Stessi diritti, sanitariamente parlando
Francesco Manfredi-Selvaggi
Quello alla salute è un diritto che va garantito ad ogni cittadino, ovunque residente. Certo, c’è il problema dei costi che per il Molise è assai rilevante.
È nella sanità che si ha l’unica applicazione tra tutti i settori della pubblica amministrazione del concetto di LEA, acronimo che sta per livelli essenziali di assistenza. Attraverso i LEA si misura l’efficacia, se non l’erogazione, delle prestazioni sanitarie fornite alla popolazione. I LEA sono elencati in un questionario che ogni Regione annualmente deve compilare al fine di avere un quadro completo dello stato di salute, non a caso si usa la parola salute, del servizio sanitario in Italia. I LEA, da un lato, servono a conoscere la situazione e, dall’altro lato, a programmare azioni per ottenere una uniformità di trattamento in materia sanitaria dei cittadini, ovunque siano residenti.
Per tale ragione la definizione dei LEA spetta, perché garantisce l’uniformità a livello nazionale, allo Stato, così come il loro aggiornamento negli anni: la prima scheda LEA è degli inizi del 2000, quella attuale risale al 2017 modificata rispetto alla precedente (nel 2020 entrerà in vigore una nuova) perché contiene ulteriori campi relativi a nuove cure le quali con il loro inserimento nei LEA diventano automaticamente obblighi di somministrazione per le amministrazioni regionali e diritto per i cittadini di accesso a tali trattamenti curativi.
Quanto appena esposto è nel suo senso più profondo, il significato dei LEA. Va, inoltre, detto che essi non sono imposizione ministeriale perché la loro definizione è frutto di un accordo con le Regioni in uno dei diversi tavoli concertativi che caratterizzano il mondo della sanità. C’è “un” LEA che ha difficoltà ad essere rispettato ed è quello delle liste di attesa per il quale il Ministro della Salute poco tempo fa ha emanato un apposito provvedimento teso a ridurre i tempi per la visita medica ora assai lunghi.
In verità vi sono anche altri tempi di attesa per l’assistito che a volte deve stazionare a lungo in ospedale per l’effettuazione di analisi diagnostiche propedeutiche ad un intervento chirurgico oppure per essere dismesso: ciò impone di dover migliorare i flussi in ambito ospedaliero, fatto che, peraltro, serve all’economizzazione. Il Molise fatica molto per adempiere ai LEA i quali, lo abbiamo visto, costituiscono delle prescrizioni sia pure scritte in forma, per così dire, indiretta; il questionario per via degli indicatori che contiene può essere letto come una sorta di decalogo da seguire.
L’affanno della nostra regione per raggiungere gli obiettivi indicati dai LEA è dovuto al disavanzo finanziario che nel periodo tra il 2001 e il 2007 la ha portata ad essere la peggiore in riferimento al bilancio del settore sanitario. Ciò ha obbligato il Molise, ormai da un decennio, ad attivare il contenimento della spesa con la supervisione di un Commissario ad Acta, figura fino a poco fa coincidente con il Presidente della Giunta. Nonostante le addizionali regionali il Molise, insieme alla Sardegna, stenta a raggiungere il pareggio dei conti e per fortuna che sono realtà regionali piccole, non in grado perciò di mettere in pericolo l’equilibrio economico del sistema sanitario nazionale.
La spesa per la sanità ha subito un processo di regionalizzazione con il ruolo dello Stato quale compensatore dei deficit. Quella di cui abbiamo parlato finora può essere definita, in qualche modo, la spesa corrente, cioè i soldi necessari per garantire il funzionamento delle strutture sanitarie. Nello stesso tempo sono necessari finanziamenti per l’ammodernamento degli apparati tecnologici, inevitabili perché vi è una costante evoluzione dei macchinari sanitari. Sono acquisti non programmabili perché l’avanzamento tecnico avviene, a volte, in modo repentino e, soprattutto, imprevedibile.
Vi è poi la questione dell’adeguamento strutturale degli edifici ospedalieri a causa dei cambiamenti nella normativa sismica, tanto più importante in quanto l’ospedale deve rimanere agibile in occasione di un terremoto. Il Piano Operativo Straordinario 2014-2018 finalizzato al rientro del disavanzo contiene, in effetti, anche la previsione delle somme necessarie per adeguare tali manufatti.
Il POS non può essere definito un vero e proprio piano sanitario regionale sia per le modalità seguite per la sua approvazione da parte della struttura commissariale che non ha coinvolto il Consiglio Regionale sia perché programma esclusivamente l’allocazione delle risorse economiche sulle attrezzature pubbliche senza tenere in conto il contributo delle strutture private nell’impegno profuso di salvaguardare la salute dei molisani (se non per la faccenda dell’accorpamento tra Cardarelli e Cattolica motivato dall’esigenza, innanzitutto, di ridurre i costi gestionali di entrambi).
Queste ultime, le principali, si caratterizzano per la loro vocazione monospecialistica: la Neromed ha un indirizzo neurologico, la Cattolica essenzialmente si occupa di cardiologia. È da dire, innanzitutto, che ciò non può essere considerato, in pratica, una duplicazione di attività trattandosi di discipline presenti negli istituti di cura pubblici in quanto in tali aziende private, appartenenti tra l’altro al settore del no profit, si trattano casi, tendenzialmente, con un grado di severità maggiore. Specie per la Neuromed ciò è legato al suo essere un centro di ricerca la quale viene condotta in maniera congiunta all’assistenza medica, cioè, per intenderci, senza subordinazione dell’una all’altra.
Non va, poi, trascurato il valore della competizione tra pubblico e privato. Pure le aziende private occorre che non siano svincolate dalla rete assistenziale che il POS disegna a scala di Distretto. L’assistenza territoriale per il malato è altrettanto importante del ricovero ospedaliero; se per la fase acuta, ai fini, mettiamo, dell’erogazione di una prestazione chirurgica, è necessario l’ospedale, il completamento dell’iter curativo avviene a seconda della prescrizione che si impartisce in centri di riabilitazione, Residenze Sanitarie Assistite o a domicilio.
Si pensi, quale esemplificazione limite, ad una patologia di tipo cronico (incidentalmente, appunto fra parentesi, si fa notare che richiedendo ricoveri ospedalieri in tempi ravvicinati la relativa SDO è a “rischio di inappropriatezza”) per la quale rappresenta solo un momento, seppure fondamentale, quello dell’ospedale nel percorso curativo avendo necessità di una assistenza continuativa di cui prendono carico, su base distrettuale, altre strutture. Nei LEA si tiene conto di tutto ciò per cui occorre attrezzarsi secondo opportune modalità pur in presenza delle ristrettezze economiche delle quali stiamo soffrendo che è, poi, dare l’attuazione alla configurazione organizzativa prevista dal POS.
Francesco Manfredi Selvaggi645 Posts
Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.
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