Chi ben comincia…
di Massimo Romano da Facebook
Tra poche ore prenderà il via la nuova Giunta regionale del Molise e, con molta probabilità, anche il nuovo Governo a Roma. Si insedieranno quasi contemporaneamente, nonostante le politiche si siano svolte un mese e mezzo prima delle regionali. Se a Roma, come sembra, si formerà un Governo a guida M5S-Lega, perché non provare a riproporne il modello anche in Molise? Può sembrare un’eresia, ma secondo me bisognerebbe tentare.
Le condizioni istituzionali, ovviamente, sono diverse. Il Rosatellum, come previsto, non ha consentito che dalle urne uscisse una maggioranza parlamentare autosufficiente, e così l’intesa Di Maio-Salvini è stato l’unico viatico per evitare che Mattarella sciogliesse le Camere e si tornasse al voto. Viceversa, Toma ha una maggioranza consiliare solida e i numeri per governare (formalmente) in santa pace, a fronte di una minoranza divisa tra M5S e PD, con i due eletti dem che per formazione culturale, tradizione politica e trascorsi amministrativi si porranno finanche in chiave filo-governativa (come peraltro si è affrettato ad anticipare l’ex Vicepresidente Facciolla).
Nonostante la logica dei numeri non lo imponga, credo, però, che il Governatore farebbe bene a valutare l’ipotesi di aprire all’opposizione. In caso contrario, temo che il corso della legislatura sarà segnato: una giunta monopolizzata dai partiti e un Presidente costretto a vivacchiare, sotto lo schiaffo dai noti potentati che ne condizioneranno ogni decisione sui settori più rilevanti, dalla sanità alla spartizione delle nomine negli enti subregionali secondo criteri che nulla hanno a che fare con i meriti.
Come uscirne? Sparigliando le carte, offrendo al M5S di entrare in Giunta, definendo insieme un “contratto di governo”, cedendogli la Vicepresidenza e un assessorato di peso, e coinvolgendo il PD nel ruolo di garanzia della Presidenza del Consiglio.
Ci sono almeno tre ragioni per rompere gli schemi. Innanzitutto, socio-elettorale: lo scarto tra Toma e Greco è stato risicato (9 mila voti), nonostante una violenta sproporzione di candidati in campo (180 contro 19), senza contare che il M5S ha perfino prevalso nelle città maggiori, dove il voto è meno “controllato” e dunque più “libero”. Se si considera il dato inquietante dell’astensione (quasi il 50%), il centrodestra si troverebbe a governare con il 43% del 50%: in queste condizioni, l’apertura al M5S sarebbe un gesto di rispetto verso gli elettori grillini e un segnale di “ricucitura sociale” soprattutto nei confronti del 50% di astenuti. In secondo luogo, politico-istituzionale: creare in Regione una maggioranza “allargata” omologa a quella parlamentare di Governo, consentirebbe per davvero, forse per la prima volta, di “contare” qualcosa a Roma, dove notoriamente il Molise è stato considerato una vacca da mungere per racimolare parlamentari (vedi La Loggia e Berlusconi nello scippo del seggio a De Matteis e Pallante) o per parcheggiarci qualche burocrate sconosciuto (gli esempi si sprecherebbero…).
Peraltro, sia Salvini che Di Maio nella scorsa campagna elettorale hanno promesso che la luna di miele con il Molise non sarebbe terminata con il voto, bensì proseguita per l’intera legislatura: promessa ancor più facilmente “monetizzabile” se ci fosse una Giunta dello stesso colore del Governo nazionale, con il quale trattare alla pari: a partire dalla scelta del Commissario ad acta per la Sanità, la cui nomina compete al Consiglio dei Ministri, per finire con i finanziamenti statali di volta in volta da ripartire tra le regioni. Infine, una motivazione di carattere personale-caratteriale: Toma non ha un suo partito né un suo gruppo di fedelissimi in Consiglio. Gli eletti sono (quasi) tutti o veterani di Palazzo Moffa o amministratori locali di lungo corso, abilissimi nelle alchimie di Palazzo al contrario di Toma, il quale ha un profilo tecnico e, probabilmente, un carattere poco incline a subire i “ricatti” delle liturgie di partito, dai quali si potrebbe svincolare all’istante se decidesse di allargare il perimetro della coalizione di governo, marginalizzando quegli azionisti di maggioranza che da vent’anni condizionano ogni governo, di ogni colore politico.
Tutto questo per fare cosa? Penso ad interventi necessari ed urgenti, che incontrano il 100% del consenso popolare ma che nessun governo regionale, negli ultimi quindici anni, ha mai avuto la forza (o la voglia) di realizzare: penso ad un piano straordinario per il lavoro da accompagnare alla doverosa riduzione dei costi della politica (obiettivamente, lo stipendio dei consiglieri regionali non si giustifica rispetto al grado di responsabilità che essi hanno, se rapportato, ad esempio, a quelle di un sindaco che percepisce un’indennità dieci volte inferiore); all’istituzione del registro tumori e alla tutela ambientale e della salute dei cittadini nelle aree più a rischio; al potenziamento della sanità pubblica (i primi impegni pubblici di Toma in conferenza Stato Regioni sulla deroga al Balduzzi per ripristinare un DEA di II livello al Cardarelli sono importantissimi, sempre che non restino solo parole…); una riforma per accelerare i pagamenti alle imprese creditrici della Regione; un modello per la tutela dell’acqua e la gestione del servizio idrico al riparo dalle multinazionali private che hanno messo gli occhi sulle nostre sorgenti. Penso, insomma, a temi condivisi anche dal M5S, sui quali stilare un vero e proprio “contratto di governo”, con tanto di cronoprogramma per realizzarlo.
Se avranno il coraggio di provarci, si aprirà una fase inedita in cui,per la prima volta dopo anni di esperienze politiche fallimentari, il Molise potrebbe tornare a vedere uno spiraglio di luce. Il pallino è in mano a Toma: il Governatore può scegliere se restare ostaggio dei partiti oppure tentare di sintonizzarsi con un quadro nazionale che è radicalmente stravolto rispetto al 4 marzo e apre scenari inediti. In caso contrario, credo che rivivremo un Frattura bis, con Patriciello ancora una volta a dettare la linea e la maggioranza della maggioranza, composta da ex fratturiani, a fare carte esattamente come negli anni precedenti. Da un nuovo schema di gioco, invece, ci guadagnerebbe Toma, in termini di autonomia politica, e probabilmente anche il Molise. Nelle prossime ore sapremo come finirà: in fondo, serve solo coraggio e un po’ di lungimiranza.
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