Studiare in corsia

Francesco Manfredi-Selvaggi

Così avviene nelle Facoltà di Medicina e nel caso di quella dell’Università del Molise le corsie, sono i reparti del Cardarelli.

L’istituzione della Facoltà di Medicina non sarebbe stata possibile senza l’ospitalità offerta dall’ospedale Cardarelli. Di norma, l’università in cui ha sede questo tipo di corso di laurea dispone di un proprio policlinico, ma nella nostra realtà ciò non sembra, assolutamente, essere una cosa possibile per ragioni, innanzitutto, finanziarie. Il collegamento tra l’istituto universitario e quello sanitario è indispensabile per lo svolgimento del secondo triennio di questo ciclo scolastico perché gli insegnamenti si svolgono in stretto contatto con le attività cliniche.

In verità, nel nosocomio di Tappino non vi sono tutte le specialità che permetterebbero la conoscenza sul campo da parte degli studenti di ogni branca della professione medica. Ci stiamo riferendo non solo a reparti come la trapiantologia e le malattie rare i quali, inevitabilmente, afferiscono a organismi assistenziali di scala nazionale, ma anche a quelle specializzazioni che sono inserite nei DEA di II livello, e non nel I (DEA sta per Dipartimento di Emergenza e Accettazione) qual è, appunto, la struttura ospedaliera campobassana; è un acronimo utilizzato nella programmazione sanitaria per identificare il grado di dotazione di servizi specialistici di un ospedale.

Peraltro, dall’esistenza di determinate divisioni di cura che si potrà stabilire quale scuola di specializzazione post laurea far nascere qui (di specialisti oggi ce n’è tanto bisogno). Contemperare le esigenze accademiche e quelle assistenziali è la sfida maggiore, definendo, innanzitutto, la ripartizione dei costi di gestione, che non si può ridurre all’addebitamento delle spese della didattica all’Università e quelle assistenziali all’ASREM e, neanche, è corretto confonderli tra loro. Il Cardarelli mette a disposizione il personale infermieristico e quello ausiliario per la gestione dei reparti ospedalieri, che nel linguaggio universitario si chiamano cliniche, mentre l’Università deve impegnarsi a fornire una parte delle figure mediche necessarie per assicurare le prestazioni sanitarie (potrebbe essere una possibile, parziale, via per colmare le carenze di organico per far fronte alle quali si vuole richiamare al lavoro ex-dipendenti).

È una gestione, quella che prevede la compartecipazione dei dipartimenti universitari e dell’azienda sanitaria, come si vede assai complessa e il pericolo è in caso di cattivo funzionamento, la compromissione dell’attuale livello dei servizi di cura erogati. In altri termini, se i 2 soggetti coinvolti, ognuno con una sua distinta missione istituzionale da perseguire, non si rivelano capaci di instaurare una collaborazione proficua si potrebbero avere ripercussioni sulla qualità assistenziale. Non si sono ancora delineati gli scenari compiutamente sulla ridefinizione degli spazi dell’organismo architettonico come conseguenza di questa convivenza, una volta stabilizzata, che sicuramente saranno quelli della ricerca di una stretta contiguità fisica tra le aule riservate allo studio e alle lezioni e le unità di degenza e, in generale, i servizi sanitari.

In futuro, anche attraverso una ridistribuzione dei vani, è auspicabile che si tenda verso il posizionamento sul medesimo piano delle attività ospedaliere ed universitarie che sono in reciproca connessione in modo da favorire uno stretto contatto fra loro. L’essere sede, anche, universitaria per il Cardarelli significa, anche dotarsi si una «casa dello studente» con la conversione a questo fine del fabbricato dell’ex ospedale psichiatrico a Bosco Faiete, così come preoccuparsi che sia riattivato il contiguo camping di proprietà pubblica i cui bungalow, comodi miniappartamenti, potrebbero essere utilizzati quali alloggi sia degli infermieri, sia dei medici, tanto della Cattolica quanto del Cardarelli essendo vicino ad entrambi, e sia dei docenti; inoltre, potrebbero fornire ricettività agli accompagnatori dei ricoverati i quali, attualmente, data la lontananza dalla città hanno difficoltà a raggiungere le due strutture sanitarie.

Per quanto riguarda il rapporto tra Cardarelli e Cattolica che oggi è semplicemente, per così dire, di buon vicinato secondo la programmazione del Piano Operativo Straordinario (la cui validità, però, è appena scaduta) si dovrà intensificare, anche se non è prevista la fusione vera e propria. Quella che siamo abituati a chiamare Cattolica, ma che in verità si chiama Fondazione Giovanni Paolo II, ha stretti legami con l’Università del Sacro Cuore e, pertanto, è immaginabile, quando e se andrà in porto l’intento di costituire qui un unico polo ospedaliero, una qualche collaborazione tra le due istituzioni accademiche, la romana e la molisana.

Più specificamente vocata alla ricerca è, invece, la Neuromed in cui si studiano le neuroscienze. Innanzitutto bisogna rilevare che la sua presenza nel nostro territorio non è connessa alla diffusione di patologie neurologiche da noi, cioè che la decisione di fondarla a Pozzilli non dipende da dati epidemiologici sulla frequenza di malattie di tale tipo. La Nuromed è un centro di ricerca all’avanguardia in uno dei settori più avanzati della medicina riconosciuto a livello ministeriale, quindi nazionale, e la dimostrazione che essa non è in funzione esclusivamente della nostra regione è nei numeri, essendo di molto prevalenti i pazienti provenienti da altre realtà regionali (in primo luogo quelle contermini).

La Neuromed è riconosciuta dalla pianificazione sanitaria molisana quale componente della rete dell’offerta assistenziale, strategica per l’emergenza ictus. La ricerca non può essere disgiunta dalla pratica clinica ed è evidente la necessità di un contatto continuo tra i ricercatori e coloro che devono utilizzare i risultati dei loro studi. Le linee di ricerca, d’altro canto, vanno decise sulla base di particolari problemi di salute che non emergono nel lavoro dei clinici, per i quali mancando risposte pronte è fondamentale, una volta identificati dal punto di vista scientifico, mettere a punto specifici protocolli per la loro risoluzione. Dal laboratorio alla corsia, per sintetizzare con uno slogan.

Sotto l’aspetto architettonico un IRCCS (istituto di ricerca e cura a carattere scientifico) come è la Neuromed ha necessità, è evidente, di un layout degli ambienti molto differente da quello degli ospedali normali e da quelli, per così dire, didattici, perché le esigenze ergonomiche degli spazi sono assai diverse, ma ciò non esclude, cosa auspicabile, che si possa arrivare a fare ricerca in tutte le strutture ospedaliere.

Francesco Manfredi Selvaggi645 Posts

Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.

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