Onorare i debiti (sanitari)

di Francesco Manfredi-Selvaggi

Il piano di rientro è attualmente lo strumento di governo della sanità molisana nella quale in passato si sono accumulati tanti debiti che occorre ripianare.

Da circa 15 anni il Molise è sottoposto nel campo sanitario ad una procedura straordinaria che è il «piano di rientro» dal deficit finanziario per i grossi debiti accumulati nel periodo precedente. All’inizio non era prevista la nomina di un commissario per la gestione del ripianamento dell’indebitamento, ma lasciare libera la Regione di decidere sulle azioni da compiere non si rivelò una scelta opportuna. Ciò perché il processo decisionale a questa scala è condizionato dalle molte mediazioni da fare, specie per ottenere l’avallo sulle delibere della Giunta regionale riguardanti proposte di legge e di piani da parte del Consiglio.

Si è ricorso, perciò, all’istituto del commissariamento individuando prima il Presidente della Regione quale Commissario e ora nominando una figura esterna. Si ha, così, una compressione dell’autonomia regionale in un tempo in cui si va verso il federalismo fiscale seppure temperato. Si potrebbe accettare questa riduzione del potere decisionale dell’ente Regione se in cambio lo Stato fornisse fondi adeguati per il risanamento del bilancio della sanità; a livello centrale, però, sembra si paventi che un intervento finanziario per pareggiare i conti non porterebbe a ridurre la spesa e, quindi, alla formazione in futuro di nuovo debito da parte dell’amministrazione regionale.

Non è, comunque, che il Governo nazionale con la nomina del Commissario si sia del tutto disinteressato delle sorti della sanità molisana. Il sostegno assicurato non è di tipo economico, bensì organizzativo: a supporto della Regione, in ultimo per la predisposizione del Piano Operativo Straordinario, il Ministero della Salute ha messo a disposizione, tramite una convenzione, l’Agenas che è un’agenzia specializzata di diretta emanazione ministeriale.

Con un accordo con il coordinamento interregionale si intendeva affiancare le Regioni in difficoltà a Regioni, per così dire, virtuose, cosa che non si è attuata (saremmo dovuti essere affidati alla Lombardia e lo stesso Governatore Formigoni venne in visita qui da noi, a tale scopo). Di certo, è per una funzione di controllo, ma che nello stesso tempo è di assistenza tecnica in materia finanziaria, che il Ministero dell’Economia ha deciso di sottoporre a verifica i nostri procedimenti contabili mediante advisor.

Che lo Stato debba preoccuparsi della situazione di crisi della Regione è scontato perché il disavanzo che registra il servizio sanitario nazionale è imputabile, pure, al Molise, nonostante che, considerata la sua piccolezza, la perdita dal punto di vista monetario sia minima. In cambio lo Strato ha voluto, metaforicamente, qualcosa e cioè l’attivazione della leva fiscale regionale con l’incremento delle aliquote Irpef e l’introduzione di forme di compartecipazione dei cittadini alla spesa sanitaria, del cosiddetto ticket. Per quanto riguarda quest’ultimo punto si ritiene di fare un inciso che, lo si anticipa, non è breve.

Esso è il seguente: la partecipazione alla spesa per i servizi erogati non va intesa unicamente come un contributo alle entrate finanziarie perché essa costituisce nello stesso tempo un mezzo di regolazione della richiesta di visite specialistiche, esami diagnostici, farmaci, ecc. che, alle volte, si rivelano non indispensabili. La gratuità induce all’effettuazione dei controlli medici pure quando non vi sia una reale necessità. Si riducono, di conseguenza, le liste di attesa, vera piaga della sanità non solo nostrana, liste la cui eliminazione non è immaginabile e, anzi, si perpetueranno all’infinito se non si pone un deterrente che è il ticket alla domanda di prestazioni.

È opportuna anche un’operazione sul versante culturale per dissuadere le persone ad abusare dei controlli sanitari. Il piano di rientro, tornando al punto, non può consistere in azioni meramente congiunturali qual è quella messa in campo dal blocco delle assunzioni e del turn over il quale, prima o poi, dovrà finire venendo a mancare per i pensionamenti progressivamente il personale medico e infermieristico, peraltro già adesso carente, necessario per il funzionamento della «macchina» assistenziale. Quelle che occorrono, invece, sono iniziative di carattere strutturale tra le quali rientra la riduzione del numero di Asl che era quattro inglobate in un’unica azienda, l’Asrem; tale unificazione ha portato ad una diminuzione dei costi gestionali e ad avere acquisti centralizzati, cosa non da poco.

Passiamo a vedere alcune cause dell’incremento della spesa che l’ha pure portata a superare le entrate cominciando dalla migrazione di tanti corregionali malati verso strutture ospedaliere extraregionali. I “viaggi della speranza” sono giustificati da un sentimento di sfiducia verso il nostro sistema sanitario tanto che ci si reca altrove addirittura per operazioni chirurgiche di routine. Non è giusto pensare che questi trasferimenti di pazienti in ospedali collocati fuori dai confini molisani siano un danno per la nostra regione e non per quelle che sono mete degli spostamenti per ragioni di salute.

Infatti, le Regioni che erogano le cure hanno difficoltà a programmare le proprie risorse, intendendo posti letto, medicinali, operatori della sanità e così via sui residenti per via dell’afflusso, questo non programmabile, di richiedenti assistenza dal resto d’Italia. Per comprendere il ruolo che ha avuto un diverso fattore che ha concorso allo sforamento dei conti della sanità molisana occorre tornare indietro nel tempo, alla fine del millennio scorso, dunque al periodo che precede la fase che stiamo vivendo dei piani di rientro. Vi si coglie in quell’epoca di sostanziale la nascita di nosocomi privati, la Neuromed e la Cattolica, con i quali si dilata l’offerta ospedaliera molisana.

La Regione è tenuta ad acquistare prestazioni da strutture private perché esse siano ad integrazione di quanto già offre il pubblico senza costituire dei doppioni non valendo il principio della libera concorrenza quando manca il mercato essendo l’acquirente dei servizi unico, l’ente pubblico (i suoi assistiti sono i clienti, in maniera preponderante, degli istituti privati, molto superiori di numero a chi paga di tasca propria le cure che riceve). Se è vero ciò, quindi che le aziende private sono inserite in un sistema assistenziale regionale allargato, è evidente che i costi rispetto a quelli che si sostenevano quando non c’erano i privati, per il mantenimento del sistema sono aumentati.

Francesco Manfredi Selvaggi645 Posts

Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.

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