Una casa fatta a pezzi

di Francesco Manfredi-Selvaggi

O meglio in frammenti che in questo caso sono le sue componenti strutturali che qui ne analizziamo alcune

Parlare di solai significa parlare di un tema molto vasto, ci limitiamo qui, oltre che al campo delle murature, al caso, che ricorre nelle sale per ristorazione, per riunioni, ecc. della copertura con un impalcato piano di un ambiente ampio di forma, quella usuale, rettangolare: è evidente che il solaio è tessuto in senso trasversale all’andamento principale del vano. Altrimenti, data la cospicua lunghezza di questi spazi (quelli indicati all’inizio), superiore, a volte, di molto, alla loro larghezza, ci sarebbe bisogno di travi per sostenere il solaio. È, in definitiva, opportuno che il solaio sia teso nella direzione ortogonale alle pareti lunghe del locale perché l’interasse tra i sostegni verticali non deve misurare più di 5 metri, distanza che è consigliabile superare per i solai orditi in un unico verso.

Per luci più grandi quali sarebbero quelle da superare se fosse teso tra i lati corti, il solaio dovrebbe essere pluridirezionale, cioè una sorta di piastra, tecnologia poco in uso qui da noi, o dotato di incatenamento nel senso opposto a quello della sua orditura (in verità, una soluzione sarebbe pure quella di aumentare lo spessore, però ciò porta ad un aumento di peso). Questo al fine di limitare l’inflessione che compromette lo svolgimento delle attività previste in quel vano. I solai del tetto, invece, sono inclinati e quando i travetti sono paralleli alla falda per equilibrare la spinta occorre utilizzare dispositivi quali tiranti o catene che esercitano una reazione opposta.

Tornando ai solai piani va detto, per completezza, che i solai dei vari piani dovrebbero avere una direzionalità differente tra loro per contrastare il sisma da qualunque parte provenga. Con un continuo su e giù riprendiamo, l’esame del solaio del tetto e ci soffermiamo su una tipologia di copertura in voga, per ragioni estetiche, qualche decennio fa. In questo caso la quota delle falde è sfalsata per cui il cordolo di un lato non è in linea con quello opposto e, quindi, non si può ottenere una corretta cerchiatura dell’involucro murario. La trave di colmo poiché situata ad una quota superiore a quella dei cordoli che, invece, stanno lì dove si impostano le falde non è in linea con la cordonatura.

Il cordolo, pure se non efficace quale elemento di cerchiatura serve, comunque, ad evitare che i travetti del solaio poggino direttamente sulla muratura costituendo così carichi concentrati. Un nuovo punto che stiamo per affrontare è quello dei collegamenti verticali. Se la struttura della scala è appoggiata al muro e non con setti indipendenti indubbiamente si riduce la facoltà di movimento delle pareti che reggono i gradini durante un terremoto e, quindi, la dissipazione dell’energia tellurica, ma nello stesso tempo non sembra che la cella, il vano che la contiene, possa essere intesa alla stregua di un nucleo di irrigidimento.

Qualora, invece, lo fosse, per così dire, si potrebbe determinare uno squilibrio nella composizione strutturale se la posizione della scala fosse troppo sbilanciata in pianta, tale da allontanare eccessivamente il centro delle pressioni dal baricentro geometrico dell’opera. Un accenno ora alla pensilina che, qualche volta, sta a protezione dell’ingresso realizzata in c.a.: specie se profonda il vincolo da concepirsi per la congiunzione con la facciata deve essere l’incastro, in modo da assicurare la monoliticità tra tale corpo sporgente in cemento armato e il supporto che è la parete.

Una brevissima annotazione riguardante il sistema fondale: è obbligatorio eseguire i collegamenti tra le varie parti della fondazione e, perciò, pure con il muro di fondazione che funge anche da muro di sostegno negli edifici in pendio nel lato di monte. Nel caso delle strutture miste occorre connettere i plinti piuttosto che le travi rovesce, ambedue manufatti di fondazione propri dei sistemi costruttivi in c.a., con le opere fondali che stanno al di sotto dei setti murari.

Altro appunto è relativo agli angoli: se questi sono assai solidi potrebbero non essere indispensabili per assicurare il controventamento muri di spina quali quelli indicati nelle disposizioni tecniche del 1987 da realizzarsi ogni 7 metri; per ottenere ciò è richiesto che la struttura sia dotata di connotati di regolarità e presenti una certa simmetria tra le parti che compongono. Non solo in orizzontale, ma anche in verticale facendo si che tra due solai che si susseguono l’un sull’atro, l’interpiano non superi i 4 metri o tutt’al più i 5; identica distanza deve intercorrere tra le fondazioni e il piano impalcato.

Setti murari fortemente legati negli angoli e solai connessi alle stesse in modo rigido: in tal modo si fornisce una pluralità di direzioni lungo le quali le sollecitazioni si distribuiscono. L’obiettivo da perseguire per assicurare le resistenze al sisma è quello di realizzare una stringente continuità tra le varie componenti del sistema murario e ciò lo si può raggiungere organizzando l’organismo edilizio per cellule. Si è affrontata la tematica degli edifici con pareti portanti suddividendola in più parti senza alcuna pretesa di esaustività, bensì nella consapevolezza che gli argomenti da trattare sarebbero infiniti.

I fabbricati in muratura hanno una tradizione millenaria e durante tutto questo tempo sono state sperimentate tantissime soluzioni per adeguare dal punto di vista strutturale la scatola muraria. Vi è stato uno sforzo e una capacità di rinnovare che sorprende tanto più perché abbiamo la convinzione che le strutture a setti portanti siano tecnologicamente semplici. Per smentire tale errata opinione bisogna osservare le architetture storiche nelle quali sono state impiegate tecniche e materiali (non solo il mattone e la pietra!) diversissimi. La loro particolare conformazione che si differenzia per epoche storiche e per aree geografiche non permette di ricondurre le ricette costruttive utilizzate in abachi o codici; per tale ordine di ragionamento è impensabile una rassegna completa degli aspetti tecnici riscontrabili nei manufatti in muratura. Non è un atteggiamento rinunciatario, ma deriva dalla consapevolezza della complessità di questo “meccano” che è l’organismo edilizio in muratura.

Francesco Manfredi Selvaggi637 Posts

Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.

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