Una fiscalità di vantaggio per le aree interne del Molise
di Umberto Berardo
La fiscalità di vantaggio viene definita come un insieme di norme miranti ad incentivare particolari zone geografiche quali quelle montane delle aree interne i cui piccoli comuni rappresentano in Italia il 73% del totale e costituiscono il 54% del territorio nazionale.
Nella nostra regione la quasi totalità dei paesi sotto i 5.000 abitanti, che anzi in gran parte non superano i 1.000, si trova nel Molise centrale ed alto dove il basso tasso di natalità, la disoccupazione, la povertà relativa ed assoluta, l’invecchiamento della popolazione e le nuove forme di emigrazione creano il fenomeno che noi abbiamo definito di desertificazione del territorio. Noi pensiamo che una fiscalità di vantaggio, proporzionale e differenziata per territorio, sia un mezzo indispensabile per mantenere in vita le attività economiche esistenti, per attrarne di nuove, per incentivare investimenti e per fronteggiare la concorrenza di altri Paesi a tassazione agevolata come ad esempio l’Irlanda, la Serbia, la Polonia. Inizialmente tali facilitazioni si sono scontrate con vincoli europei che hanno condizionato non poco l’autonomia impositiva degli Stati e delle Regioni; poi questo atteggiamento restrittivo e diffidente si è aperto a deroghe al trattato di Roma in aree con basso tenore di vita e con gravi forme di disoccupazione attraverso esenzioni, riduzioni d’imposta o agevolazioni come quelle relative a ILOR, IRPEG, IRAP e crediti d’imposta.
La stessa Legge di Stabilità del 2017 ha introdotto condizioni per il regime agevolato forfettario alle imprese che abbiano il requisito della stabilità dell’insediamento in aree con fattori di contesto recanti difficoltà allo sviluppo, prevedendo appunto il sistema forfettario, regimi fiscali di vantaggio, semplificazioni negli adempimenti contabili e tributari, riduzione dei contributi INPS, agevolazioni nell’acquisto dei beni strumentali ed aliquote particolari d’imposta. C’è chi vede per le aree interne la prospettiva degli aiuti annunciati per i 5.585 piccoli Comuni dalla legge Realacci finalmente approvata dal Parlamento e che occorre studiare analiticamente per utilizzarla al meglio.
Della questione ci siamo già occupati e riaffermiamo testualmente quanto abbiamo già scritto. Sono previsti 100 milioni di euro per la riqualificazione del patrimonio immobiliare dei centri storici, trasporti, banda ultralarga, cultura, turismo e istruzione, spalmati però in quote da 10 milioni per il 2017 e da 15 milioni per ciascuno degli anni dal 2018 al 2023. Ovviamente qui le necessità più impellenti e la valenza dei progetti si spera siano i criteri di attribuzione prioritaria dei fondi e perciò l’impegno degli amministratori dev’essere produttivo e vigile, anche se noi abbiamo fatto un po’ di calcoli e la quota spettante ad ogni Comune non è risicata, ma davvero risibile. Un’ulteriore opportunità sarebbe rappresentata dalle agevolazioni per l’imprenditoria giovanile in Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia previste nel decreto legge del Consiglio dei ministri del 9 giugno 2017 denominato “Resto al Sud”.
Se, come noi pensiamo, tali misure possono aiutare imprese nell’artigianato, nell’agricoltura, nell’industria, nei servizi e soprattutto nel turismo, ma non sono sufficienti a garantire una qualità della vita, è evidente che una fiscalità di vantaggio, in grado di garantire ai cittadini ed agli operatori economici delle zone montane supporti per facilitare lo spirito imprenditoriale e la rivalutazione di una ricchezza territoriale, umana e culturale che oggi è seriamente a rischio, deve indirizzarsi verso ulteriori determinazioni che noi da anni intravvediamo in un’aliquota fiscale ridotta per il metano, l’energia elettrica ed i servizi telefonici per famiglie con redditi minimi ed anziani con pensioni al minimo come in ridotte aliquote IVA ed in un basso coefficiente di redditività differenziato per il calcolo dell’imponibile a vantaggio di servizi commerciali operanti in comunità con un numero di abitanti inferiore a mille per i quali occorre anche differenziare gli studi di settore. Necessitano altresì incentivi adeguati per una copertura energetica autonoma delle famiglie indirizzandole verso fonti rinnovabili come il fotovoltaico off grid per il quale ad esempio nella provincia di Bolzano si prevede già un contributo a fondo perduto del 50%.
Ovviamente tutti gli incentivi fiscali devono essere proporzionali all’efficienza delle imprese ed alla loro capacità occupazionale. C’è chi potrebbe obiettare che tali proposte hanno connotazioni di privilegio. Al contrario noi reputiamo che una fiscalità di vantaggio per le aree interne abbia solo un valore compensativo rispetto alle gravi deficienze di infrastrutture e servizi che attanagliano le piccole comunità della montagna ed in particolare di quella molisana abbandonata per tantissimi anni dalla politica scellerata dei poli di sviluppo che ha immaginato investimenti intorno a pochi centri più popolosi isolando le zone interne da qualsiasi sviluppo sostenibile anche sul piano agricolo e zootecnico. Tale fiscalità, con la strategia del contenimento dei costi, ha anche il vantaggio di favorire l’emersione di imprese che operano in nero. È bene ricordare a tutti che la montagna ha ricchezze inestimabili che mette a disposizione dell’intera comunità nazionale ad un prezzo talora inesistente o del tutto simbolico. I suoi boschi regalano ossigeno e producono legname, i prati erba genuina per allevamenti che garantiscono prodotti lattiero caseari di eccellenza e di altissima qualità.
L’acqua delle sorgenti e la salubrità dell’aria sono beni pubblici preziosi dovuti alle falde freatiche ed alle foreste della montagna, ma quest’ultima e le sue comunità costituiscono anche il presidio a difesa e tutela del territorio ed il luogo in cui si vivono grandi tradizioni e si sperimentano forme innovative nella produzione energetica, nella green economy e nella raccolta differenziata dei rifiuti. Le aree interne hanno tra l’altro grandi potenzialità e sono in grado di garantire una forte identità culturale, prodotti e risorse genuini di assoluta eccellenza, un ambiente attraente, vario e salubre, ma soprattutto arte, tradizioni, artigianato ed ospitalità che rappresentano un richiamo importante per un turismo vario e diversificato. Un reddito minimo garantito a giovani che si impegnino in attività di difesa e tutela del territorio potrebbe essere l’inizio di un’inversione di tendenza. La riorganizzazione amministrativa del territorio per una governance davvero razionale deve portare i piccoli borghi fuori dalle logiche campanilistiche e condurli ad associarsi imparando finalmente a fare rete organizzando prestazioni associate ed immaginando in ogni comunità centri multi servizi in grado di garantire vendita di alimentari, prodotti locali, giornali e tabacchi, ma anche informazioni turistiche, distribuzione della posta, internet point e perfino centro di aggregazione e tempo libero.
Sul piano regionale manca un qualsiasi piano per le aree interne nella gestione del territorio, nelle strategie per lo sviluppo e nell’individuazione delle infrastrutture fondamentali quali strade, servizi culturali e sanitari, banda ultralarga, strutture territoriali di assistenza sanitaria e sociale. Perfino la legge quadro sulla montagna n. 97 del 1994 non ha generato piani applicativi concreti. Il grido di allarme di associazioni e le lotte messe in campo dai cittadini, soprattutto nella difesa dei servizi sanitari, sono un campanello d’allarme. Noi pensiamo allora che il futuro Consiglio Regionale del Molise debba prevedere un assessore per le aree interne o in alternativa un gruppo di studio di esperti capaci di stilare concretamente quello che oggi si chiama un masterplan capace di definire nei diversi aspetti quelle che si dovrebbero immaginare come zone franche montane a fiscalità agevolata.
Stiamo parlando di un’ipotesi di lavoro dove il denaro pubblico non deve essere investito tanto nella progettazione, come purtroppo spesso avviene, quanto piuttosto nella realizzazione di infrastrutture, servizi ed imprese per concretizzare uno sviluppo che ruoti intorno alle vocazioni ed alle risorse locali ed ovviamente anche a possibili economie industriali, turistiche e della conoscenza per produzioni di eccellenza locale. Elaborazioni di idee in merito sul territorio del medio ed alto Molise ce ne sono già state; occorre solo farne tesoro. Se la nuova legge elettorale rischia di compromettere la rappresentanza delle aree interne in Consiglio Regionale, dovranno essere i cittadini ad individuare e sollecitare nuove forme di partecipazione nella rivendicazione dei propri diritti. Oltre la cosiddetta “questione meridionale” oggi c’è quella che potremmo definire “territoriale” e che va risolta in tempi rapidi, prima che la desertificazione umana lasci le zone montane abbandonate con danni irreversibili per tutta la comunità nazionale.
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