Bojano: come eravamo – L’epilogo

Se le foto di Francesco Morgillo a Palazzo Colagrosso nella festività di S. Bartolomeo documentano scenari di società della fine dello scorso millennio, qui discutiamo della situazione odierna, dei cambiamenti in corso.

Dal 2000 ad oggi ne è passata di acqua sotto il ponte. È proprio il caso di dirlo perché Boiano, l’abitato e le sue vicende, sono da sempre contrassegnate dalla presenza del Biferno. O, meglio, del Calderari il quale è stato oggetto negli ultimi decenni di una profonda trasformazione. È un grande merito delle amministrazioni che si sono succedute di aver portato avanti con continuità un’idea di valorizzazione di questo elemento centrale nella configurazione urbana, per troppo tempo rimasto ai margini della vita cittadina, nascosto tra le case.

È un progetto che si è sviluppato in un arco temporale assai lungo, con alcune interruzioni il quale ora è in via di completamento con i lavori delle Vie dell’acqua. È vero che si tratta di un piano unitario l’esteso camminamento sulle sponde del corpo idrico, ma nello stesso tempo esso si presenta come un insieme di interventi di agopuntura urbanistica applicata ad una serie di punti dell’insediamento che hanno avuto il merito di mettere in luce autentiche emergenze ambientali dal decumano di epoca romana al giardino di palazzo Colagrossi, di portare alla visione, far riemergere il ricordo di luoghi davvero caratteristici, gli orti irrigui tradizionali.

E sì, la memoria ed è proprio nell’acqua che alberga la memoria, una delle muse, anzi la mamma delle muse, Mnemosine; il rapporto del centro matesino con il Biferno non è una questione di rimembranze perché foriero di un futuro diverso, maggiormente legato al suo patrimonio naturale, come dimostra l’affermarsi della pratica della canoa. Leonardo diceva di Milano, pressappoco, che è un posto d’acque e di gente e di Boiano, in qualche modo, si può dire la stessa cosa. Gli anni 2000 sono pure gli anni dove si è discusso tanto di terremoti, a seguito dell’evento tellurico del 2002.

Principalmente della sicurezza delle scuole per via del crollo di quella di S. Giuliano, argomento particolarmente sentito dalle famiglie che ha coinvolto l’opinione pubblica in generale. Un’intera generazione ha frequentato il ciclo d’istruzione dell’obbligo nei prefabbricati in legno collocati a fianco della strada ferrata, avendo giudicato vulnerabili sismicamente le precedenti sedi scolastiche. Quello che colpisce degli avvenimenti di quei giorni al di là della tragica morte dei 26 scolari, è l’attenzione che comincia ad essere dedicata alla prevenzione sismica, cosa di cui in passato né si parlava né era oggetto di investimenti, a partire dalle scuole.

Boiano rinnova, così, il suo parco di edifici scolastici ed in uno di essi si sperimentano le innovative tecniche di isolamento del fabbricato dal suolo tramite appositi “ammortizzatori”. Da problema a problema poiché accanto a quello sismico c’è il problema occupazionale. Chiusa la Laterlite alla fine del secolo scorso sono rimasti i caseifici e la SAM, l’odierna GAM che, però, versa in uno stato di crisi. È tanto preoccupante la stasi della produzione dello stabilimento avicolo in quanto esso per il numero consistente di occupati ha marcato il territorio boianese.

Il tipo di agroalimentare che ci ha proposto per decenni tale attività industriale è quello di un’economia abbastanza indifferente alle risorse locali, per cui le prospettive per il domani dell’area vanno cercate in altri settori pure se ancora connessi al comparto primario, indirizzati verso produzioni orticole pregiate o l’allevamento bovino se è vero che le mozzarelle si fanno con il latte, magari di quest’ambito geografico. Per noi la campagna è il ritorno al futuro. Oggi si tende a programmare lo sviluppo territoriale partendo da un numero abbastanza ridotto di ricette, legate a canali di finanziamento innanzitutto comunitari.

Sta crescendo una cultura progettuale che cerca nelle parole chiave dell’Unione Europea lo spunto per la formulazione di proposte d’azione. Dunque, musei, sentieri, parchi naturalistici e così via e, invece, del parco del Matese di cui si parla dal 1985 ancora non si fa nulla; Boiano sta perdendo una grande occasione perché essa diventerebbe inevitabilmente il capoluogo di tale area protetta. Una qualche regressione, piuttosto, si è avuta in materia di ambiente, perlomeno di quello costruito, si pensi al centro storico dove se sul finire del XXI secolo si era avuta la riqualificazione di alcuni immobili, uno bellissimo a Civita, da destinare ad edilizia residenziale pubblica, in seguito l’unica iniziativa è stata opera di un privato, il restauro di palazzo Santoro in cui si svolgono eventi artistici.

Comunque, non si avverte in giro, tra la gente, un atteggiamento pessimistico quando si discute di questa parte del’insediamento, del tipo tutto è perduto poiché Boiano, in fondo, ha nostalgia di sé stessa. È tuttora forte il senso di cittadinanza, ha valore la parola civitas. Una manifestazione che celebra l’atto fondativo della città, il Ver Sacrum, ha iniziato la sua serie ininterrotta in coincidenza con l’inizio del terzo millennio. I boianesi conservano in questa nuova era la passione per Civita Superiore e per S. Egidio, nutrendo un sentimento diverso che è di rispetto, per il castello medioevale; una spiegazione forse è che le prime rimandano ad un mondo bucolico, al contrario della struttura castellana che evoca lotte di potere e scontri militari e cioè fatti tenebrosi, la solita contrapposizione tra arcadia e romanticismo.

Questo vasto maniero costruito dai conti di Molise è un simbolo per questo centro, come pure per l’intera regione, la cui rilevanza è esaltata dalla sua posizione su un rilievo visibile da lontano. In piazza si dibatte sull’ultimo dehor realizzato a fianco di un bar, la novità di questa stagione, piuttosto che della manutenzione della fortificazione, della pavimentazione in pietra vesuviana del largo della cattedrale il quale, ormai non è più un parcheggio, invece che dell’abbandono del borgo di Civita.

Ci si accalora sul sottopasso ferroviario e non sul potenziamento del trasporto collettivo, che è l’obiettivo della Metropolitana Leggera: eppure per la riduzione delle emissioni inquinanti attraverso una modalità differente non ci si batte altrettanto per quelli che avrebbe dovuto produrre la centrale biogas pronta per essere installata a S. Polo. Come si è provato a descrivere si avverte nell’aria, finora pulita, un fermento dei cambiamenti appena in embrione, delle evoluzioni non lineari delle esperienze dei decenni ‘80 e ‘90 che, se non altro, testimoniano vitalità

Francesco Manfredi Selvaggi645 Posts

Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.

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