I rappresentanti dei giornalisti in piazza: «Un giornalismo precario rende precaria la democrazia»
Fnsi, Ordine, Inpgi, Casagit, Fondo di previdenza complementare, associazioni che lottano per la libertà di stampa, cronisti minacciati e sotto scorta insieme per chiedere a governo e parlamento interventi in tema di occupazione regolare, abolizione del carcere, contrasto alle querele temerarie e a nuovi e vecchi bavagli. Il 6 dicembre incontro con il presidente Paolo Gentiloni
Giornalisti provenienti da tutta Italia si sono ritrovati oggi in piazza, davanti a Montecitorio, con i rappresentanti degli enti di categoria per denunciare l’inerzia di governo e parlamento sui problemi del mondo dell’informazione e per richiamare l’attenzione delle istituzioni e dell’opinione pubblica sulla necessità di salvaguardare il diritto dei cittadini ad essere informati. Temi ribaditi anche ai presidenti di Camera e Senato, che hanno chiesto di incontrare i rappresentanti dei giornalisti. Anche il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, ha convocato i vertici della categoria per il prossimo 6 dicembre.
«Il diritto di cronaca è sotto attacco da più parti e con esso la libertà di stampa. I temi delle querele bavaglio, del carcere per i giornalisti, delle minacce e delle aggressioni ai cronisti, i pericoli contenuti nel decreto di riforma delle intercettazioni – ha detto il presidente della Fnsi, Giuseppe Giulietti aprendo i lavori – sono gli stessi che sottoponiamo a politica e istituzioni dall’inizio di questa legislatura».
Insieme a questi temi si impone sempre più il problema del precariato dilagante nel settore del giornalismo. «Il motto di questo presidio, “Libertà precaria, lavoro precario, vite precarie”, in definitiva significa democrazia precaria. A chi ha espresso solidarietà ai giornalisti minacciati e aggrediti negli ultimi giorni – ha spiegato il segretario generale Raffaele Lorusso – chiediamo di adoperarsi in parlamento per dare via libera ai provvedimenti a difesa del diritto di cronaca. E al governo facciamo notare che, a fronte degli interventi economici disposti in favore degli editori, nulla è stato fatto per rilanciare l’occupazione regolare e contrastare l’uso improprio del lavoro autonomo nelle redazioni. Giornalisti senza diritti sono giornalisti più deboli e ricattabili. Ne va del diritto dei cittadini ad essere informati».
In piazza, insieme ai consiglieri nazionali della Fnsi e ai rappresentanti delle Associazioni regionali di Stampa, anche il Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti, il direttivo dell’Ordine dei giornalisti del Lazio, gli attivisti di Libera, l’Usigrai, l’Unione giornalisti pensionati, i rappresentanti delle associazioni che lottano per la libertà di informazione, come Articolo21 e la rete Nobavaglio. «Senza libertà di stampa la democrazia soffoca, siamo qui con i colleghi di Inpgi, Casagit, Fnsi e Fondo di previdenza complementare per ribadirlo tutti insieme», ha osservato il presidente nazionale dell’Ordine, Carlo Verna.
La presidente dell’Inpgi, Marina Macelloni ha ricordato che «nel solo 2017, dopo 5 anni di crisi, sono stati persi 800 posti di lavoro stabile. Lavoro che manca e lavoro senza diritti indeboliscono l’istituto e questo è un danno per tutti i giornalisti». Il presidente della Casagit, Daniele Cerrato, ha rilevato come un giornalismo senza diritti renda «le vite dei giornalisti sempre più precarie». E il presidente del Fondo di previdenza complementare, Enrico Castelli, ha ribadito l’unità dei rappresentanti della categoria per la difesa del giornalismo libero e autorevole, pilastro della democrazia. Mentre il presidente dell’Unci, Alessandro Galimberti, ha chiesto norme a tutela del segreto professionale, «per la tutela delle fonti dei giornalisti e del diritto dei cittadini a sapere cosa accade nelle loro città».
In piazza anche giornalisti precari minacciati per via del loro lavoro e i giornalisti costretti a vivere sotto scorta. «Con il nostro lavoro – ha concluso il responsabile per la legalità della Fnsi, Michele Albanese – tuteliamo il diritto dei cittadini ad essere informati. Lo facciamo con grande sforzo e grandi sacrifici, ma con la consapevolezza di lavorare al servizio della libertà del Paese e dei nostri concittadini».
Prima del presidio presidente dell’Ordine e segretario generale e presidente della Fnsi sono stati ricevuti dal presidente del Senato, Pietro Grasso. A conclusione del sit-in una delegazione più ampia, composta dai rappresentanti di Ordine e Fnsi e dai presidenti degli enti di categoria, ha incontrato la presidente della Camera, Laura Boldrini.
Le iniziative di mobilitazione promosse dagli organismi di rappresentanza dei giornalisti per richiamare l’attenzione delle istituzioni e dell’opinione pubblica sulla necessità di salvaguardare il diritto dei cittadini ad essere correttamente informati, le iniziative legislative contro le “querele temerarie” e l’abolizione del carcere per i giornalisti, i temi al centro del colloquio con il presidente Grasso.
Con la presidente Boldrini si è discusso di precariato nel settore giornalistico e dello stretto rapporto tra le condizioni di precarietà in cui sono costretti a lavorare sempre più giornalisti e il valore di una informazione di qualità nel contrasto alle fake news.
«Gli editori sono affetti da una malattia, la miopia. Se non ci sarà nei giornali il “lavoro buono” per i giovani, anziché il precariato, avremo un assottigliamento dell’attività giornalistica. Non si può chiedere l’approfondimento e il riscontro dei fatti a un giovane se lo paghi 10 euro a pezzo», ha ribadito la presidente della Camera.
«Questa miopia degli editori, che precarizzano il lavoro giornalistico, è nemica di quella qualità dell’informazione necessaria a contrastare le fake news, che sono un acido che corrode anche l’informazione “mainstream”, ma gli editori non sembrano esserne consapevoli. Occorre difendere il diritto dei cittadini ad essere informati, il che richiede un lavoro che non può essere gratis, richiede formazione e investimenti», ha ribadito la presidente Boldrini, che ha poi lanciato un appello al mondo del giornalismo perché metta in campo «più rigore» contro i “discorsi d’odio” e gli insulti che compaiono sui quotidiani, e contro quei giornalisti che scrivono su siti che diffondono fake news.
Fonte: Fnsi
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