Viene prima il Piano o il Regolamento?

Stiamo parlando di urbanistica. Pochi comuni molisani hanno il PRG del quale il Regolamento Edilizio è un’appendice, la maggioranza ha il R.E. con a corredo il Programma di Fabbricazione. Stato e Regioni hanno predisposto un R.E. Tipo.

Per capire la “vincolavità”, cioè la capacità impositiva del Regolamento Edilizio Tipo approntato in sede di intesa istituzionale tra Governo e Regioni occorre riflettere sul cambiamento che il Regolamento Edilizio, o meglio il suo contenuto ha subito a partire dal 1942, anno del varo della Legge Urbanistica che obbligò i Comuni a dotarsene. Nella Legge Urbanistica vi era una elencazione di materie che il Regolamento Edilizio era chiamato a disciplinare, la quale sembra essere una lista generica, dei semplici campi d’azione, perché la definizione del R.E. era(ed è, con i limiti che vedremo) dei Comuni. All’epoca, eravamo ai primordi della legislazione urbanistica, seppure la legge 1150 ha messo delle basi fondamentali al governo del territorio valide ancora oggi, legislazione che si è andata arricchendo, specie nei decenni ’60 e ’70. In tale arco temporale, coerentemente con un’Italia che puntava sull’idea del “piano” vi è stata una ricca produzione legislativa (standard urbanistici, opere di urbanizzazione, concessioni edilizie, ecc.).

A queste, che sono di fonte statale, si aggiungono in seguito quelle delle Regioni alle quali vengono trasferite le competenze nel settore urbanistico, in verità meno numerose. Ciò non può non  aver determinato una sostanziale diminuzione dell’autonomia comunale nella redazione del Regolamento Edilizio che deve recepire le disposizioni sovraordinate (si pensi, ad esempio, alla classificazione degli interventi edilizi che con la L. 457/78 sono manutenzione ordinaria, straordinaria, ristrutturazione e così via). Bisogna, poi, tener conto che dall’origine questa autonomia comunale è davvero limitata perché gli strumenti urbanistici dei quali i R.E. costituiscono un elaborato sono soggetti all’approvazione regionale atto dove si possono apporre modifiche d’ufficio. Si dirà che i Regolamenti Edilizi accanto a quella che entra nella sfera urbanistica comprendono anche una regolamentazione sull’attività edilizia e perciò non propriamente dell’urbanistica: tale distinzione si ritiene nella cultura architettonica contemporanea superata perché la qualità urbana si riconosce pure nelle caratteristiche dell’edificato e degli spazi pubblici.

Gli stessi regolamenti d’igiene a corredo dei regolamenti edilizi hanno perso la loro ragione d’essere in quanto la politica sanitaria non può essere separata da quella urbanistica e per certi aspetti lo avevano capito anche gli architetti del Razionalismo con i quali si è iniziato a tener conto nella disposizione dei fabbricati del soleggiamento, della ventilazione (una dettagliata specificazione delle forme che può assumere la cosiddetta edificazione chiusa è all’interno del Regolamento Edilizio predisposto nel 1969 dallo IASM, organo che si occupava dell’assistenza tecnica degli enti locali del Sud, adottato da tante piccole amministrazioni municipali molisane obbligate a dotarsi di piani urbanistici dalla «legge-ponte» che è del 1967; il Regolamento Edilizio Tipo odierno non disciplina le strutture edilizie a corte, così come il patio, ritenendoli tipologie desuete), del verde sia urbano sia privato. Si è citato nell’inciso il regolamento dello IASM evidenziando che esso è stato fatto proprio da numerosi Comuni nel Molise (e si immagina anche nel resto del Mezzogiorno) tanto integralmente quanto introducendo alcune modifiche; dall’analisi dell’insieme dei Regolamenti Edilizi molisani è possibile riscontrare che non vi sono sostanziali differenze fra di loro.

Il Regolamento Edilizio Tipo che dovrà andare in vigore pure nella nostra regione ha uno specifico allegato riguardante la “definizione degli indici edilizi” argomento centrale dei Regolamenti Edilizi, che si propone di unificare a livello nazionale tali definizioni (si prenda, a caso, «indice di fabbricabilità» usato in certi piani che è la stessa cosa, più o meno, di «indice di edificabilità». La diversificazione attuale della terminologia, scelta dai singoli progettisti, rende ardua la lettura comparata dei diversi piani urbanistici, magari ai fini di verifiche da condurre da parte di organi ministeriali o a scala regionale. Pur riconoscendo che vada riconosciuta la libertà intellettuale degli autori dei piani, essa, però, non è ammissibile che prevalga sulle esigenze di unificazione degli indici ai fini ricognitivi, così come per permettere il confronto tra le esperienze pianificatorie e, di conseguenza, per lo scambio delle idee. Gli indici, va precisato, non sono facoltativi, bensì obbligatori essendo previsti nella L. 765/67 e nel DM 1444/68.

Non si nasconde che non è un’operazione neutrale quella della riconduzione a definizioni uniche i parametri edilizi poiché, a volte, vi sono delle sottili differenze tra uno stesso parametro nei vari Regolamenti Edilizi, metti l’altezza dei fabbricati, la cui variazione dei criteri di misurazione ha conseguenze anche sulla cubatura da poter realizzare. Non si è scelto in maniera casuale tale parametro tra le Definizioni concordate tra lo Stato e le Regioni, costituendo esso insieme all’indice di edificabilità, al rapporto di copertura e, forse, ai distacchi uno dei parametri fisici “primari”, fondamentali per il progetto dello strumento urbanistico. Va, comunque, evidenziato che se il criterio per la misura dell’altezza massima influisce sulla cubatura ricavabile dal lotto, esso non modifica il disegno di piano dal punto di vista, per così dire, formale poiché l’altezza massima del fronte è fissato nella Tabella dei Tipi Edilizi inserita nelle Norme Tecniche d’Attuazione per le diverse Zone urbanistiche.

Del resto, in un territorio come il nostro quasi interamente soggetto al vincolo paesistico si impone che venga stabilito nella pianificazione quanto un manufatto possa essere alto in relazione al paesaggio dove si colloca. Giungendo alle conclusioni si vuol sottolineare un risvolto dell’iniziativa normativa di Governo e Regioni che è quello di riportare l’attenzione sul Regolamento Edilizio, uno strumento considerato secondario, o almeno sussidiario nonostante che esso sia qui da noi, in base alla Legge 150/1942, il documento principale della pianificazione urbanistica del maggior numero dei comuni del Molise contenente com’è il Programma di Fabbricazione e che, in un periodo di deroghe ai piani, rappresenta un solido punto fermo nel governo del territorio.

Francesco Manfredi Selvaggi645 Posts

Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.

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