Se il Molise esiste, è comunque un deserto
Ricorre in continuazione il quesito metaforico sull’esistenza del Molise. Molti lo pongono in termini retorici, taluni in forma satirica, altri ancora con toni delusi, indignati e perfino catastrofici.
Che questa regione sia una realtà geografica, anche se ancora ad alcuni sconosciuta, è un fatto. Che abbia una sua identità sul piano storico e culturale, negli aspetti linguistici, nelle tradizioni, nei modi di vivere e perfino nella gastronomia e nel folklore è altrettanto evidente. Soprattutto dopo il 1963 i tratti di questi caratteri comuni della sua popolazione si sono rafforzati ed ha acquisito sempre più importanza il sentirsi “molisani”. Ci sono stati anni in cui a diversi livelli, pur tra tanti errori, molti si sono sforzati di costruire le basi per uno sviluppo decente della regione sul piano economico, sociale e culturale. Da molto tempo ormai assistiamo, al contrario, come attesta anche il nuovo rapporto sulla povertà della Caritas Diocesana di Trivento, ad un declino che può leggersi nei dati demografici, nel livello della disoccupazione, nelle cifre bassissime del reddito pro capite, nella limitatezza dei servizi come nell’esiguità dei sistemi di difesa del territorio e della salute dei cittadini. Più volte abbiamo sottolineato tali carenze perché, vivendo in questa regione, non possiamo accettarne l’attuale livello di qualità della vita.
Se volete un’idea di quanto stiamo affermando, provate a recarvi soprattutto nelle aree interne del Molise centrale, penetrate all’interno dei borghi anche in una bella giornata di sole nelle stagioni in cui si ferma il rientro occasionale dei molisani che vivono da emigrati altrove e troverete un paesaggio spettrale in cui talora non vedete “circolare un’anima” come si dice nel gergo locale. Spesso ci chiediamo perché un cittadino dovrebbe continuare la sua esistenza su un territorio che non gli garantisce neppure un servizio primario davvero efficiente come quello sanitario. Noi abbiamo scelto di stare in questa realtà e continueremo a viverci, ma non intendiamo arrenderci alle scelte politiche che la impoveriscono sempre di più nei servizi essenziali. Gli effetti negativi del Decreto Balduzzi e del P.O.S. predisposto dal commissario ad acta ed approvato con legge nazionale sono sotto gli occhi di tutti in un territorio le cui popolazioni già vivono difficoltà enormi su diversi piani esistenziali. Di recente le problematicità, più volte sottolineate dal Forum per la Difesa della Sanità Pubblica, sono state rilevate dall’Ordine dei Medici della Provincia di Campobasso e da Cittadinanza Attiva. In molti paesi molisani delle aree interne manca perfino la guardia medica, mentre il servizio di medicina di base con il cosiddetto “medico di famiglia” è assicurato solo in taluni giorni ed in fasce orarie limitate.
Ora, con la riduzione dei posti letto e lo spostamento di diverse specializzazioni di cura dalle strutture ospedaliere pubbliche a quelle private la situazione si è fatta davvero difficile. Ci sono malattie tempo-dipendenti, come un aneurisma, un’ischemia, un ictus, per le quali il pronto soccorso rimane all’ospedale Cardarelli di Campobasso, mentre è previsto il coordinamento tra i neurochirurghi di questa struttura con quelli del Neuromed attraverso la reperibilità di un medico in entrambe e la possibilità di spostamento di uno specialista dal Neuromed al Cardarelli per pazienti intrasportabili o il trasferimento del paziente al Neuromed. Provate a riflettere un attimo su quanto può accadere a chi incorre in un caso del genere in un paese di un’area interna in cui le comunicazioni stradali sono difficilissime soprattutto nel periodo invernale. Corsa al pronto soccorso del Cardarelli, consulto dei medici con il Neuromed ed eventuale trasferimento di un medico da Pozzilli o viceversa del paziente verso l’Istituto Neuromed. Di fronte ai possibili problemi insorgenti che stiamo rappresentando la domanda che sale immediata è “ma un cittadino molisano ha oggi davvero la garanzia di Servizi Essenziali di Assistenza che abbiano efficienza piena per tutelare la sua salute in caso di pericolo e che quadro ha una medicina territoriale che non garantisce neppure una guardia medica in ogni paese? “
La popolazione si indigna, trova qualche forma sporadica di protesta e poi si ha come la sensazione di una resa o di un’assuefazione al peggio. I servizi sanitari devono essere efficienti e sicuri per tutelare al meglio la salute; non è allora pensabile che siano rapportati al numero degli abitanti di un territorio. Ogni persona, ovunque viva, ha diritto ad essere curato in caso di malattia. Tutelare questa esigenza si può fare sicuramente dialogando con chi dovrebbe garantirla, come gli amministratori pubblici di ogni livello, i Prefetti, i politici e le forze sindacali; se, però, tale confronto non dà risultati, è evidente a tutti che le strade per tutelare i diritti della popolazione sono i ricorsi contro leggi inaccettabili ed ingiuste e la lotta pacifica, ma forte e decisa per ricostituire la giustizia sociale dove questa manchi. La via dell’impugnazione delle leggi per incostituzionalità è sicuramente da percorrere, ove ci siano le condizioni, ma richiede tempi lunghi che rischierebbero di compromettere nel frattempo lo stato dei diritti sociali; insieme a questa va praticata allora la seconda che deve dare in modo chiaro i segni di un popolo che non accetta decisioni ingiuste e non giunge a compromessi inaccettabili.
È per questo che, dopo le due manifestazioni a Campobasso del 18 maggio 2016 e del 7 aprile 2017 organizzate dal Forum per la Difesa della Sanità Pubblica, si può e si deve arrivare, come abbiamo proposto già da mesi, almeno ad una giornata di sciopero generale regionale capace allo stesso tempo di coscientizzare i cittadini sulle attuali difficoltà dei servizi sanitari e di pretendere un P.O.S. fondato su servizi pubblici i quali, fino a prova contraria, sono ancora quelli che possono offrire soccorso nell’emergenza H24 e che, trattando la sanità come un diritto e non una merce, possono evitare disparità di trattamento verso i pazienti. Per ottenere una sanità efficiente occorre pertanto respingere le decisioni plutocratiche e verticistiche poste in essere su mandato di poteri forti che hanno tolto ogni capacità decisionale alle istituzioni rappresentative regionali dei cittadini; c’è quindi la necessità di rivedere il Decreto Balduzzi e di bloccare politicamente e giuridicamente il P.O.S. ridefinendo i servizi sanitari e rendendo anzitutto i cittadini titolari del diritto ad avere dei LEA sicuri in qualsiasi territorio essi vivano perché questo è garantito loro dalla Costituzione Italiana nell’art. 32. I fondi dello Stato devono essere investiti nella sanità pubblica per renderla sempre più funzionante, mentre i servizi in convenzione possono essere sostenuti in via del tutto provvisoria purché non incidano per più del 20% in ogni settore e fino a quando non si riuscirà su un territorio a garantire servizi pubblici per tutte le specialità di cura.
Il futuro deve immaginare un servizio sanitario pubblico ad alta specializzazione diffuso su tutto il territorio nazionale. In tale direzione è indispensabile far nascere i Presidi Territoriali di Assistenza, velocizzare le prestazioni, rivedere il sistema dei ticket, oggi davvero troppo onerosi, impedire che il copyright porti il costo di taluni farmaci a livelli stratosferici ed eliminare l’intramoenia che sono in tanti oggi a considerare un servizio privato nel pubblico. Poiché da anni in questa direzione si sta operando con risultati inaccettabili sul piano legislativo e strutturale, noi pensiamo che il traino ad un’azione di rivendicazione di servizi sanitari davvero proficui possa e debba iniziare da soggetti singoli o associati che dovrebbero esserne i portavoce. Parliamo dei sindaci, degli operatori sanitari, dei sindacati, delle chiese diocesane, delle associazioni presenti sul territorio ed ovviamente di tutta la popolazione molisana.
Purtroppo, rispetto ai problemi reali sopra delineati, al momento occorre prendere atto che il senso civico lascia davvero a desiderare! Costruirlo si può a patto che ci sia la voglia di uscire dal deserto immaginando e programmando una realtà diversa anche attraverso l’individuazione di soggetti responsabili, competenti ed eticamente ispirati in grado di rappresentare nelle istituzioni i diritti dei cittadini.
FONTE: Umberto Berardo
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