Idrico e idraulico in pianura sono sinonimi
Francesco Manfredi-Selvaggi
Le reti fognarie possono fornire un contributo allo smaltimento delle acque esondate così come i canali di bonifica
Vi è una pluralità di modi per fronteggiare il rischio esondazione, dalla realizzazione di argini (ben visibili a Montefalcone lungo il Trigno) alla formazione di vasche di laminazione (se ne è parlato per il Biferno sotto la diga) alla costruzione di «scolmatori» (uno è previsto a Pozzilli per il Rava e già esiste a Boiano per il Ravone). Quelli che abbiamo citato sono degli interventi classici, tutti, consistenti in opere edili, ai quali vanno aggiunte spesso in sostituzione, per così dire, meno pesanti quali la delocalizzazione di fabbricati in zone di esondabilità, l’imposizione di un piano a pilotis per le costruzioni ammesse ed altre.
Tra esse va compresa, nelle fasce nelle quali il livello delle acque esondate è contenuto, la predisposizione di un sistema di raccolta di tali acque integrato con la rete fognaria ordinario, intendendo per quest’ultima, oltre che quella di smaltimento dei reflui prodotti dagli edifici, quella delle cosiddette acque bianche in cui confluisce il precipitato delle piogge. Usualmente si tratta della medesima condotta dove le acque dei due tipi si mescolano per cui si parla di acque grigie. Ancora meglio sarebbe far defluire le acque fuoriuscite dal corpo idrico in un evento alluvionale nel reticolo idraulico minore.
Le alluvioni sono un fenomeno tipico delle pianure ed altrettanto tipico di tali aree è la bonifica dei terreni iniziata in Italia alla fine del XIX secolo. Si potrebbero utilizzare allo scopo di allontanamento delle acque appunto i canali di bonifica che sono artificiali così come i fossi e le rogge, i quali se non sono propriamente elementi naturali del paesaggio appartengono spesso al disegno tradizionale del territorio agricolo essendo funzionali a evitare l’impantanamento dei campi coltivati con il drenaggio delle acque. Con l’avvento della meccanizzazione in agricoltura per favorire il movimento dei mezzi al quale sarebbero stati d’ostacolo si è proceduto nel tempo alla ricopritura di tali fossi che in maniera diffusa erano presenti negli appezzamenti agrari.
Oggi, bisognerebbe recuperare la memoria di questo patrimonio dimenticato anche al fine della valorizzazione paesaggistica. Per un’efficace gestione delle acque è evidente che si rende necessaria la collaborazione di una pluralità di soggetti, dai singoli coltivatori ai consorzi di bonifica. Essi sono presenti in tutti gli ambiti pianeggianti della regione Molise, dal venafrano al larinate alla costa (ben due), con esplusione però della piana di Boiano, individuata in passato quale zona di «bonifica montana» e dove i canali sono stati tombinati (vedi il Calderari se pur non è in senso tecnico un canale di bonifica) o richiusi (via Vittorio Veneto, un asse sul quale si è impostata una teoria di case popolari).
Va pure detto che la bonifica non è consistita solo nell’apertura ex novo di canali come è successo nel basso Molise, ma anche nella «canalizzazione» di corsi d’acqua esistenti, rettificandone e restringendo l’alveo e ciò, cioè l’irrigidimento del reticolo idrico, non va a favore della difesa idrogeologica. Presa nel suo insieme la rete dei canali di bonifica, una volta che ne venga ripristinata l’integrità, può svolgere funzione di laminazione dei deflussi delle acque in alternativa ad un bacino ed il modello è i Regi Lagni voluti dai Borboni nel tratto terminale del Volturno.
Tutto quanto appena esposto è applicabile per i comprensori rurali, mentre per gli intorni urbanizzati (sia se diversamente urbanizzati sia se vi è urbanizzazione diffusa) bisognerà ricorrere alla strategia del convogliamento delle acque di esondazione nelle fognature, non trascurando nel contempo di mettere in campo azioni ad un livello territoriale più ampio di quello del singolo contesto per ridurre il pericolo di alluvioni perché i nuclei insediativi per un verso o per l’altro dipendono dal territorio che li circonda. Nelle zone urbane, poi, ci troviamo di fronte all’impermeabilizzazione dei suoli per via del costruito e delle infrastrutture viarie, al contrario della campagna dove il terreno è permeabile permettendo l’infiltrazione della pioggia la quale, beninteso, dipende dalla profondità della falda.
Nell’approfondire il tema della soluzione relativa alle fogne va, ad ogni modo, messo in evidenza che un’apposita direttiva europea emanata nel 2012 esclude tassativamente che sia consentito gestire le acque meteoriche (e, tanto più, quelle provenienti da un’esondazione) attraverso le infrastrutture del servizio idrico. La spiegazione sta nel fatto che esse non rientrano nelle tariffe che costituiscono il fondamento del servizio idrico integrato, del quale si sta fornendo anche il Molise con la nascita dell’Ecam. Si rendono indispensabili, pertanto, infrastrutture per lo smaltimento delle acque dedicate, quindi reti fognarie separate.
Qualora, invece, si persistesse nel mantenimento del sistema di fognatura di tipo misto si deve tener conto che durante le precipitazioni atmosferiche più intense e, in presenza di straripamenti di corpi idrici le acque trasportate dalle condotte fognarie traboccherebbero e allora ci sarebbe bisogno di sfioratori collegati a vasche di “prima pioggia”. L’uso promiscuo delle fogne da impiegare tanto per l’allontanamento delle acque luride delle case quanto di quelle provenienti dalle strade è pericoloso perché, senza tali vasche, verrebbero sversate dagli sfiori nell’ambiente acque che, pur diluite, contengono significative concentrazioni di inquinanti.
Oltre alla questione degli scaricatori di piena c’è quella dei depuratori che sono terminali della fognatura e che se la massa idrica che trasporta è eccessiva si vedrebbero by-passati, scavalcati dall’acqua per via del fenomeno dell’over-flow senza che sia consentito loro di svolgere il proprio compito di depurare le acque, vanificando la spesa che si sostiene per essi, sia per il capitale fisso sia per i costi di esercizio. Alcuni rimedi vi sono a cominciare da quello con il telecontrollo, di distribuire l’acqua in eccesso in altri rami della rete situati in aree non investite dall’onda di piena oppure quello di aumentare la permeabilità adottando pavimentazioni e cunette filtranti, imponendo la messa in opera di tetti “verdi”, facendo in modo che gli spazi di pertinenza delle abitazioni siano giardini e non piazzali.
Va aggiunto che il corso d’acqua, specie se proviene dalla montagna, trascina con sé i materiali che ha eroso e che si depositano sul suolo quando l’esondazione regredisce finendo anch’essi in fogna con probabile intasamento delle caditoie per cui queste vanno pulite. Infine, si ricorda che a causa dei cambiamenti climatici in atto la frequenza di episodi meteorici intensi andrà incrementandosi e questo deve spingere ad un cambio di passo nel contrasto alla minaccia idraulica.
Francesco Manfredi Selvaggi645 Posts
Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.
0 Comments