Aprile, il più crudele dei mesi
La mattina del 23 aprile scorso, Mario un ex partigiano di anni 92 che di cognome fa, per pura coincidenza, Di Maio, si è recato in una sala consiliare dell’XIº municipio di Roma per parlare del 25 aprile. C’era un solo spettatore.
Michele Serra ha visto in questo episodio “un grande preludio della festa del 25 aprile”. Un preludio confermato nel giorno della festa dai fischi di Milano contro un gruppo di ex internati nei lager nazisti. Bisogna capire l’angoscia di noi vecchi antifascisti per qualcosa che va al di là del semplice calo di memorabilità di una data che liberò l’Italia dalla mancanza di libertà. “Una conquista di libertà che nessuno ci ha regalato e un’eredità sulla quale le nuove generazioni devono chiedersi da dove viene”. Parole pronunciate da Giorgio Napolitano in TV da Fazio tre giorni prima il ricovero in clinica e cinque giorni dopo essere orrendamente oltraggiato da un esercito di miserabili odiatori a-social.
Com’è lontano quel 25 aprile che fece scrivere a Pier Paolo Pasolini: “Resistenza e Movimento Studentesco sono le uniche due speranze democratico-rivoluzionarie del popolo italiano”. Oggi i figli della post-modernità affermano: “Fascismo e antifascismo, ancora a parlare di questa roba?” (Alessandro Di Battista). E addirittura: “Il 25 aprile è morto!” (Beppe Grillo nel 2013.) Non meravigliatevi perciò se noi decaduti pre-moderni ci troviamo (per dirla proprio con Beppe Grillo) come delle “prostitute senza marciapiede”. E capirete benissimo perché è così dura fare un governo senza nemmeno un marciapiede.
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E si deve infine capire perché chi segue le vicende molisane in ottica del tutto minoritaria rispetto alle forze politiche prevalenti, ritiene che in questo amaro Aprile c’è invece una data da non ricordare: domenica 22.
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Così, dinanzi a questa grande amarezza, non ci resta che ricorrere alla grande bellezza della poesia: T. S. Eliot, La terra desolata.
Aprile è il più crudele dei mesi
confondendo memoria e desiderio
risvegliando radici sopite con la pioggia della primavera…
Giuseppe Tabasso367 Posts
(Campobasso 1926) ha due figli, un nipotino e una moglie bojanese, sempre la stessa dal 1955. Da pianista dilettante formò una band con Fred Bongusto. A suo padre Lino, musicista, è dedicata una strada di Campobasso. Il Molise è la sua Heimat. “Abito a Roma - dice - ma vivo in Molise”. Laureato in lingua e letteratura inglese, è giornalista professionista dal 1964. Ha iniziato in vari quotidiani e periodici (Paese sera, La Repubblica d’Italia, Annabella, Gente, L’Europeo, Radiocorriere). Inviato di politica estera per il GR3 della RAI, ha lavorato a Strasburgo e Bruxelles, a New York presso la Rai Corporation e a Londra e Colonia per le sezioni italiane della BBC e della Deutschland Funk. Pubblicazioni: Il settimanale con Nello Ajello (Ediz. Accademia, Roma 1978); Facciamo un giornale (Edizioni Tuttoscuola, Roma 2001); Il Molise, che farne? (Ed. Cultura & Sport, Campobasso 1996); per le Edizioni Bene Comune; Post Scriptum, Prediche di un molisano inutile ( 2006); Gaetano Scardocchia, La vita e gli scritti di un grande giornalista (2008); Moliseskine (2016). In corso di pubblicazione Fare un giornale, diventare giornalisti, Manuale di giornalismo per studenti, insegnanti e apprendisti comunicatori.
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