Torre costiera o torre tratturale?
La risposta è entrambe. La torre di Petacciato infatti è di vigilanza del mare e del tratturo ai quali è affiancata.
Sotto la torre si sente lo sciabordio della risacca. Infatti essa è prossima alla linea di battigia, una striscia di territorio dove in passato non si udiva altro rumore. La costa viveva una condizione di solitudine dovuta sia alla paura della malaria che solo con la legge Serpieri alla fine del milleottocento è cominciato a debellare sia per la minaccia delle incursioni dei saraceni. Torri di guardia come questa sono la testimonianza visibile di quel pericolo che è evocato anche dal nome dato alla torre, ovvero “torretta” come si usa oggi chiamarla, di Termoli che è Torre Saracena. I pirati saraceni si appoggiavano alle isole Tremiti e da lì partivano per effettuare sulla terraferma (raggiungendo perfino l’abbazia di S. Vincenzo alle sorgenti del Volturno che nel IX secolo devastarono).
Un altro fattore che deve aver determinato la mancanza di presenza umana nella zona prossima al mare è stato pure il rischio delle alluvioni, un tempo assai frequenti; tali inondazioni, comunque, non sono state un deterrente per l’ubicazione delle torri ed anzi quella di Termoli venne costruita proprio alla foce del fiume Sinarca mentre quella di Petacciato sta allo sbocco di un corso d’acqua minore, il Vallone, appunto, della Torre uno di quei torrentelli (insieme al Mergolo, al Tecchio, ecc.) che tagliano l’arenile senza che quasi ce ne si accorga.
Lo stato di cui si è detto di assenza di disturbo antropico nella fascia costiera, con il silenzio disturbato solo dal suono delle onde, viene a modificarsi quando, circa 100 anni fa, vennero realizzate le arterie di collegamento tra il Nord e il Sud del nuovo Stato unitario, la ferrovia e la strada le quali corrono vicino al litorale provocando, inevitabilmente, trambusto. Ambedue le torri citate sono situate sul gradino morfologico che precede la cimosa sabbiosa la cui larghezza non è mai la stessa perché tale tipo di costa si trasforma continuamente; quindi la distanza con il mare è soggetta a variazioni. Il più decisivo elemento di disturbo, non unicamente sonoro, è molto recente con la nascita delle cosiddette marine le quali sono una specie di filiazione dei paesi posti sui colli vicini (a Petacciato ce n’è solo un accenno) per il fenomeno del turismo balneare.
In effetti la fascia costiera ha un utilizzo stagionale e, pertanto, la confusione con il vociare dei villeggianti e con la musica ad alto volume negli stabilimenti è limitata all’estate. Tornando alla questione della spiaggia è da aggiungere che la costa bassa è la maggiormente soggetta all’attacco dei corsari, al contrario di quella alta la quale rende difficile l’ingresso degli invasori dal mare. I 36 chilometri si linea costiera molisana sono pressoché piani (con eccezione del promontorio del borgo antico di Termoli) con la conseguenza che nella nostra regione vi è un maggior addensamento di torri di guardia (ben 4 contro le 13 dell’Abruzzo e le 25 della Capitanata che hanno uno sviluppo proporzionalmente assai superiore della costa).
Ogni torre secondo il piano originario avrebbe dovuto consentire di vedere la prossima e quella di Petacciato traguarda visivamente quella di Termoli, a meridione, e quella di S. Salvo, a settentrione, che sta alla confluenza del Trigno con l’Adriatico. Trattandosi di torri in funzione, accanto all’avvistamento degli assalitori, della loro segnalazione ai villaggi dell’entroterra (magari mediante segnali di fumo o luminosi) la torre di Petacciato è in corrispondenza con la torre di Montebello, una altura nella confinante Montenero di Bisaccia, la quale seppure non appartenente alla catena delle torri di guardia costituisce un punto di osservazione privilegiato dei movimenti al largo, in quanto collocata in alto.
Un ulteriore collegamento visivo è con il Castello Svevo di Termoli che si può ritenere parte integrante del sistema di opere di allertamento costiero nonostante non sia una torre e, del resto, non è detto che si sia di fronte ad una rete omogenea. Le stesse torri di sorveglianza non hanno tutte la medesima tipologia, differenziandosi per dimensione e per funzione ospitata potendo accogliere al loro interno oppure al loro fianco l’alloggio per le guardie e per il ricovero occasionale di persone, anche se ognuna di esse ha in sommità una terrazza dalla quale scrutare la distesa marina. Il fortilizio della cittadina adriatica voluto da Federico II si rese necessario non perché la Termoli medioevale che si pone su un blocco roccioso rientri in una costa bassa ma poiché vi è un buon approdo nel luogo in cui si svilupperà il porto.
La torre di Petacciato sembra essere pure di vigilanza del tratturo, L’Aquila-Foggia, che proprio qui inizia a discostarsi dalla costa parallelamente alla quale ha corso per tanti chilometri per inoltrarsi verso l’abito collinare; in definitiva essa è una componente tanto del paesaggio costiero tanto di quello tratturale e l’integrità del suo intorno paesaggistico, per un raggio di m. 50 è garantita da un’apposita norma del piano paesistico. Purtroppo la situazione di degrado in cui essa versa (non è l’unica!) ridotta com’è ad un rudere, peraltro spaccato in due non permette di immaginare un’adeguata azione di valorizzione , quale potrebbe essere la destinazione a rifugio per gli escursionisti o a centro visita turistica (escludendo, pure per la sua grandezza, la conversione in ristorante come è avvenuto per quella del Sinarca nel 1976.
Il toponimo Torre ricorre spesso, ad esempio Colle della Torre, il rilievo alle spalle della torre di Termoli, e invece è raro che le torri abbiano un nome proprio forse a causa del fatto che non costituiscono episodi dotati di individualità, bensì parti di un insieme. La Torre di Petacciato così denominata nel censimento del 1594 è chiamata Torre di Petacciato nel 1777 quando venne effettuata l’ultima ricognizione di queste strutture di difesa, essenziali per la protezione dei confini del regno piuttosto che delle comunità locali. Il reame di Napoli era la nazione europea con la maggiore estensione della linea litoranea per la sua forma allungata totalmente immersa nel Mediterraneo, conformazione che lo rende vulnerabile agli assalti dal mare, tanto da obbligare ad edificare ben 339 torri: la salvaguardia sì della torre di Petacciato è essenziale per la comprensione di questa organizzazione militare nella quale una lacuna rischia di non far capire la logica complessiva.
Francesco Manfredi Selvaggi645 Posts
Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.
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