La scuola italiana e le possibili ridefinizioni strutturali e metodologiche
di Umberto Berardo
C’è chi sostiene che il sistema scolastico italiano è tra i migliori al mondo, ma ci sono altre opinioni come quella di Paolo Crepet il quale in una dichiarazione al vetriolo afferma che il livello dell’istruzione da noi è talmente scaduto al punto che “al giorno d’oggi basta respirare per essere promossi”; taluni addirittura asseriscono che l’appiattimento nelle valutazioni degli studenti starebbe eliminando il merito al punto che perfino l’università in tante sedi rischia di diventare un “laureificio” non in grado più di trasmettere e costruire sapere né di formare competenze, creatività e spirito critico.
Per vedere dove si trova la verità in merito proviamo a osservare la realtà così come si manifesta. Che le riforme del sistema scolastico italiano realizzate nel corso degli anni abbiano prodotto un miglioramento del diritto allo studio con l’estensione dell’obbligo appare un dato difficilmente smentibile; infatti la scuola da noi è sicuramente uno strumento inclusivo di emancipazione non solo per gli italiani ma anche per gli stranieri. L’Italia in ogni caso è al penultimo posto in Europa per numero di laureati con il 26,2% contro il 39,1% della media europea.
L’altro grande problema, anche per le persone altamente qualificate, è rappresentato dalla difficoltà del passaggio dalla scuola al mondo del lavoro e tale fenomeno, secondo la Commissione Europea, sarebbe all’origine della cosiddetta fuga dei cervelli; infatti il tasso di occupazione dei neodiplomati è appena del 52,9% contro il 78,2% europeo, mentre è del 72,8% per i laureati di primo livello e dell’83,1% per quelli di secondo livello.
L’invecchiamento del corpo docente, che è al di sopra dei cinquant’anni con punte molto elevate pari al 61% nella scuola secondaria di secondo grado, può costituire un problema soprattutto quando non si provvede a un aggiornamento periodico di livello universitario. Secondo le indagini PISA e PIAAC dell’OCSE, che confrontano il livello d’istruzione degli adolescenti nei Paesi maggiormente industrializzati, il sistema scolastico italiano risulta essere tra i migliori al mondo quanto al superamento del divario nella formazione scolastica tra persone abbienti e poveri fino alla scuola secondaria di secondo grado, mentre si torna nella media degli altri Paesi per l’accesso all’Università dove gli sbarramenti in entrata e il costo di talune sedi costituiscono davvero difficoltà nella realizzazione dell’art. 34 della Costituzione Italiana; quanto poi agli abbandoni scolastici e alle competenze nella lettura, nella comprensione, in matematica e scienze, nonostante i progressi siamo sotto la media OCSE con una variazione territoriale sempre più negativa dalle regioni settentrionali a quelle meridionali.
In Italia negli ultimi anni ci sono stati diversi tentativi di riforma nel settore dell’istruzione, ma alcuni, come quello denominato “Buona Scuola” del governo Renzi, hanno finito per ingessare il sistema affermando il principio della competizione, verticalizzando sempre più i poteri e ridimensionando la libertà d’insegnamento e i processi democratici nelle funzioni degli organi collegiali.
L’attuale governo giallo-verde, in una scuola che pare sempre più simile per molti a un parcheggio piuttosto che a un’attività di ricerca culturale e di formazione, invece di preoccuparsi d’immaginare riforme di tipo strutturale, didattico, metodologico e relative alla formazione del personale e al controllo rigoroso delle attività e dei risultati, imbocca la strada di una “riformina” dell’esame di maturità che a nostro avviso lo svilisce nella riduzione delle prove, nell’attribuzione assurda dei punteggi e nell’eliminazione della tesina, che potrebbe essere, se controllata, una forma di elaborazione originaria da parte degli studenti.
Contro tale riforma e una strutturazione ancora arcaica della didattica si sta ora ponendo l’Unione Degli Studenti cercando di allargare in merito il confronto. In realtà la scuola italiana ha sicuramente bisogno di essere ridefinita nella struttura e nella metodologia, ma seguendo le indicazioni pedagogiche di studiosi impegnati nella ricerca e l’esempio di nazioni come Finlandia, Estonia, Polonia, Paesi Bassi e Svizzera che risultano ai primi posti per i risultati degli alunni nelle indagini PISA dell’OCSE.
Occorre anzitutto dare al sistema scolastico italiano insegnanti preparati e ben retribuiti in grado di garantire più tempo al lavoro di ricerca come a quello frontale di formazione e di sostegno agli alunni. Non si tratta solo d’iniziale selezione severa e qualificata ma anche di aggiornamento periodico di livello universitario. La scuola ha bisogno poi di essere costantemente monitorata e in tale direzione le prove INVALSI rappresentano uno strumento davvero poco affidabile.
Importante è rivedere l’articolazione giornaliera, settimanale e annuale delle ore di lezione aumentandone il numero, riducendo invece e pianificando diversamente i giorni di vacanza. Se si vuole organizzare una scuola sempre più intorno agli alunni, è necessario, già a livello di scuola secondaria, strutturare i piani di studio suddividendoli in corsi obbligatori e facoltativi con la massima libertà di scelta da parte degli allievi.
In tale direzione talune materie, ora disgiunte, potrebbero essere insegnate assieme in un’ottica interdisciplinare, mentre altre, come le lingue straniere, andrebbero potenziate inserendo nella scuola pubblica tutti i test di verifica del loro possesso che ora sono in mano al business dei privati.
La ristrutturazione delle discipline, dei loro contenuti e degli strumenti di lavoro richiede una visione complessiva della formazione degli alunni non solo sul piano delle competenze, delle abilità, dello spirito critico, della cittadinanza attiva ma anche in ordine all’affettività oggi completamente assente nei piani di studio. Siamo tra i Paesi europei con il più basso indice di spesa per studente rispetto al PIL; dunque avremmo bisogno di destinare alla scuola sempre più risorse per pagare meglio il personale, ma soprattutto per rendere più sicuri gli edifici e per migliorare strumenti e dotazioni.
Di fronte al quadro sopra delineato è evidente che il nostro sistema scolastico va monitorato costantemente per migliorarlo con riforme le quali, piuttosto che ammiccare alla genericità e alla superficialità, spingano verso una formazione di alto valore sul piano dell’istruzione e dell’educazione della persona.
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