Un nuovo “blocco sociale” per il Molise del futuro
Editoriale del mese di Febbraio 2018
Il Molise corre il pericolo serio, documentato, di sparire nel gorgo di processi che hanno testa e portafoglio altrove.
L’ISTAT prevede che con l’andamento attuale della situazione sociale ed economica, nel 2065 fra il Trigno e il Fortore abiteranno solo 227mila esseri umani, 83mila meno di quelli che vi abitano attualmente.
Il “sottosviluppo assistito” che ha indirizzato e sostenuto la modernizzazione di media incidenza della nostra regione è ormai un ricordo sbiadito, eroso da una mentalità suppostamente (l’avverbio è davvero quello giusto) razionalizzatrice, che dispiega le strategie e gli esiti della “lotta di classe dopo la lotta di classe”, come ha argomentato doviziosamente Luciano Gallino nel 2012, prima di lasciarci tre anni più tardi.
Con le risorse ingentissime provenienti da Governi centrali e centristi, la Democrazia Cristiana è stata capace di costruire un blocco sociale conservatore fondato sull’utilizzo clientelare della spesa pubblica e benedetto dalla Chiesa, che ha massicciamente contribuito a giustificare e coltivare l’irradiamento e la pervasione di quel blocco sociale all’interno di una comunità povera e ricattabile, nella transizione dall’agro-pastorizia alla modernità incipiente.
Un blocco sociale però, questo va compreso a fondo, non è un progetto, non è un’idea; esso definisce in maniera scientifica la fisionomia sociale ed economica di una comunità, collocando all’interno del suo confine pezzi del consorzio civile per spezzoni di reddito; il blocco sociale che è stata capace di costruire nel Molise la Democrazia Cristiana a sostegno del suo consenso plebiscitario, è stato ed è conservatore perché si è basato sulla mediazione “familista” del ceto politico per l’amministrazione della spesa pubblica.
Se altrove le risorse statali hanno finanziato piccoli e medi imprenditori e hanno favorito la nascita di cooperative di giovani che hanno allargato il mercato del lavoro, conquistando un’autonomia di gestione dalla politica e di prospettiva imprenditoriale, se si è finanziata adeguatamente, con convinzione, la cultura e la tutela del patrimonio e del paesaggio, da noi quelle risorse sono state utilizzate per gonfiare gli organici di uffici ed enti locali, per gestire in maniera discrezionale l’integrazione del reddito (le pensioni d’invalidità per esempio) e per elargire sostegni “a pioggia” al mondo produttivo, con l’obiettivo di legare l’impresa alle necessità di organizzazione del consenso della parte politica erogatrice.
Su questa strada costellata di profonde trasformazioni sociali, di servizi (quasi mai pensati razionalmente) che s’irradiavano sul territorio e di traguardi infrastrutturali, è stato costruito, in mezzo secolo più o meno, il blocco sociale conservatore che ha modificato i consumi e gli stili di vita della nostra piccola, povera, tenera e marginale comunità.
Questa stagione però è alle nostre spalle; se dal centro (da Roma o da Bruxelles) prima ci arrivavano risorse e incoraggiamenti, adesso ci mandano intimazioni di rientro dai debiti contratti in precedenza e minacce sempre meno velate all’autonomia istituzionale della nostra Regione, troppo piccola per potersi amministrare da sola.
Abbiamo un’unica possibilità per fronteggiare quest’orizzonte così gravido d’incertezze: diventare una comunità competente, con una classe dirigente che possegga e amministri la narrazione del nostro futuro.
Dobbiamo metterci in grado (nessuno lo farà in vece nostra) di disarticolare il vecchio e consunto blocco sociale per costruirne un altro, fondato su una nuova etica della responsabilità individuale e comunitaria.
Un blocco sociale che sappia dare funzione e compiti rinnovati ai nostri giovani di talento, collocandoli nei gangli decisivi della nuova classe dirigente (compresa la politica) di cui abbiamo bisogno; che promuova la cooperazione in favore della coesione sociale, che finanzi start up innovative e nuova imprenditorialità indipendente; un blocco sociale fondato sugli elementi originari della nostra identità culturale, ma che li sappia raccontare con una lingua aggiornata e colta; che punti sulla tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale e del paesaggio, come volano di un piano di promozione turistica finalmente dignitoso; capace di recuperare e rivitalizzare le nostre aree interne, ripopolandole con progetti di sviluppo localizzati che sappiano accogliere ed integrare, come nuovi e dinamici cittadini, i migranti che arrivano nella nostra terra.
Un blocco sociale giovanile e progressista delineato in relazione stretta con la nostra Università, esito dinamico, dialettico, del Molise autentico, innovativo e solidale alla nostra portata.
Questo è quello che c’è da fare, soprattutto dopo l’esito rivoluzionario, inatteso per impatto e per portata delle elezioni del 4 marzo, che hanno premiato oltre ogni (addirittura loro) aspettativa il M5S e che hanno ipotecato decisamente in loro favore il futuro delle nostre consultazioni regionali che si svolgeranno il 22 aprile prossimo.
Antonio Ruggieri75 Posts
Nato a Ferrazzano (CB) nel 1954. E’ giornalista professionista. Ha collaborato con la rete RAI del Molise. Ha coordinato la riedizione di “Viaggio in Molise” di Francesco Jovine, firmando la post—fazione dell’opera. Ha organizzato e diretto D.I.N.A. (digital is not analog), un festival internazionale dell’attivismo informatico che ha coinvolto le esperienze più interessanti dell’attivismo informatico internazionale (2002). Nel 2004, ha ideato e diretto un progetto che ha portato alla realizzazione della prima “radio on line” d’istituto; il progetto si è aggiudicato il primo premio del prestigioso concorso “centoscuole” indetto dalla Fondazione San Paolo di Torino. Ha ideato e diretto quattro edizioni dello SMOC (salone molisano della comunicazione), dal 2007 al 2011. Dal 2005 al 2009 ha diretto il quotidiano telematico Megachip.info fondato da Giulietto Chiesa. E’ stato Direttore responsabile di Cometa, trimestrale di critica della comunicazione (2009—2010). E’ Direttore responsabile del mensile culturale “il Bene Comune”, senza soluzione di continuità, dall’esordio della rivista (ottobre 2001) fino ad oggi. BIBLIOGRAFIA Il Male rosa, libro d’arte in serigrafia, (1980); Cafoni e galantuomini nel Molise fra brigantaggio e questione meridionale, edizioni Il Rinoceronte (1984); Molise contro Molise, Nocera editore (1997); I giovani e il capardozio, Nocera editore (2001).
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