Un territorio bonificato
Francesco Manfredi-Selvaggi
La bonifica è relativa all’area costiera. Qui in particolare si tratta della zona compresa tra Campomarino Lido e la foce del Saccione.
All’osservatore esterno di maxweberiana memoria il territorio apparirebbe come una cosa piatta e dunque, priva di interesse. Di certo questo comprensorio e così, nello stesso tempo, l’intera fascia costiera, presenta meno varietà almeno dal punto di vista paesaggistico dell’area appenninica dove in brevi spazi si trovano accostate cime montuose, rilievi collinari, piccole conche, vallate fluviali e, magari, piane estese come quella di Boiano.
Ciò, comunque, non significa che, seppure in maniera poco appariscente, nel tratto di pianura di cui ci interessiamo, da Campomarino Lido al confine regionale, del resto la pianura più ampia dell’intero litorale e, di conseguenza, del Molise (la possiamo considerare a sé stante delimitata com’è a nord dal promontorio di Campomarino con la foce del Biferno e a sud dal Saccione) non si possono trovare differenziazioni. Queste sono sia di tipo altimetrico (si ricorda che, poco più in là, nell’ultimo pezzo dell’asta del Biferno vi sono il Pantano Alto e il Pantano Basso) sia legate all’idrografia la quale è stata profondamente modificata dall’azione della bonifica e per la presenza umana specie nel lembo meridionale con le case dei coloni.
Certo, specie per l’insediamento abitativo si è avuta una movimentazione dell’immagine di questo ambito anche se, quale contraltare, si è determinata una omologazione del paesaggio a quella di tante altre aree di bonifica italiane. Della sua identità originaria rimangono poche tracce oggi protette dal fatto che il territorio è stato riconosciuto Sito di Importanza Comunitaria denominato «Foce Saccione-Ramitelli» (che è in continuità con il SIC «Biferno-Litorale di Campomarino».
Esse sono: foreste alluvionali (Bosco Ramitelli), steppe salate e depressioni umide interdunali (Le Fantine) le quali oggi coprono appena il 30% dell’intera superficie del sito rientrante nella rete ecologica europea. In definitiva la bonifica ha trasformato accanto all’economia (attualmente vaste estensioni di terreno sono di uso agricolo), e forse più di essa il paesaggio della zona le sue qualità naturalistiche, peraltro uniche nel contesto molisano dove le valenze ambientali predominanti sono quelle montane e di certi angoli della fascia collinare.
A interrompere la monotonia oltre a quanto indicato sopra, questa volta in riguardo ai significati attribuiti ai luoghi, vi è la toponomastica che è diventata molto più dettagliata del passato con una infinità di nomi dei poderi (l’unità di misura adottata per ripartire i fondi agrari) tutti coincidenti con il nome di un santo, da S. Cesare a S. Filippo, da S. Andrea a S. Giuseppe e così via (il numero dei toponimi cresce quando la piana costiera comincia ad incunearsi all’interno, in agro di Portocannone).
Vi sono poi, radicali innovazioni anche nella rete idrica per quanto riguarda i termini che descrivono i suoi plurimi rami, un’autentica rete fatta di elementi interconnessi e molto fitta; ai tradizionali valloni delle Canne, della Guardia, Due Miglia, Giardino, ecc. si sono aggiunti i canali artificiali frutto della bonifica che vanno dal Canale n. 1 al Canale n. 18 che confluiscono correndo in senso trasversale ad essi in alcuno dei 3 grandi canali diretti parallelamente alla battigia del Saccione.
C’è bisogno di idrovore per sollevare le acque perché il suolo è in certi punti al di sotto del livello del mare; è da sottolineare che la bonifica è stata favorita dalle nuove tecnologie, l’idrovora, in verità 2, e il pozzo artesiano, ve ne sono diversi. I canali principali hanno nomi esplicativi della loro funzione; partendo dalla costa abbiamo il Canale di Bonifica Occidentale Acque Basse, il Canale della Bufalara Acque Medie, Canale Orientale Acqua Alta il quale intercetta i corpi idrici provenienti dalle colline che sono i più lunghi. Bufalara, Mandria Grande località Vaccareccia sono toponimi che ricordano l’allevamento bovino, anche se l’animale più evocativo anche di quest’area, come dell’intera regione, è la pecora per via del fenomeno della transumanza che da poco è stata candidata a Patrimonio dell’Umanità.
Infatti, di qui passa il tratturo L’Aquila-Foggia il quale si era distaccato dalla battigia già da Petacciato per evitare gli impaludamenti che connotavano la zona in esame precedentemente alla bonifica. Il tratturo segue un po’ la direttrice della ex strada statale n. 16, l’Adriatica, a seguito, dopo la bonifica, spostata vicino alla linea litoranea, affiancata alla ferrovia, e sfiorando la Masseria del Barone Zezza, un interessante esempio di architettura rurale del passato. Il corridoio infrastrutturale che si è detto blocca l’accesso alla spiaggia, appena una cimosa, riducendo le prospettive di turismo balneare.
Comunque rimangono possibili quelle di turismo culturale legato alla presenza di testimonianze storiche, quella citata e, innanzitutto la Torre Ramitelli, una delle 339 torri a guardia della costa censite nel 1590 dal Marchese di Celenza nell’intero stato napoletano, data oltre la quale non ne sono state costruite altre, quindi una fotografia completa. Esse erano (erano perché tante ora sono scomparse) collegate visivamente con i centri abitati dell’immediato entroterra per avvisarle dell’arrivo dei “turchi” o “saraceni”, dei predoni provenienti dal mare.
Esse sono la Torre del Meridiano di Termoli, della Masseria Candela a Campomarino e, appunto, di Ramitelli; la posizione di queste ultime due lontane dalla battigia attesta l’avanzamento della linea di costa. Si evidenzia a proposito della barriera che impedisce l’accesso al mare, che la bonifica non ha rapporti con esso, in nessuna parte della nazione, se non per la circostanza che lungo la costa vi sono generalmente estese fasce pianeggianti, in particolare lì dove c’è la costa bassa come qui da noi. Un motivo di visita è pure l’agglomerato di Nuova Cliternia, una modalità differente rispetto alle casette dei Poderi di insediamento dei coloni.
Essa è nel locus di Madonna Grande venerata dalla popolazione di Campomarino, S. Martino in P., Portocannone di origine albanese. Per secoli è apparsa la comunità albanese (allo stesso modo di quella croata) simile ad un’isola nel territorio molisano perché ha conservato alcuni dei suoi caratteri originari a cominciare dalla lingua; questa etnia forse anche per la sua marginalità geografica, installandosi ai confini della regione (si noti, però, che storicamente il basso Molise apparteneva alla Capitanata) si è sentita separata financo dalle aree contigue, dimostrandosi nei secoli scorsi, da parte sua, incapace di contaminazioni.
Francesco Manfredi Selvaggi645 Posts
Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.
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