Family Day di Verona, uno spettacolo raccapricciante
di Anna Maria Di Pietro
Annunciato in “pompa magna” come un evento prodigioso, si è concluso di recente, a Verona, il “Congresso Mondiale delle Famiglie”, un summit pubblico internazionale, con l’obiettivo di creare una rete tra leader politici, organizzazioni e famiglie, per celebrare e difendere la famiglia “tradizionale”, considerata unico pilastro su cui si possa fondare una società “sana”. C’è stata una larga partecipazione dovuta anche a una campagna pubblicitaria che, negli ultimi anni, ha mutato veste, in cui i movimenti “pro life” non sottolineano più gli aspetti negativi di ciò che avversano, ma mettono in risalto la bellezza di ciò che difendono: il matrimonio eterosessuale, l’importanza dei diritti dei bambini, la necessità della tutela giuridica della vita e della famiglia.
Insomma, una propaganda addolcita da messaggi positivi. Così, sono scese in piazza le famiglie “perbene”, quelle con un papà, una mamma e dei figli, quelle “regolari”, appoggiate da leader politici, italiani e stranieri, teoconservatori americani, patriarchi, vescovi, suore e movimenti di estrema destra. Però, questo evento, che esaltava l’amore delle famiglie felici, tipo “Mulino Bianco”, le sole portatrici di valori solidi, si è rivelato gravemente lesivo di quei diritti umani fondamentali, quali la libertà e l’uguaglianza. Durante i tre giorni dell’evento, infatti, si è assistito a una sorta di spettacolo raccapricciante, dovuto ad azioni e dichiarazioni abominevoli.
Frasi del tipo “L’aborto è un omicidio e attira la punizione divina”, sono state pronunciate sia dai manifestanti che da rappresentanti della Chiesa e, come se non bastasse, a rincarare la dose ci hanno pensato i gadget in plastica rappresentanti un feto di dieci settimane, chiuso in una busta di plastica riportante la scritta “l’Aborto ferma un cuore che batte”. Una delle cose più brutte viste negli ultimi tempi. Cattivo gusto, misto all’ intenzione, affatto velata, di incutere terrore e frustrazione.
Un ritorno alla Santa Inquisizione, a quel clima di chiusura tipico del Medioevo, quando si vendevano le indulgenze e venivano lanciati anatemi. Per non parlare del duro attacco alle famiglie omosessuali, una realtà che, secondo i “benpensanti”, deve essere combattuta per il bene dei bambini. Una manifestante, addirittura, ha parlato di Sodoma e Gomorra. Ecco, allora, spuntare testi e libri su come dovrebbe essere la famiglia. Tra questi, anche una fiaba dal titolo “Il segreto della felicità? Una mamma e un papà”, che racconta, con tanto di illustrazioni, la vita infelice di alcuni bambini figli di coppie omosessuali, contrapposta a quella rosea di Carla, bambina portatrice e rivelatrice di un grande segreto: la sua felicità dipende dal fatto che lei ha una mamma e un papà.
L’autrice, soddisfatta della sua opera, augurandoci che sia l’ultima, durante un’intervista ha spiegato che la favola è rivolta agli adulti e che proprio questi ultimi le hanno chiesto di scriverla per aiutarli a spiegare ai loro figli l’infelicità di eventuali compagni di classe con due papà o due mamme. E vogliamo parlare degli striscioni esibiti dai gruppi di estrema destra che ripotavano lo slogan, di chiara matrice fascista, ripreso anche dalla Meloni, “Dio, Patria e Famiglia”? E Matteo Salvini, poteva forse farsi scappare l’occasione, anche in vista delle imminenti elezioni europee? Certo che no! Anche lui ha fatto il suo “bel” discorso, a modo suo, andando a toccare quei nervi scoperti su cui ha costruito la sua immagine di paladino della giustizia e, da “Ministro del Travestimento” qual è, ha anche indossato la maglietta blu su cui erano stilizzati un uomo, una donna e due bambini.
Così, tra preghiere corali, canti e imprecazioni, il Convegno ha esibito un modello di famiglia settario, fortemente discriminante, sessista e ottuso. Non si capisce cosa possano insegnare ai loro figli questi genitori che, parlando d’amore, seminano odio. Come se l’amore, che a volte caratterizza più gli animali che gli uomini, dipendesse dal genere. Il diritto di famiglia, di cui si è tanto discusso, dovrebbe essere rivisto, è vero, ma alla luce di un principio di uguaglianza troppe volte negato quando si parla di “registro speciale” per le adozioni, che include tutti i minori in situazioni “particolari”.
Per esempio, quelli portatori di handicap, che possono essere adottati da single e omosessuali. Allora, torna alla mente il caso di Alba, la bimba down che, dopo essere stata abbandonata dalla madre naturale dopo il parto e rifiutata da ben sette coppie formate da mamme e papà, è stata adottata da Luca, single e omosessuale, il solo ad averle offerto la possibilità di essere amata.
Ma se la legge dice che i bambini devono essere adottati da una famiglia composta da un uomo e una donna, dunque, quella famiglia “naturale” portatrice di felicità, Alba è una bambina di serie b? E le coppie che l’hanno esclusa, sono meritevoli di adottare un bambino normodotato? Alla luce di tutte queste riflessioni, la grande manifestazione somigliava più a una spedizione punitiva morale, dove a farla da padrona è stata solo l’ipocrisia. Ricordiamo un bellissimo principio del nostro ordinamento giuridico: la libertà dell’uno finisce quando inizia quella dell’altro.
Anna Maria Di Pietro90 Posts
Nata a Roma (Rm) nel 1973, studi classici, appassionata lettrice e book infuencer, si occupa di recensioni di libri e di interviste agli autori, soprattutto emergenti.
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