Prima che sia troppo tardi
di Umberto Berardo
Il sette gennaio 2019 abbiamo pubblicato un articolo titolato “Nodi al pettine” in cui facevamo rilevare come, nonostante le dichiarazioni ufficiali, cominciassero a emergere forti differenziazioni nel modo d’immaginare e di gestire la res publica tra Lega e M5S. Non ripeteremo qui le contraddizioni che a nostro avviso vivono i Grillini in un governo in cui masticano amaro rispetto agli ideali che il movimento ha sempre espresso nel corso del suo cammino fino alla vittoria nelle elezioni politiche del marzo 2018.
Chi legge i nostri scritti sa che siamo lontani dal M5S vuoi per una sua struttura costitutiva che a nostro avviso è lontana da una vera democrazia partecipata, ma soprattutto per una serie di scelte politiche errate che abbiamo sempre rimarcato con assoluta chiarezza e lealtà oltre che con onestà intellettuale. Nelle ultime settimane nuove questioni interrogano la classe dirigente di questo movimento e attengono alle posizioni che essa dovrà assumere al riguardo.
C’è una secca perdita di credibilità a livello internazionale soprattutto sul caso Venezuela, nei confronti dell’Europa e in particolare della Francia. Sull’organizzazione della sanità, in cui il M5S aveva sempre dichiarato di voler sostenere quella pubblica, le posizioni che sta esprimendo la ministra Grillo sembrano indirizzarsi verso idee fortemente neoliberiste. Sul voto circa l’autorizzazione a procedere per Salvini, indagato dal tribunale dei Ministri di Catania per sequestro di persona in relazione alla nave Diciotti, questione del tutto analoga ad altre sulle quali i parlamentari grillini si erano espressi sempre per il sì, oggi si cerca di menare il can per l’aia.
Aggiungiamo che da taluni si prospetta ora uno scenario giudiziario che, viste le loro dichiarazioni, potrebbe allargare a Di Maio, Toninelli e allo stesso primo ministro Conte l’iscrizione nel registro degli indagati. Infine occorre definire una posizione più netta da tenere nel Consiglio dei Ministri sulla richiesta di “Regionalismo differenziato” da parte di alcune regioni e che altro non è se non una forma mascherata di attuazione di una devoluzione secessionista e discriminatoria soprattutto sul piano economico destinata a ridimensionare i livelli essenziali di prestazioni e perciò a prevaricare nei diritti le popolazioni delle regioni più povere rischiando seriamente di spaccare il Paese con conseguenze inimmaginabili ma sicuramente gravi e pericolose.
In merito occorre riflettere con molta attenzione come a un Parlamento già fortemente ridimensionato dal voto di fiducia e dalla decretazione di urgenza non si può assolutamente impedire, come vorrebbe la Lega, d’intervenire apportando modifiche al testo di legge sul “Regionalismo differenziato”. Se passasse una tale linea, sarebbero negate contestualmente la democrazia e le istituzioni costituzionali deputate a realizzarla. Tra l’altro su alcuni di questi problemi politici il M5S non si esprime chiaramente e cincischia per lavarsi la coscienza con il solito escamotage della consultazione degli attivisti on line tramite la piattaforma Rousseau sulla cui affidabilità democratica e controllabilità stendiamo un velo suffragato da forti dubbi.
Scriviamo volutamente proprio nel giorno in cui si terrà tale richiesta di opinione comunque non dirimente. Il movimento dimentica così che una forza di governo, una volta assunto il potere, non rappresenta più solo gli iscritti, ma i milioni di elettori e l’intera cittadinanza; sono tutti questi ultimi allora da consultare in modo democratico e non unicamente i primi. Oltretutto è anche evidente come tale forza politica abbia ricevuto milioni di voti da cittadini che, pur non condividendo pienamente il loro modo di porsi e le finalità espresse, hanno tuttavia visto nel movimento qualche segnale di cambiamento nella metodologia operativa come in taluni obiettivi e lo hanno scelto nelle ultime elezioni politiche come una scialuppa di salvataggio o come uno dei mali minori.
A meno che non abbia occhi totalmente oscurati dalla voglia di mantenere il potere a ogni costo o non riesca a vedere la china discendente che vive sul piano dei consensi elettorali che risultano in caduta libera, i dirigenti del M5S dovrebbero prendere finalmente atto dell’errore marchiano fatto nel costituire un governo con la Lega di Salvini. A nostro modesto avviso, considerate le difficoltà post elettorali di creare un governo progressista e realmente democratico, avrebbero dovuto lavorare semplicemente per un ritorno immediato alle urne in un momento in cui tra l’altro avevano il vento in poppa.
La base, di cui conosciamo tra l’altro molti esponenti degni di grande stima ma forse troppo legati all’appartenenza o alle regole del movimento per esprimersi sempre liberamente, oggi appare perplessa e frastornata. Ci sono soggetti anche inseriti nelle istituzioni che per fortuna cominciano a interrogarsi rispetto all’abbraccio mortale sul piano politico nel quale si sono incamminati insieme a un partito come la Lega che li sta portando a condividere decisioni che sicuramente non appartengono alla base del M5S che non riesce a digerire l’inumanità di provvedimenti quali il Decreto Sicurezza, la chiusura totale e incondizionata dei porti, il ridimensionamento del lavoro degli Sprar, il regionalismo differenziato e il ventilato Decreto sulla Legittima Difesa.
Scrive opportunamente e con grande lucidità di osservatore politico Raniero La Valle che una forza politica in declino come la Lega si è trovata al governo e ha assunto posizioni dominanti attraverso un “processo per cui una minoranza prende il potere, ma non per virtù propria, bensì perché il sovrano glielo consegna, e si fa sgabello di tale alienato potere”. Ciò che sin qui è accaduto e quanto, abbondantemente annunciato, sta per accadere dovrebbero suggerire al M5S una decisione che non può essere procrastinata; occorre cioè in parole chiare staccare la spina al governo con la Lega prima che sia troppo tardi e si possano verificare continue debacle elettorali per il movimento grillino ma anche danni irreparabili per il Paese.
È una scelta a nostro avviso irrinunciabile e che tuttavia va preparata politicamente lavorando per cercare in merito relazioni di confronto costruttive con le altre forze politiche rinunciando perciò alle contrapposizioni sterili e grottesche che affiorano da più parti in Parlamento. Aspettare ancora significa aiutare la crescita dei consensi in favore della Lega e consegnare l’Italia a una Destra con una visione della società vicina al parafascismo dell’ “uomo forte” dei Paesi di Visegrad con cui si vorrebbe creare un’alleanza privilegiata e lontana anni luce dai concetti di una democrazia reale, di una solidarietà sostanziale e di un’uguaglianza piena dei diritti.
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