Ha collaborato con la rete RAI del Molise. Ha coordinato la riedizione di “Viaggio in Molise” di Francesco Jovine, firmando la post—fazione dell’opera. Ha organizzato e diretto D.I.N.A. (digital is not analog), un festival internazionale dell’attivismo informatico che ha coinvolto le esperienze più interessanti dell’attivismo informatico internazionale (2002). Nel 2004, ha ideato e diretto un progetto che ha portato alla realizzazione della prima “radio on line” d’istituto; il progetto si è aggiudicato il primo premio del prestigioso concorso “centoscuole” indetto dalla Fondazione San Paolo di Torino. Ha ideato e diretto quattro edizioni dello SMOC (salone molisano della comunicazione), dal 2007 al 2011. Dal 2005 al 2009 ha diretto il quotidiano telematico Megachip.info fondato da Giulietto Chiesa. E’ stato Direttore responsabile di Cometa, trimestrale di critica della comunicazione (2009—2010). E’ Direttore responsabile del mensile culturale “il Bene Comune”, senza soluzione di continuità, dall’esordio della rivista (ottobre 2001) fino ad oggi. BIBLIOGRAFIA Il Male rosa, libro d’arte in serigrafia, (1980); Cafoni e galantuomini nel Molise fra brigantaggio e questione meridionale, edizioni Il Rinoceronte (1984); Molise contro Molise, Nocera editore (1997); I giovani e il capardozio, Nocera editore (2001).
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