Vizi (dei) privati e pubbliche virtù

Nel campo della sanità in qualche modo le strutture private e le pubbliche sono equiparate. Qui si parla di quelle ospedaliere.

Si deve partire da un nuovo concetto che si è andato affermando nel campo della sanità italiana, anzi un nuovo principio che è quello della libera scelta del cittadino il quale per curarsi può optare per le strutture pubbliche o per le private, purché accreditate (l’accreditamento è la verifica dell’esistenza di particolari requisiti di qualità da parte della Regione). Ovviamente vi è sempre la facoltà di rivolgersi a aziende prive di riconoscimento regionale oppure a quelle con accredito senza rimborso da parte del servizio sanitario regionale per superare le liste d’attesa (dipende dall’accordo con la Regione) e, sempre pagando direttamente, a queste strutture quando esse hanno oltrepassato il tetto di spesa per le prestazioni stabilito a livello regionale; c’è, poi, la possibilità di recarsi fuori regione,ma questo è un capitolo che tralasciamo. È evidente che occuparsi di salute non è prerogativa esclusiva dell’ente pubblico, anche perché non avrebbe la forza sufficiente per farlo. I soggetti pubblici e privati non solo hanno pari dignità, ma la loro azione congiunta porta vantaggi nello sforzo per soddisfare il bisogno di assicurare la somministrazione delle cure alla popolazione. Il governo della sanità deve, comunque, essere unico e le regole che dettano i rapporti tra gli attori del sistema non possono che essere regionali.

Pure le decisioni della Regione alle quali devono adeguarsi i privati sono sottoposte a dei limiti condizionate come sono all’esigenza di contenimento della spesa. Viene effettuata, non potrebbe essere altrimenti, una differenziazione tra le entità curative pubbliche e le private, beninteso accreditate, per le quali solo sono definiti dei tetti all’erogazione delle prestazioni. In effetti, ciò può apparire una contraddizione rispetto a quanto detto sopra relativamente alla compartecipazione paritaria dei privati, ma le restrizioni finanziarie impongono limiti alla loro attività. Fino al raggiungimento dell’importo massimo loro assegnato in sede di stesura del bilancio sanitario regionale rimane, ad ogni modo, valida la logica della competizione pubblico/privato; non è più come una volta quando le strutture private convenzionate possono essere adite dai cittadini unicamente qualora quelle pubbliche non fossero state in grado di soddisfare la domanda di cura o, almeno, non con una tempistica adeguata. È opportuno rilevare, ancora per rimarcare l’uguale importanza tra entità private e pubbliche attribuita dal nostro ordinamento, che il corrispettivo economico per i servizi sanitari resi è identico ed è basato su un meccanismo per cui ad ogni prestazione corrisponde una tariffa.

La logica tariffaria è qualcosa di diverso dal finanziamento “tradizionale” alle aziende private perché è legata al concetto che il pagamento della Regione avviene sulla base delle attività svolte (e documentate!) da queste imprese, inducendo, peraltro, ad atteggiamenti gestionali più responsabili. La tariffa è calcolata tenendo conto insieme al costo dell’intervento (o esame diagnostico) eseguito in regime di ricovero delle spese che l’ospedale deve sostenere per permettere che tale intervento possa essere effettuato e tutto ciò che è connesso al funzionamento delle strutture ospedaliere. Le spese ricomprendono tante fattispecie che nel caso dell’ospedale pubblico sono sicuramente in numero superiore se si tiene conto che ad esso spetta garantire l’emergenza tanto ospedaliera, il Pronto Soccorso, quanto territoriale, il 118 e l’elisoccorso, la rianimazione se non, non qui da noi, i trapianti. Quelli appena enumerati rappresentano voci di costo elevatissime che i privati né vogliono né possono sostenere. Pure sulla scorta di queste argomentazioni si giustifica la presenza dei “tetti”. Si è parlato finora di privati accreditati i quali costituiscono un mondo molto ampio e molto variegato. Per quanto riguarda il primo punto bisogna dire che essi, per quanto riguarda l’assistenza ospedaliera, costituiscono il 30% di tutta l’offerta presente in Italia.

Si coglie una forte differenziazione fra le aziende in relazione alla loro grandezza. Nella nostra regione vi è una ristretta quantità di soggetti privati di dimensioni consistenti, cioè Neuromed e Cattolica, e un significativo numero di imprese del campo sanitario minori; le une si caratterizzano per il livello di specializzazione (la Neuromed la neurologia, la Cattolica l’oncologia e la cardiologia), le altre (Villa Maria, Villa Este, ecc.) hanno una missione si può dire generalistica, senza cioè una determinata specialità. Una eterogeneità che connota pure la loro localizzazione per la quale non si coglie la presenza di un disegno unitario; esse non sono certo il frutto di una programmazione e del resto questa non sarebbe potuto esserci trattandosi di imprese private. La loro ubicazione geografica è dipesa da vicende contingenti come la presenza dello spirito imprenditoriale di un medico che le ha fondate (Gino Di Biase per Villa Ester e Mario Sabelli per Villa Maria, rimanendo agli esempi che si è citato). Per quanto riguarda i due principali soggetti privati, la Neuromed e la Cattolica, sono ormai saldamente inseriti all’interno del sistema sanitario regionale e nello stesso tempo rappresentano strutture di riferimento nazionale tanti sono i pazienti che provengono da fuori regione, non solo dagli ambiti regionali confinanti.

In qualche modo, tale inclusione sembra essere obbligatoria perché tali aziende forniscono un supporto rilevante alla sanità molisana, i servizi offerti se non complementari sono sicuramente rafforzativi nel campo delle materie che trattano di quelli forniti dagli ospedali pubblici. Nell’istituto di Pozzilli si produce pure ricerca la quale poiché avviene a contatto con i casi clinici può portare all’individuazione di protocolli di assistenza innovativi per le patologie studiate tra cui ve ne sono alcune ricorrenti nelle comunità molisane. Seppure non del tutto monotematici queste realtà hanno sviluppato particolarmente alcune discipline mediche per le quali sono riconosciute centri di eccellenza. In esse vengono affrontate casistiche connotate da gradi di severità elevati accrescendo per queste le potenzialità di cura dei molisani. Vi è anche un risvolto economico in tutto ciò, anzi un duplice risvolto, da un lato, che i nostri corregionali possono evitare gli onerosi “viaggi della speranza” e, dall’altro, che l’attrazione esercitata coinvolge verso il Molise molte persone, i pazienti, innanzitutto, e il personale che opera in queste strutture.

Francesco Manfredi Selvaggi645 Posts

Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.

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