”Maduro o no, il Venezuela non si libererà mai del chavismo”
Parla lo storico Gennaro Carotenuto. Quella venezuelana non è una dittatura, è una democrazia molto malata. Noi occidentali vorremmo un governo ”democratico”, ma il socialismo chavista ha oggettivamente ridotto le diseguaglianze
Il Venezuela, un Paese in cui una serie di problemi sociali mai risolti si intersecano con un quadro politico di crescente instabilità. È di queste ore la notizia secondo cui il governo di Maduro avrebbe fermato un tentativo di colpo di stato militare. Tra spettro della della guerra civile, muro contro muro tra governo e opposizione, il nodo della Costituente, l’eredità del chavismo, la situazione venezuelana appare assai complessa. Ne abbiamo parlato con Gennaro Carotenuto che attualmente insegna Storia Contemporanea presso l’Università di Macerata ed è stato professore invitato presso università di Argentina, Cile, Uruguay, Venezuela, Tunisia.
La situazione in Venezuela è grave, poco chiara soprattutto per i media in Europa che prendono rapidamente posizione spesso seguendo fazioni e senza una conoscenza profonda della realtà del paese. Quali sono le dinamiche in campo?
La dinamica è quella di un paese alla fine del ciclo storico con il quale è stato concepito, quello della rendita petrolifera che tutto dà ma tutto può levare e soprattutto crea una dipendenza globale della società, dalle grandi fortune agli impieghi pubblici, fino ai lavori subalterni e informali. Il limite principale del chavismo fu quello di pensare di realizzare il socialismo in questo presunto giardino dell’Eden dove uno stato generoso potesse ridistribuire quell’immensa ricchezza. Evidentemente non è così. Non può bastare.
Il limite principale del chavismo fu quello di pensare di realizzare il socialismo in questo presunto giardino dell’Eden dove uno stato generoso potesse ridistribuire l’immensa ricchezza del petrolio
Dal punto di vista politico, l’impressione è che si vada verso un muro contro muro. Ma esisteva un’alternativa al boicottaggio della Costituente da parte dell’opposizione?
La polarizzazione è stata una caratteristica dell’esperienza chavista. Il paese è diviso su crinali sia classisti che razziali che territoriali, perfino urbanistici. Finché il chavismo era egemone politicamente e il prezzo del barile era alle stelle il sistema funzionava. La vittoria dell’opposizione nelle legislative del 2015 ha portato ad un conflitto tra poteri dello stato che ha determinato la paralisi. Il legislativo aveva come unico obiettivo dichiarato di liberarsi dell’esecutivo, altrettanto legittimo, Miraflores di uscire dalla morsa. Se leggiamo la Costituente come una possibile istanza di dialogo questa è stata rifiutata dall’opposizione che l’ha letta come uno scacco matto nel conflitto tra esecutivo e legislativo e l’ha rifiutata. Il governo è andato alla prova di forza che ha vinto dimostrando che milioni di persone tra le classi subalterne lo appoggiano ancora. Voglio però essere chiaro. Un’assemblea dove c’è una voce sola, indipendentemente dal fatto che l’altra voce abbia le sue responsabilità, non serve a nessuno. Tantomeno una Costituente. E quindi se da una parte Maduro ha vinto, dall’altra ha perso.
Le grandi potenze occidentali, USA in testa – con il Tesoro americano che ha deciso di sanzionare il presidente venezuelano – si schierano contro Maduro. Il presidente Macron, il presidente dell’Europarlamento Tajani, il presidente del consiglio italiano Paolo Gentiloni (che dice che l’Italia non riconosce l’assemblea costituente e parla anch’egli di dittatura). Ma è davvero cosi? Il Venezuela di Maduro è una dittatura o sta scivolando verso la dittatura?
Personalmente rifiuto la categoria di dittatura, che peraltro l’opposizione utilizza da sempre a sproposito. Quando il chavismo ha perso le elezioni lo ha riconosciuto e quando le ha vinte queste erano ipercontrollate. Io stesso sono stato osservatore internazionale e ho sempre visto un popolo voglioso di votare. Evidentemente ci troviamo di fronte a una democrazia molto malata. Usare il termine dittatura crea una distorsione che è utile solo in termini di propaganda: una dittatura può essere abbattuta domattina, ma il chavismo non può essere eliminato con un tratto di penna. il problema Chávez è la necessità ineludibile di uguaglianza in una società basata sull’esclusione, sia pur posta in forma caotica e senza risolvere affatto altri problemi strutturali. La questione uguaglianza resta immutata sul tappeto anche se domattina dovessimo avere uno splendido governo Capriles di businessman bianchi come piace all’Europa e agli USA. Anzi.
La questione uguaglianza resta immutata sul tappeto anche se domattina dovessimo avere uno splendido governo Capriles di businessman bianchi come piace all’Europa e agli USA
Sembra ripetersi quello stratagemma politico che dall’esterno mette in atto progressivamente all’interno del paese la delegittimazione, la destabilizzazione ed infine il rovesciamento di un governo legittimamente eletto ( con l’aiuto delle armi e da questo punto di vista il nostro pensiero non puo’ non andare al famoso 11 Settembre cileno). Siamo nuovamente in uno scenario del genere?
In parte sì. Molte delle accuse fatte a Maduro, e prima a Chávez, sono identiche a quelle mosse ad Allende. Andatevi a rileggere cosa ne scrivevano i grandi quotidiani dell’epoca di Allende e della situazione cilena. Andate a guardare anche i distinguo pelosi e le critiche della sinistra. Don Salvador l’11 settembre era più solo di quanto non sia isolato Maduro oggi, che peraltro è molto isolato. E poi c’è l’uso della violenza: tra i neofascisti cileni di Patria y libertad e spezzoni dell’opposizione venezuelana c’è una coincidenza a partire dall’uso perverso della violenza. Fin dal golpe del 2002 l’opposizione mette sul piatto morti, non importa se suoi o chavisti, per destabilizzare. E ci sono la ventina di casi di persone bruciate vive perché dalla pelle scura e quindi identificati come chavisti. Questo non scusa il governo per tanti episodi repressivi che hanno causato una parte dei morti di questi mesi, ma in un’Europa dove chi sfonda una vetrina è subito un terrorista, cosa farebbero con blocchi stradali che bloccano in maniera violenta arterie principali per giorni e giorni?
Nel Venezuela pre-bolivariano i proventi del petrolio restavano nelle tasche di pochi, mentre i poveri e gli indigenti erano il 70% della popolazione. Nel Venezuela bolivariano di Chávez, il numero degli indigenti è sceso ad un terzo della popolazione e sono state acquisite conquiste e diritti fondamentali per i cittadini. Maduro puo’ ancora portare avanti le idee politiche e l’eredità di Chavez in termini di politica sociale, economica o il Venezuela rischia il collasso?
Questo è vero, ma nel frattempo è cambiato tutto, il prezzo del greggio è crollato e sta a chi governa trovare delle contromisure, salvando il modello sociale e l’indipendenza. La verità è che il governo spesso non sa che pesci prendere.
Se la crisi venezuelana è precipitata così tanto è anche a causa del golpe parlamentare in Brasile. Ma di quello in Europa si sono scandalizzati in pochi, come dell’incredibile condanna di Lula da parte di un giudice che aspira a essere presidente e dichiarò che lo avrebbe condannato prima ancora di vedere le carte
Nel chavismo esisteva il sogno di un grande processo unitario latinoamericano. La destabilizzazione del Venezuela non è un colpo mortale a questa idea, a questa utopia?
La stagione progressista e integrazionista nella regione è evidentemente in una fase di stallo severo. Ma non siamo affatto alla rotta nella quale il campo popolare si trovava negli anni Novanta dopo lo sterminio. In Ecuador Lenin Moreno ha vinto in continuità con Correa, la Bolivia di Evo è perfettamente stabile. In Argentina l’opposizione al macrismo è imponente. Anche se Maduro dovesse essere rovesciato i chavisti resterebbero milioni. La partita più importante però, perfino più importante di quella venezuelana, si gioca in Brasile. Se la crisi venezuelana è precipitata così tanto è anche a causa del golpe parlamentare in Brasile. Ma di quello in Europa si sono scandalizzati in pochi, come dell’incredibile condanna di Lula da parte di un giudice che aspira a essere presidente e dichiarò che lo avrebbe condannato prima ancora di vedere le carte.
In una storica sua intervista, Chávez le parlo’ dell’idea di un “Petrosur” o “Petrocaribe” ovvero di federare paesi come il Messico, l’Argentina, il Venezuela, la Bolivia, la Colombia, Cuba dal punto di vista delle produzione petrolifera. Sommando il loro potenziale l’America latina potrebbe decollare, essere autosufficiente e soprattutto essere immune dalle ingerenze degli Stati Uniti.
Non è questione di ingerenze ma di relazioni adulte e rispettose come quelle che furono imposte a Bush a Mar del Plata nel 2005 da Lula, Kirchner, Chávez e dalla forza dei movimenti sociali. Personalmente considero inservibile la spiegazione onnicomprensiva dei problemi latinoamericani attribuendo sempre la responsabilità di tutto agli USA. Alcuni problemi dipendono dal sistema mondo, e forse sono irrisolvibili, altri dall’immane ingiustizia e bestialità della classe dirigente della regione. Ma vedo che i più preferiscono dar colpa di tutto agli americani, ovviamente con la k.
fonte: Linkiesta.it
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