Un castello marginale (ai margini del borgo)

Le emergenze rocciose presenti al di sotto del castello di Ferrazzano vanno considerate parte integrante del sistema fortificato e la loro presenza deve aver condizionato l’ubicazione del maniero ai bordi dell’abitato per sfruttare le potenzialità difensive.

Gli spuntoni rocciosi che delimitano l’area di pertinenza del castello nel tratto a valle sono il rimando alla natura di questo luogo di punto fortificato. Le rocce in tanti casi costituiscono parte delle strutture castellane come si vede a Macchiagodena, Roccamandolfi, ecc.; qui esse emergono alla vista in una fascia esterna alla sede del feudatario, ma pur sempre possono essere considerate componenti del sistema di difesa. Non è l’unico posto in cui a Ferrazzano è visibile il masso lapideo sul quale sorge perché si scorge una alta parete calcarea sul lato opposto del perimetro dell’abitato dove essa era integrata nelle mura urbiche. Occorre, dunque, conservare tali emergenze rocciose per quanto detto e non solo per il fascino che promanano in quanto elementi della natura selvaggia i meno conosciuti dall’uomo essendo non sfruttabili per l’uso agricolo e a causa delle loro forme bizzarre segni misteriosi, indecifrabili.

Non è, comunque, cosa da poco quest’ultimo aspetto poiché le rocce hanno sempre colpito l’immaginario popolare che vi ha ambientato leggende, associato ad esse credenze e le stesse religioni hanno trovato motivi di ispirazione spirituale nelle formazioni lapidee (la Madonna è apparsa a Lourdes in una cavità rocciosa); le rocce sotto forma specialmente di rupi, di vette o di gole permeano la cultura del Romanticismo che è alla ricerca dell’«orrido» e del «sublime», che è appassionata delle forze ancestrali che governano il globo tra le quali vi sono i sommovimenti della crosta terrestre che si manifestano in superficie appunto con le rocce. Le valenze immaginifiche del blocco di calcare prossimo al castello si arricchiscono proprio per tale vicinanza perché la struttura castellana stessa nella quale, lo si ripete, esso è inserito, ha un forte carattere simbolico; un maniero è l’immagine di un’autorità, quella del feudatario, fondata sull’impiego delle armi che si riflette nella potenza delle murazioni e nell’asperità del sito roccioso.

Da quando il castello ha perso il suo ruolo militare si è andata mutando la percezione emotiva della popolazione verso di esso non essendo più il fondale privilegiato del teatro, per così dire, del potere. In realtà non è del tutto vera quest’ultima asserzione: quando con l’eversione (come si chiama la sua abolizione) del feudalesimo agli inizi del XIX secolo il castello, così come è successo in moti comuni molisani, diventa residenza di una delle famiglie appartenenti al ceto dei Galantuomini (gli Iapoce) le quali anch’esse erano dotate di potere per le cariche pubbliche che occupavano e per le proprietà terriere (nel caso degli Iapoce gli armenti). Neanche in precedenza, dopo l’epoca medioevale, i castelli avevano una funzione militare poiché le tecniche belliche erano cambiate con la scoperta della polvere da sparo. Nonostante il castello di Ferrazzano subisca una modifica con lo «scamozzamento» di una torre, cioè il taglio della sua porzione superiore al “redondone”, per il posizionamento dell’artiglieria, quindi per il “tiro orizzontale”, molto più efficace di quello di prima “piombante” dall’alto della cortina muraria esso non risulta adeguato alla nuova scienza della guerra.

Il piano sul quale si poggiava il cannone in seguito con la trasformazione del castello in abitazione è diventato un terrazzino. Soprattutto, però, è l’assetto istituzionale che cambia con la «rifeudalizzazione» voluta dal Re spagnolo nel principio del 1500 che distribuì i vecchi feudi ai suoi funzionari, tra i quali vi erano i Carafa; il feudatario oramai esercita il potere per conto dell’autorità centrale, non in maniera autonoma. Il castello non si identifica in pieno con il luogo del comando assoluto che, invece, è prerogativa dello Stato. La lontananza del Vicereame dal Contado di Molise conduce ad una perdita di visibilità, fino a quel momento affidata al castello, del potere. La smaterializzazione del potere è un percorso lungo che prendendo inizio adesso conduce fino ai nostri giorni. Alla stessa maniera delle architetture castellane che hanno perso la distinguibilità per attività ospitate i municipi che sono delle emanazioni di una entità statale che sta nella Capitale non sentono il bisogno di autorappresentarsi per cui si confondono con l resto dell’edificio (a Ferrazzano esso occupa un antico palazzo).

Il castello si riduce alla mera struttura architettonica mente il resto degli apparati difensivi che ne facevano corona vengono abbandonati e di questi si perde addirittura memoria della loro ragion d’essere nella logica della protezione della sede feudale. Lo sperone roccioso situato tra le vie Crocella e Matese appartiene tanto al sistema di fortificazione che si lega al castello quanto alla cinta del borgo integrando in quel pezzo la murazione. È legittima una duplice interpretazione a questo proposito: da un lato che le mura urbane siano strettamente connesse al castello venendo a configurare un unico complesso fortificato, dall’altro che abbiano un’origine differente riconoscendo un grado di autonomia alle murazioni cittadine intese come opere destinate all’autodifesa della popolazione, costruite dalla stessa, nate prima del castello.

Attualmente a Ferrazzano le mura non sono leggibili se non nel loro andamento in quanto si presuppone una stretta continuità tra i modi costruttivi della cortina muraria e delle case che vi sono sovrapposte; è lecito pensare a un certo tracciato delle mura anche in assenza di costruzioni potendo le barriere rocciose fungere da spalti per la difensiva, lì dove si registrano lacune al fronte edificato. A sostegno della tesi che lo sperone di roccia al centro del nostro discorso c’entri qualcosa con il castello è il fatto che il sito su cui si erge non è il punto più elevato del borgo che è quello occupato dalla chiesa parrocchiale, però è il più facilmente fortificabile per la presenza delle rocce. Lo spazio libero alle spalle del castello poteva servire ai civili quale rifugio nei momenti di pericolo protetti in basso (in alto vi è la struttura castellana) da opere provvisorie, ad esempio uno steccato in legno che si appoggia all’emergenza rocciosa già di per sé presidio difensivo. È valida pure l’ipotesi che la collocazione del castello sia stata scelta in dipendenza della difficile espugnabilità limitata dalle presenze rocciose che fungono da ostacoli naturali.

In definitiva, il castello di Ferrazzano non è un episodio isolato partecipando al paesaggio urbano del quale definisce il fulcro.

Francesco Manfredi Selvaggi645 Posts

Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.

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