La sinistra verso le elezioni del 2018
Siamo a pochi mesi dalle elezioni della prossima primavera.
Abbiamo già affrontato in parte il tema, ma occorre ora allargare la riflessione tentando di muovere in qualche modo il confronto. A livello nazionale e regionale gli esponenti della cosiddetta sinistra non solo non si sono adeguatamente opposti alle politiche neoliberiste del PD, ma nulla hanno fatto per ricostruire un tessuto democratico sul piano elettorale, per impedire il Jobs Act, la devastazione del territorio e dell’ambiente, la privatizzazione strisciante in atto del sistema sanitario, la precarizzazione e pauperizzazione del lavoro e la diffusione della disoccupazione soprattutto giovanile. Questioni enormi come la programmazione di un’economia al passo con i tempi e le migrazioni di masse enormi di popolazioni dal sud e dall’est del mondo sono lasciate a tentativi di soluzione improvvisati, empirici, provvisori e casuali che non aprono spazi a sistemi reali di integrazione. La sinistra, dunque, non solo non è stata capace da anni di dar vita a governi credibili, ma anche l’opposizione messa in atto da una parte di essa ha fatto ricorso a giochi di prestigio tendenti ad illudere o, peggio ancora, ad ingannare l’elettorato.
Un trasformismo equivoco e pericoloso poi è stato creato ed alimentato radicandosi sul territorio per interessi personali e di gruppo che di fatto hanno alimentato il voto di scambio riducendo al lumicino quello di opinione. Soggetti tinti di rosso per convenienza, radical chic, imbonitori, parolai incantatori di serpenti e politici di professione senza più riferimenti all’elettorato hanno continuato a galleggiare nelle acque di un mondo ideologico e politico che non appartiene al loro stile di vita e nel quale prosperano per puro opportunismo e ricollocazione in vista di possibili candidature. La stessa frammentazione, che pure è riuscita a trovare momentaneamente almeno unità elettorale con l’esperienza dell’Ulivo, ha creato di recente divisioni ancora più articolate, frutto di evidenti incompatibilità delle sue componenti sulle visioni umane, sociali, economiche e politiche. Tali macerie non potevano non dare luogo alle forme di populismo e di astensionismo che rischiano davvero di portare all’implosione del sistema democratico. Stiamo già assistendo a tentativi a nostro avviso ancora una volta verticistici e pseudo democratici di affrontare e risolvere le questioni relative almeno ai possibili percorsi unitari a sinistra sul piano elettorale.
Il primo passo in questa direzione è prioritariamente definire o, se preferite, ridefinire le basi culturali, ideologiche e ideali di un tale raggruppamento politico. Pur nella contaminazione di principi e valori tra destra e sinistra e nella nascita e sviluppo di movimenti trasversali che si definiscono a-ideologici e che rendono sempre più difficile, per dirla con Giorgio Gaber, enunciare cosa appartiene ad un campo concettuale, culturale e pragmatico o ad un altro, per noi “sinistra” si associa anzitutto ai principi dell’Illuminismo relativi alla libertà, all’uguaglianza ed alla fraternità coniugate nei diritti relativi e nella condivisione dei beni fino a comprendere una struttura democratica e partecipativa dello Stato. A questo la sinistra deve fare riferimento non tanto nelle idee, ma soprattutto nello stile di vita per la costruzione di quel contesto di condizioni che dovrebbero dare origine finalmente alla giustizia sociale che finora siamo stati capaci di proclamare soltanto senza mai realizzarne se non qualche lieve presupposto. Chi in questa direzione ha prodotto errori marchiani, non ha fatto registrare impegni coerenti e si è occupato di altro dovrebbe fare autocritica avendo il buon senso di togliere il disturbo e lasciare il campo ad un rinnovamento totale del quadro politico. Finora la rincorsa alla candidatura, l’assenza di nuovi principi, metodologie operative, regole chiare e dirimenti sul piano etico e qualche accenno insufficiente di apertura larga al rinnovamento ci convincono che al momento il nuovo all’orizzonte potrebbe essere fondamentalmente il vecchio che avanza.
Lontani allora da ogni logica di qualsiasi forma di settarismo, noi crediamo che si debba lavorare in una piattaforma di base impegnando soprattutto i giovani ed il mondo associativo operante sul territorio in un confronto capace anzitutto di superare l’involuzione nel sistema democratico a qualsiasi livello istituzionale, nei diritti fondamentali del cittadino e nella governance del Paese. È necessario allora individuare una nuova classe dirigente competente, onesta e responsabile che esiste e che occorre impegnare in incontri di studio e di elaborazione di idee per una programmazione essenziale su aspetti politici di livello nazionale e locale. È del tutto evidente che la presenza come attori in tale nuova forma di organizzazione politica presenta discrimini derivanti da valori, principi, metodologie operative e regole democratiche partecipate, ma soprattutto dalla storia personale con cui ciascuno si è rapportato con l’impegno culturale, sociale e politico. Il servizio pubblico nelle istituzioni di qualsiasi livello deve porsi costantemente in un riferimento di confronto con l’elettorato e dunque lontano da ogni forma di autoreferenzialità personale o di gruppo, dev’essere provvisorio per non più di due mandati e senza privilegi di natura economica e dunque con lo stesso compenso del lavoro di origine dell’eletto più le spese necessarie all’espletamento delle funzioni elettive da fissare chiaramente in un tetto massimo, ma deve anche fare riferimento a codici etici definiti e condivisi.
Per ciò che riguarda il progetto politico pensiamo che, partendo dalla Costituzione Italiana, si debba lavorare su alcuni punti essenziali per definire leggi elettorali dove “uno vale uno” e disegnare forme nuove di strutturazione istituzionale del territorio nel pieno rispetto delle autonomie e delle identità culturali senza penalizzazioni di alcun genere per tutte le aree incluse; occorre poi operare per il sostegno al diritto al lavoro per tutti, per la difesa dell’ambiente e del territorio dando prospettive di crescita ad un’agricoltura contadina che, fuori da schemi di industrializzazione irrazionale, sia rispettosa del suolo e della salute; è necessario altresì cancellare tutti i provvedimenti di logica neoliberista che a livello locale e nazionale stanno privatizzando beni comuni come l’acqua, l’energia, la salute, le comunicazioni, l’istruzione e la cultura tutelando al contrario su questi versanti i diritti dei cittadini; è fondamentale ancora ridefinire i rapporti all’interno dell’Unione Europea, le politiche monetarie ed il rapporto interetnico, culturale ed umano. Rispetto alle disuguaglianze, alla povertà, al degrado culturale, alla globalizzazione delle merci e non dei diritti, alle delocalizzazioni ed ai movimenti migratori, funzionali talora ad interessi di parte e perfino alla precarizzazione crescente del lavoro, occorre davvero immaginare in economia nuove forme d’intervento pubblico a garanzia del superamento dell’iniquità nelle retribuzioni e della piena occupazione.
Sappiamo che c’è chi a tali proposte di assoluto buonsenso avrà sussulti di diniego o le leggerà come estremismi ideologici, ma davvero occorre invertire la tendenza della legislazione negli stati nazionali e nelle organizzazioni internazionali per impedire le disparità di trattamento degli esseri umani nel lavoro e nel fisco realizzando quella giustizia sociale di cui la sinistra, se esiste ancora, sembra essersi dimenticata. Occuparsi di politica in tal senso significa partire dai problemi esistenziali dei cittadini, studiarne le soluzioni possibili ed eque e lavorare per costruire una società dove la libertà, l’eguaglianza, la fraternità e la giustizia sociale non siano solo il fumo negli occhi in dichiarazioni di circostanza, ma principi realizzati nello stile di vita dei cittadini che deve connotare il modo di essere di ciascuno e dell’intera società. Un’eventuale lista popolare e civica a sinistra che voglia essere sostenitrice degli interessi del popolo piuttosto che di quelli del mondo finanziario e delle multinazionali deve porsi a livello antagonistico non solo verso le destre, ma anche nei confronti della pseudo sinistra e del populismo sempre più dilagante. Sarà l’unico modo per convincere gli elettori che nelle consultazioni locali e nazionali oltre all’astensione, al voto di scambio, a quello imposto, utile o relativo al meno peggio è necessario ridare finalmente spazio e libertà al suffragio di opinione.
Fonte: Umberto Berardo
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