Io manutengo
Nel senso di faccio la manutenzione dell’edificio al fine di conservare il valore nel tempo evitando lo spreco edilizio
Nell’attuale normativa sismica entrata in vigore ormai quasi dieci anni fa l’intensità della forza tellurica viene messa in correlazione con la durata che è stata assegnata al manufatto, in termini tecnici la vita nominale. Le Nuove Norme Tecniche per le Costruzioni (NNTC) del 2008 infatti si basano su un metodo cosiddetto semiprobabilistico sulla scorta del quale la possibilità di accadimento di un terremoto di una certa magnitudo la cui frequenza è di ogni tot secoli è inevitabilmente maggiore se è più lunga l’esistenza di quel fabbricato. Con un esempio: un sisma atteso con cadenza di 500 anni ha probabilità superiori che colpisca un edificio il cui arco temporale di vita è di 100 anni piuttosto che uno di soli 50. È per garantire la lunghezza della vita che si è stabilita in progetto che necessita un piano di manutenzione dell’edificio; le attività manutentive servono a conservare nel tempo le caratteristiche originarie della struttura.
C’è, poi, il vantaggio che si potrà allungare il ciclo di vita del manufatto al termine della durata fissata nella progettazione previa, è ovvio, una verifica statica ulteriore, oltre che assicurare la piena fruibilità dell’opera. La manutenzione, sia ordinaria sia straordinaria, è qualcosa di molto diverso, come è facile riconoscere, dal ripristino: il secondo consiste nella riparazione di un guasto strutturale, mentre la prima serve ad evitare che quel guasto avvenga. Ciò che distingue, inoltre, le operazioni di manutenzione da quelle necessarie per ripristinare l’efficienza del “bene” è l’assenza di programmazione negli interventi di ripristino; la manutenzione si definisce programmata, aggettivo che si contrappone a casuale. È da constatare che le misure di sgravio fiscale sono indirizzate solo alla ristrutturazione mentre i lavori di manutenzione beneficiano di una tassazione agevolata.
Rimanendo all’aspetto economico non si è sicuri che la spesa per la manutenzione sia maggiore di quella che è richiesta per ristrutturare perché i costi di manutenzione sono costanti. Il vantaggio di quest’ultima è che essa garantisce la durabilità dell’investimento edilizio effettuato; il valore di mercato dell’iniziativa immobiliare non diminuisce nel tempo se il fabbricato è stato soggetto ad una manutenzione continua. In effetti, non ci sono disposizioni normative adeguate sulla manutenzione e i riferimenti disponibili sono le indicazioni dell’ente di unificazione nazionale UNI. Un traguardo da perseguire è quello della messa a punto di un linguaggio tecnico univico, da condividere da parte di tutti gli operatori. Peraltro ciò incide sull’organizzazione delle gare negli appalti pubblici destinati a questo settore per le quali, inoltre, così come per i lavori privati è opportuno incrementare la qualificazione delle imprese. Incominciando con il perfezionare i prezziari e i capitolati specifici.
Pure le agenzie di assicurazioni dovrebbero sviluppare apposite polizze per coprire i difetti costruttivi, almeno quelli per i quali non vigono le garanzie ordinarie contemplate dal codice civile. È utile fissare qual’è la figura responsabile della manutenzione in aggiunta al proprietario, quando si tratta di una casa singola, o all’amministratore del condominio se è una palazzina. Si è dell’avviso che si possa ammettere la compresenza di un insieme di responsabili. Emerge con forza la necessità di una regolamentazione a livello nazionale di questo comparto specificando per le varie tipologie le lavorazioni rientranti nella manutenzione le precauzioni da adottare per la sicurezza nei luoghi di lavoro e le funzioni che è chiamata ad assolvere la Pubblica Amministrazione finalizzate al controllo dell’esecuzione degli impegni che i possessori si vanno ad assumere in relazione alla manutenzione del proprio immobile.
Alle istituzioni spetta, comunque, soprattutto diffondere la cultura manutentiva la quale si auspica divenga un valore condiviso nella comunità. A questo scopo vanno messe in campo campagne formative e, in generale, di sensibilizzazione dei cittadini. Poiché è un concetto abbastanza recente quello della manutenzione programmata del costruito è richiesto un grande sforzo da parte degli enti pubblici (con convegni, messaggi informativi, ecc,) per farlo penetrare nella coscienza collettiva. In precedenza la manutenzione nel mondo delle costruzioni era applicata solo in ambito stradale con la sostituzione periodica dei giunti dei viadotti, rifacimento dell’asfalto, ritinteggiatura della segnaletica orizzontale e così via, cose che abbiamo visto tante volte. Le finalità della manutenzione, del resto, sono pure di natura sociale e non semplicemente economiche, la prevenzione del “patrimonio” edilizio, in quanto vi è un risparmio di risorse ambientali (gli ingredienti del cemento armato che si ricavano dalle cave e dalle miniere di ferro con processi produttivi altamente energivori) se si considera che si riduce il fabbisogno sostitutivo di case.
Puntando sulla manutenzione e non sulla demolizione e ricostruzione si evita, poi, che si producano rifiuti da smaltire (almeno fin quando non si metterà a punto la tecnica della riciclabilità, dei resti dei fabbricati, a fine vita della quale si occupa un filone di ricerca scientifica che si denomina L.C.A. (Life Cycle Assestment) e, quindi, si va a favore della sostenibilità. Il bisogno di manutenzione, lo si è detto, costituisce una consapevolezza che sta maturando progressivamente: se fosse emerso già nella fase di sviluppo delle periferie urbane, a partire dagli anni 50 del secolo scorso, non ci troveremmo di fronte al fenomeno odierno dell’obsolescenza di quanto realizzato in quel momento di forte espansione degli abitati, specie i maggiori. Una precisazione che si impone circa la sostituzione degli immobili in alternativa alla manutenzione è che essa è giustificata se vi è una componente di innovazione nel nuovo, mettiamo una accentuata riduzione delle dispersioni termiche; in altre parole la durabilità dell’oggetto è un obiettivo da confrontare con quello dell’aggiornamento tecnologico in aggiunta a quello delle valenze ecologiche già citato e quello dell’onerosità della manutenzione (in termini monetari e gestionali) rispetto all’abbattimento con successivo rifacimento dell’immobile. La programmazione è, in definitiva, un obbligo da rispettare nella pratica professionale, ma nello stesso tempo lo stimolo ad una riflessione sulle scelte migliori da intraprendere per fornire qualità all’edificato.
Francesco Manfredi Selvaggi645 Posts
Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.
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