La falesia, quel “muro” tra Termoli e la sua spiaggia

Essa separa l’abitato che sta in alto dall’ambiente costiero che è in basso, due dimensioni completamente diverse, l’una urbana l’altra naturale.

Nel Molise sono davvero rari i luoghi davvero naturali, nei quali cioè non si legge l’opera dell’uomo. Con esclusione di alcune cime rocciose o delle gole non vi sono posti dove non si coglie l’azione antropica. L’allevamento zootecnico è da sempre parte costituente dell’immagine degli altopiani, mentre non vi è bosco che non sia stato oggetto di taglio ripetuto, per parlare solo dei contesti considerati generalmente allo stato originario. Per tutto il resto della regione le campagne sono belle per merito dell’agricoltura che è stata praticata in ogni angolo, pure nei più remoti specie nelle epoche di sovraffollamento quando il fabbisogno alimentare ha spinto allo sfruttamento di tutto il suolo disponibile. Questo ampio preambolo si rende necessario perché permette di evidenziare, per contrapposizione, l’essenza primordiale dell’ambiente marino il quale, evidentemente, non può essere oggetto di civilizzazione. Qui domina tutta l’energia selvaggia della natura che non c’è modo di addomesticare come avvenuto altrove e ciò sia quando il mare è calmo sia se tempestoso. La naturalità si estende alla striscia costiera prospiciente alla distesa marina perché la sua conformazione morfologica, la quale varia in dipendenza della struttura del terreno, è strettamente legata all’azione delle onde.

Nel caso di costa alta su substrato sabbioso (di origine alluvionale o meno) quale quella in cui sorge l’abitato di Termoli l’”interfaccia” con il mare è una falesia; una parete di altezza consistente creata dall’erosione delle rocce poco resistenti da parte delle correnti marine. La falesia è prodotta in altri termini dal lavoro al piede delle onde che causa la demolizione della ripa. Si presenta con un fronte verticale, vedi Rio Vivo, oppure inclinato ed è quanto succede al di sotto della piazza S. Antonio. In ambedue le situazioni è molto bella, tanto quando si presenta denudata per via dell’acclività che non permette l’attecchimento di alcuna specie vegetale che qualora sia in pendenza con una copertura vegetazionale rada permettendo il pendio l’attecchimento di piante appena vi sia accumulo di terra per la momentanea moderazione della ripidità del fronte. Si tratta di una colonizzazione di macchia sempreverde formata da essenze particolari, non usuali in altri ambiti, capaci di vivere in ambiente difficilissimo, resistenti ai venti marini, raggiunte direttamente dall’aerosol. La falesia è l’elemento che rende pittoresca la veduta della costa, apprezzabile specie guardando dal mare. Essa emerge alla vista perché rimanda alle forze che hanno determinato il modellamento del globo, in contrasto con l’aspetto urbanizzato del resto del territorio.

È da aggiungere, stiamo entrando in un diverso ordine di considerazioni, che non è corretto limitare l’interesse per la falesia a quello di uno dei tanti “monumenti naturali” dei quali il Molise è ricco, una sorta di geosito alla stregua di un calanco che è altrettanto attraente, ma non così significativo per la ragione che si espone di seguito, preceduta da una breve premessa sul paesaggio litoraneo. La nostra regione si sviluppa prevalentemente in senso est-ovest; essa è stretta e lunga con solo 36 Km. di costa per cui si potrebbe dire che essa partecipa poco alla configurazione paesaggistica molisana. Non è così in quanto per i suoi caratteri assai qualificati, qualificazione alla quale concorrono pure le falesie, per la sua accentuata diversità dei paesaggi dell’interno contribuisce ad arricchire il mosaico paesaggistico regionale, un valore assoluto del nostro territorio dove si trovano in poche decine di chilometri colline, montagne, pianure e, appunto, la costa. La spiccata individualità del paesaggio costiero si coglie proprio perché è in antitesi con quello dell’entroterra al quale comunque, per quanto appena specificato, è complementare. Del resto, siamo in Italia che ha tra i connotati distintivi della sua identità, trattandosi di una penisola, il mare. Passando a ragionare della valenza semantica della falesia è da dire che essa segna un limite, quello che distingue la terraferma dall’universo marino. In effetti, vi è l’eccezione costituita dal «borgo antico» di Termoli che è esposto al di là della linea che segue la falesia.

La sua posizione, innanzitutto, è un’eccezione essendo l’unico promontorio presente lungo la costa molisana. È un’eccezione, poi, un centro abitato a contatto diretto con il mare, tutti gli altri, da Montenero di Bisaccia a Petacciato a Campomarino, collocandosi ad una certa distanza, o meglio ad una distanza sufficiente a far sì che ci sia tempo sufficiente per prepararsi alla difesa di fronte ad assalitori che vengono dal mare. Termoli, a causa della celerità che contraddistingue le incursioni delle armate marittime a volte inaspettate era meno sicura e ciò lo dimostra l’assalto subito nel XV secolo da parte di navi turche. In qualche modo il cosiddetto borgo antico assomiglia, figurativamente, s’intende, ad un isolotto fortificato piuttosto che ad uno dei tanti villaggi molisani arroccati sulle rocce; le sue opere di difesa sono destinate a proteggere l’intera linea costiera e non semplicemente gli abitanti, quasi un avamposto (insieme al sistema di torri). L’espansione ottocentesca della cittadina adriatica è avvenuta sul ripiano retrostante al nucleo medioevale, il quale essendo una terrazza marina quaternaria offre terreni piani comodi per l’edificazione, ideali per il disegno di un  insediamento a maglia regolare di tipo coloniale, voluto da Ferdinando II di Borbone. La falesia è il termine della nuova città, il confine della estensione verso il litorale dei caratteri marini propri del mondo terrestre. Affacciandosi dalla piazza S. Antonio si osserva uno scenario completamente differente da quello che sta alle spalle.

Immediatamente al di sotto vi è la spiaggia che si connota quale spazio appartato, avulso dalla vita cittadina pure nella stagione estiva quando è frequentata specialmente dai villeggianti, una sorta di hortus conclusus separato (e protetto) dal contesto urbano che sta al di dietro attraverso quella specie di muro immaginifico che è la falesia e aperto, dal lato opposto, alla visione della superficie illimitata del mare. Una separazione con la realtà insediativa che, peraltro, vi era pure prima del fenomeno della balneazione quando la costa era qualcosa di repulsivo. Per l’insieme delle argomentazioni illustrate si ritiene che la falesia, più o meno inclinata rivestita o no da verde, vada salvaguardata e in special modo il pezzo che coincide con il cuore di Termoli, rappresentando qui un elemento della struttura urbanistica.

Francesco Manfredi Selvaggi637 Posts

Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.

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