Prima Usl, poi Asl, ora Aserm
di Francesco Manfredi-Selvaggi
In 40 anni non è cambiata solo la denominazione, ma pure la mission della struttura preposta alla nostra salute
La storia del Servizio Sanitario Nazionale è lunga oltre 40 anni perché nasce nel 1978 con la Riforma Sanitaria. Ne è passata di strada da allora e in questo periodo così ampio vi è stata pure, a partire dalla fine del secolo scorso, anche una mutazione genetica. Alcune cose fondamentali sono però rimaste a cominciare dall’aumento della popolazione assistita dando attuazione al principio costituzionale (art. 38 della Carta) che la salute è un diritto dei cittadini; insieme a ciò si è andata acquistando consapevolezza che in una società moderna l’integrità fisica delle persone, intese anche come lavoratori è quindi produttori di reddito, è interesse della collettività.
Non è stata, comunque, una questione economicista, bensì motivazioni di tipo culturale, se non ideologico, a spingere all’emanazione della Riforma Sanitaria, la L. 833 del ’78. In quanto riconosciuta quale diritto la sanità diviene oggetto di rivendicazioni da parte di movimenti giovanili, sindacati, ecc. dando luogo ad un serrato dibattito pubblico e a manifestazioni di denuncia delle carenze del servizio (ancora oggi vive). Per i giovani deve essere davvero incredibile il resoconto di quanto succedeva molto meno di mezzo secolo fa quando l’assistenza era garantita solo per la cura della malattia di cui l’individuo in quel momento soffriva, mentre non vi era alcuna azione da parte delle istituzioni pubbliche per tutti gli altri campi dei quali attualmente si occupa il servizio sanitario; non vi erano, infatti, iniziative a favore della prevenzione, salvo le vaccinazioni obbligatorie e la riabilitazione.
La gestione della protezione della salute non era unitaria neanche sotto l’aspetto dei soggetti che si occupavano di erogare servizi per la sanità, dalle mutue all’INPS all’INAIL. Per i più poveri il sistema mutualistico era sostituito dal medico condotto. Quest’ultimo svolgeva anche la funzione di ufficiale sanitario nei comuni al di sotto dei 20.000 residenti, quindi anche in centri, quelli di 19.999 unità, non piccolissimi e ciò evidenzia la limitata attenzione che si aveva in quel tempo per l’igiene pubblica. A una scala superiore, che è la Provincia equiparabile a quella dell’Asrem unica molisana, perché prima vi era solo quella di Campobasso vi sono il medico provinciale e il laboratorio di igiene e profilassi che evolverà in presidio multizonale (sempre di igiene e profilassi) e poi in Arpa sviluppando così progressivamente, il suo indirizzo ambientale.
Sempre per capire la frammentazione delle competenze si richiama la presenza dell’ONMI a protezione delle fasce deboli costituite dalle madri e dai bambini, di cui rimane il ricordo nel capoluogo regionale per via dell’edificio di stile razionalista nel quale aveva sede. Questo modo viene inesorabilmente a cadere e ad essere sostituito, con la Riforma Sanitaria, dalle USL, che dapprincipio si denominano USSSLL che per esteso si legge unione socio sanitari scolastici locali (la doppia elle è il plurale). L’ambizione iniziale erra quella di integrare la materia sanitaria con quella sociale e, financo, con quella scolastica.
L’idea, poi, era quella di aggregarle con le Comunità Montane, ovviamente per i territori di montagna, e altrove considerarle la base per la costituzione dei «comprensori» che, però, qui da noi, tanto favoleggiati, non hanno mai visto la luce. Pure per televisione le USL vengono rette da politici e la struttura di governo è il Comitato di Gestione composto dai rappresentanti dei Comuni inseriti nell’Unione e, dunque, un po’ «ente di secondo grado» mancando l’elezione diretta dei componenti dell’organo decisionale; si può ben vedere come siamo lontani dall’ottica del management che si è imposta più tardi. Dalle USL il passo non è molto lungo per arrivare alle ASL le funzioni delle quali sono essenzialmente sanitarie elencabili utilizzando le parole chiave prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione.
Nel 2005 si ha l’ultimo passaggio che è la funzione delle 4 ASL molisane nell’ASREM la cui dimensione viene a coincidere con il territorio regionale. Essa non va letta come una mera operazione di ingegneria istituzionale perché risponde ad un’esigenza concreta, quella di una gestione unitaria delle attività sanitarie. Lo scopo è, da un lato, quello di razionalizzare l’offerta di strutture di cura e, dall’altro, è quello di conseguire risparmi nell’acquisto di beni e di forniture assistenziali. Il Molise è poco più di 300.000 abitanti, ben al di sotto dei 437.000 che è la grandezza media delle ASL in Italia.
È giustificabile, comunque, la sua esistenza sia perché altrimenti, è scontato, ci sarebbe stata la necessità di fondersi con ASL di regioni confinanti sia per la bassa densità abitativa del Molise unita alla complessità orografica che rende difficili le comunicazioni, fonte di difficoltà per raggiungere le strutture per la sanità. La nostra situazione è isolata nel panorama nazionale avendo una sola azienda sanitaria pure la Valle d’Aosta e le due Province Autonome di Trento e Bolzano; una scelta simile la ha fatta le Marche pur non essendo affatto un’entità regionale di superficie e popolazione ridotta e la si cita per dire che non vi sono criteri obiettivi per delimitare le ASL.
Si sarà notato, di certo, che si è passati da Unità ad Azienda nel passaggio da USL ad ASL e ciò non è da poco per cui vale la pena sottolinearlo in quanto si sta iniziando la strada dell’aziendalizzazione la quale connota in maniera forte la sanità dei nostri giorni. Non è, però, l’unico termine utile per descrivere i cambiamenti che si sono avuti quello dell’aziendalizzazione poiché accanto ad esso occupa un posto importante il vocabolo regionalizzazione.
In principio, quasi da sempre, le competenze in materia sanitaria erano in capo ai Comuni dei quali le USL potevano essere ritenute una sorta di braccio operativo (abbiamo visto prima che i gestori delle USL erano dei delegati delle amministrazioni comunali, un tot nominati dalla maggioranza ed un tot dalla minoranza). Il Sindaco rimane l’autorità sanitaria a livello locale, ma un ruolo crescente lo vanno acquistando le Regioni che, nate agli albori degli anni 70, man mano vanno crescendo; pur non potendo scavalcare i «primi cittadini» esse cominciano a diventare attori decisivi sul fronte della sanità.
Francesco Manfredi Selvaggi645 Posts
Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.
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