Vivisezionare l’ospedale
di Francesco Manfredi-Selvaggi
Ne vediamo di seguito alcune sue parti, scelte tra quelle che presentano accentuate specificità
Proviamo a vedere alcune zone di un ospedale scelte tra quelle dalle particolari caratteristiche. Ciò al fine di fornire un contributo, evidentemente, alla comprensione della struttura ospedaliera. È da evidenziare che data la complessità di tale organismo le analisi possibili sono tantissime così come le parti in cui esso si suddivide e le funzioni che lo compongono. Cominciamo da un’attività quella della diagnostica che è funzione sia di coloro che sono a regime di ricovero sia di fruitori esterni. L’accesso a tale servizio deve essere agevole sia per i degenti sia per coloro che giungono dall’esterno e, pertanto, va posizionato non troppo distante dall’entrata del nosocomio in modo da evitare anche che il flusso delle persone che vengono dal di fuori possa interagire, disturbandola, con la vita ospedaliera.
C’è un aspetto che viene solitamente trascurato nella progettazione di un ospedale e non viene considerato nella valutazione del parametro umanizzazione della cura forse perché coinvolge meno i malati ospiti dell’istituto sanitario rispetto agli utenti non ricoverati ed è rappresentato dagli spazi di attesa. Sono tra i luoghi più movimentati di un ospedale in quanto assai frequentati essendo il numero dei cittadini che si recano per accertamenti in ospedale rapportabili a quello di chi va in visita a parenti o amici nei reparti di degenza. La polemica sulle liste di attesa, anche se non riferita solo all’erogazione di diagnosi, la dice lunga sull’entità delle richieste di analisi cliniche.
Occorre che gli ambienti dove attendere il proprio turno siano confortevoli, per intenderci come quelli di uno studio dentistico privato, arredati con poltroncine e non con semplici panche, dotati di portariviste. Essi devono essere spaziosi, anche perché spesso affollati, e con aperture verso l’esterno per evitare che chi sta ad aspettare soffre un senso di isolamento e, in presenza di troppe persone, di oppressione. Ciò vale pure per gli ambulatori destinati alle visite a pagamento intra-moenia che a volte sono affiancati da specifici atri in quanto situati all’ingresso del reparto pertinente.
Passando ora alle unità assistenziali vediamo che esse hanno schemi distributivi simili con l’eccezione della Pediatria la quale ha esigenze in termini ambientali molto diverse dal resto delle sezioni ospedaliere legate alla presenza dei piccoli ospiti; qui oltre alle superfici destinate alla somministrazione delle terapie vi è bisogno di luoghi per lo svago dei bambini, consentendo loro di giocare. Un altro reparto, qualora venga assegnato al nosocomio anche tale attività, che ha autonome necessità funzionali è quello della riabilitazione per la presenza di palestre, locali di una certa dimensione che possono essere realizzati solo se il telaio strutturale è a maglie larghe.
Se tra le divisioni dell’ospedale vi è pure la degenza è bene che essa sia collocata al piano terreno in modo che i malati cronici abbiano la possibilità di giovarsi dell’area a verde contigua (perciò, in questo caso è da prevedersi un giardino in prossimità di tale zona dedicata). Al di là di questa determinata situazione va incrementata la presenza di vegetazione all’esterno dell’ospedale, circondandolo con un autentico parco per gli innumerevoli benefici che le piante possono apportare alla sua vivibilità; tra questi vi è il vantaggio della capacità degli alberi di filtrare la luce il quale interessa le stanze poste al primo livello.
Sulle coperture piane si potrebbe immaginare la formazione di un prato quando esse non sono già occupate da pannelli solari o dalle apparecchiature dell’impianto di condizionamento. Per le sale d’attesa e per le camere dei lungodegenti abbiamo sottolineato l’opportunità del contatto con l’esterno, ma questa è una raccomandazione che vale per la gran parte delle funzioni nelle quali si articola l’organismo ospedaliero in modo da favorire l’areazione e l’illuminazione naturale. In primo luogo le degenze, un ulteriore settore dell’ospedale di cui ci andiamo ad interessare; esso è quantitativamente preponderante ragionando in metri quadri occupati nonostante la diminuzione dei posti letto che, generalmente, si è avuta per l’accorciamento dei tempi di degenza e, quindi, una accresciuta turnazione e per il potenziamento del day hospital.
Non conta unicamente che le stanze di degenza si affaccino al di fuori, perché è importante pure che la disposizione dei letti permetta ai ricoverati di percepire l’ambiente esterno, se non proprio un punto di osservazione sul panorama. Ciò, dunque, che si ha facilmente per le camere singole deve valere anche per quelle a 6 letti, il taglio minimo e massimo delle camere. In ogni reparto vanno previste ambedue le tipologie di stanze (fino a giungere per reparto a un numero complessivo d circa 40 posti letto) per soddisfare alle diverse aspettative dei pazienti, alcuni dei quali preferiscono quelle ad 1 o 2 letti per ragioni di privacy, mentre vi sono altri, all’opposto, che non desiderano stare isolati.
La riservatezza è, di certo, un valore da tutelare che si scontra, però, con le esigenze di controllo da parte del personale infermieristico, talmente forti che nel caso di particolati stati patologici porta all’installazione di telecamere a circuito chiuso per una sorveglianza continua, da azionare nelle ore notturne. Si è fatto cenno sopra alla dimensione dei reparti riguardo ai posti letto, specificando adesso che questa può variare in dipendenza della eventuale richiesta di un reparto adiacente che eventualmente ha esaurito i posti letto disponibili: sono le camere posizionate a contatto tra tali due reparti a poter essere utilizzate dall’uno o dall’altro, a seconda del bisogno.
Infine, si precisa rispetto a quanto detto prima che le stanze siano collegate con l’esterno, che è preferibile che esse siano rivolte a sud per un migliore insolamento e che, magari, le vedute siano gradevoli. In ultimo, si parla di una componente di un istituto di cura che di frequente non è oggetto di una progettazione adeguata costituita dai parcheggi i quali non risultano mai, nel Molise, coperti, inglobati nell’edificio ospedaliero, come invece si vede nei centri commerciali, né sono caratterizzati da un qualsiasi disegno che ricomprenda tanto gli stalli delle auto quanto i percorsi pedonali protetti da intraprendere per raggiungere l’entrata del nosocomio.
Francesco Manfredi Selvaggi633 Posts
Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.
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