La politica che ci piace coltiva un nuovo umanesimo
Riceviamo e volentieri pubblichiamo un intervento di Elena Annibali, dell’Associazione Pepe Mujica di Arezzo relativo allo scontro fra la nave Mare Ionio che ha salvato 49 persone in mare e il Ministro degli Interni
di Elena Annibali (Associazione Pepe Mujica di Arezzo)
Il supporto della nostra associazione alla Mare Jonio: una riflessione sui significati dell’ “Azione Politica” dopo l’incontro del 7 marzo tra l’associazione Pepe Mujica di Arezzo e gli attivisti di Mediterranea Rescue
La Mare Jonio di Mediterranea Saving Humans, nave battente bandiera italiana impegnata nella missione di monitoraggio del Mediterraneo centrale finanziata attraverso le donazioni di centinaia di attivisti, centri sociali, associazioni, movimenti e singoli parlamentari, ha preso il mare da pochi giorni quando, lo scorso 18 marzo, effettua la sua prima azione di salvataggio, soccorrendo 49 persone di cui 12 minori che si trovano a bordo di un gommone da due giorni, in quel momento in avaria.
La Mare Jonio recupera i migranti e fa subito rotta verso l’Italia, mentre una perturbazione si avvicina velocemente e le onde arrivano ben presto a due metri e mezzo di altezza. La Guardia di Finanza intercetta l’imbarcazione e chiede al capitano, ex pescatore, di fermare i motori. Questi disattende l’ordine perché le condizioni meteo mettono l’equipaggio “in pericolo di vita” e continua a navigare verso l’isola italiana.
Il giorno successivo l’imbarcazione attracca al porto di Lampedusa ed i migranti vengono fatti subito sbarcare, perché, spiega Salvini ai suoi e al Paese, “questo è l’unico modo per poter mettere la nave sotto sequestro probatorio”.
Il vicepremier accusa Mediterranea di aver portato avanti un’”azione politica gestita da elementi dell’estrema sinistra, alcuni con precedenti penali, che ha messo a rischio la vita delle persone”. Quindi, non manca di evocare “le manette” per tutto l’equipaggio.
Al momento in cui scriviamo (22 marzo), l’imbarcazione è ancora sotto sequestro ed il Capitano (quello vero, quello della Mare Jonio) è indagato per favoreggiamento all’immigrazione clandestina e rifiuto di obbedienza a nave militare.
Al di là delle considerazioni su chi mette a rischio la vita di chi e sull’opportunità di sequestri ed indagini mentre altre persone affogano in mare, è l’utilizzo da parte di Salvini dell’affermazione “azione politica” in senso dispregiativo e denigratorio, ma assolutamente non chiaro, che deve essere analizzato.
Innanzi tutto: È quella di Mediterranea un’azione politica? E di che tipo?
Riprendendo concetti basilari della filosofia politica, dai classici greci a quelli del Novecento, dobbiamo prima di tutto definire concettualmente ed in maniera univoca l’agire politico e questo può essere fatto solo fissandone le categorie dell’azione, perciò facendo una scelta. In questo senso, scegliamo Platone, secondo il quale “politica” è ogni azione diretta a rimuovere tutti gli ostacoli alla realizzazione del bene comune, tale da dare un valore ideale e non una motivazione di convenienza alle scelte compiute.
Stando a questa definizione, l’operazione Mediterranea Rescue, cioè la messa in mare di una nave battente bandiera italiana attraverso un prestito di Banca Etica poi ripagato con il crowdfunding, così come la decisione del capitano (sempre quello vero) di continuare a navigare verso Lampedusa, sono state azioni fortemente politiche.
Ciò, non perché abbiano messo a rischio la vita delle persone per ottenere non ben precisati obiettivi contingenti, ma proprio perché dettate da un’idealità di fondo volta alla realizzazione del bene comune: l’umanitarismo e cioè, citando banalmente Wikipedia, “la profonda convinzione dell’uguale dignità di tutti gli esseri umani, e dell’obbligo universale di alleviare la sofferenza, e di assicurare a chiunque il rispetto dei suoi diritti fondamentali e la risposta ai suoi bisogni essenziali”.
Di umanitarismo e di rinnovato internazionalismo, quindi delle tante risposte all’insicurezza globale che luminose si elevano ad azioni politiche della società civile in questi anni bui, ponendo un argine all’avanzata dell’intolleranza, del nazionalismo e di tutta la gamma di nuove fobie e fascismi, abbiamo parlato ad Arezzo soltanto una decina di giorni prima dei fatti narrati, per la precisione il 7 marzo, quando due attivisti di Mediterranea sono stati invitati dall’Associazione Pepe Mujica in Feltrinelli per raccontare la loro storia di disobbedienza morale e di obbedienza civile.
Il racconto si è trasformato in scambio costruttivo con la platea presente e le domande anticipavano già i fatti del 18 marzo: “Che cosa succederà quando salverete le prime persone?”, “Il fatto che battete bandiera Italiana avrà un impatto?” “Avete un piano?”. Prima ancora delle futili accuse del ministro degli interni, i rappresentati di Mediterranea avevano risposto al pubblico aretino: “Vedremo. In ogni caso, siamo consapevoli che la nostra è un’azione politica. Salvare vite umane è un’azione politica”.
L’Affaire Mediterranea è quindi uno dei tanti ambiti dove il potere sta assegnando significati arbitrari, mistificatori, onde fomentare l’idea che fare politica attiva, appunto, sia qualcosa di negativo, contro il popolo, dettato da interessi personali e calcoli contingenti di non ben precisata natura.
I nazionalisti, i razzisti, i neo-fascisti e molte personalità tra coloro che appoggiano “Porti Chiusi” dichiarano senza pensarci due volte che l’operazione Mediterranea “è un atto politico” proprio in questo senso accusatorio.
D’altro canto, la confusione sopra e sotto il cielo è tale che si affrettano invece a negare idealità (e quindi intento politico) a ben altri tipi di azioni, come gli attentati compiuti da elementi dell’estrema destra. Dalla strage di Utoya all’assassinio di Jo Cox, da Alexandre Bissonnette in Canada a Luca Traini in Italia, si è sempre trattato, per alcuni precisi pensatori, politici e analisti, di casi isolati.
Ultimo esempio in ordine di tempo, quello dell’attentato in Nuova Zelanda, dove lo scorso 15 marzo un “uomo bianco qualunque” uccide 50 persone utilizzando armi con scritti in bella vista i nomi dei suoi ispiratori.
Gli Italiani citati sono due: il Doge Sebastiano Venier che sconfisse i turchi a Lepanto nel 1571 ed il candidato leghista Luca Traini, autore della sparatoria di Macerata. Neanche a dirsi, il legale di Traini si è affrettato a dichiarare a poche ore dalla strage che “non c’è assolutamente alcuna attinenza. La mamma degli imbecilli è sempre incinta in tutti i paesi del mondo”.
Il legame, invece, c’è eccome poiché, anche in questo caso, c’è una chiara matrice ideologica alla base di azioni portate avanti con la convinzione di perseguire il bene comune.
L’autore dell’attentato di Christchurch ha addirittura pubblicato on line un manifesto politico ben preciso, che parla di sostituzione etnica e di etno-nazionalismo e che giustifica la violenza in maniera ideologica, citando tra i suoi simboli ed ispiratori lo stesso Trump.
Una nota di analisi merita infine la precisa volontà di spettacolarizzazione degli attentatori di destra, così simili ai Jihadisti in questo come in altri frangenti, cercata con il fine di aumentare la diffusione del messaggio estremistico e la possibilità di emulazione. L’azione politica risulta così ancora più chiara, in quanto non solo mossa da un’idealità, ma anche perché volta a modificare il comportamento altrui, purtroppo con successo.
A questo proposito un rapporto dell’FBI del novembre 2018 sottolinea come, solo negli USA, i crimini di odio sono aumentati del 17% nel 2017. La stessa cosa accade in Italia: nel 2017, i reati di odio comunicati a Odihr dalle Forze dell’ordine sono stati 1048 (in costante aumento dal 2013 in poi), dei quali ben 828 (quasi raddoppiati rispetto al 2016) sono quelli che hanno alla base un movente razzista e xenofobo.
A proposito di tentativi di de-politicizzazione, ma più di tutto a proposito di narrazioni dominanti e tentativi maldestri di salire sempre sul carro dello spettacolo che prende più like, citiamo infine – a difesa della sua e della collettiva memoria – il caso riguardante il martirio di Lorenzo Orsetti, anarchico fiorentino e uomo di immenso cuore internazionalista, arruolato nello YPG e ucciso dall’Isis il 18 marzo.
Salvini, in quella stessa data, pubblica un tweet raccapricciante: “Una preghiera per Lorenzo e disprezzo per i suoi infami assassini”.
Questa dichiarazione sconsiderata, ci sembra la più adatta per chiudere il discorso sull’”azione politica” formulando una chiara presa di posizione: un’azione politica è tale se persegue il bene comune, che oggi più che mai è per noi l’umanitarismo. Riteniamo quindi vergognosa la manipolazione di significati e significanti con il fine, da un lato, di infangare chi agisce nel segno dell’ideale umanitaristico e del bene comune, dall’altro di togliere valore ideologico all’odio razziale diffuso. In questo senso, è altrettanto intollerabile l’appropriazione mediatica dell’uccisione di Orso, perché la si spoglia del suo valore politico, assoluto e ideale.
Sono le azioni politiche come l’operazione Mediterranea, come la lotta internazionalista in Kurdistan che perseguono ciò che per noi è davvero il bene e che, quando raccontate, cambiano in meglio anche le visioni e l’agire altrui.
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