Corpore sano in ambiente sano
di Francesco Manfredi-Selvaggi
Con il referendum del ’93 si ebbe la scissione tra la tutela della salute e quella dell’ambiente. Occorre creare procedure integrate che mettano insieme gli interessi ambientali e quelli sanitari.
La propensione alla cura di sé dipende dal grado di istruzione dell’individuo. Progressivamente, il fisico sano si trasforma in un indicatore dello status sociale. La percezione delle condizioni della propria salute si accentua nelle persone meglio istruite che sono, poi, quelle che appartengono alla fascia più elevata della società. Il maggior interesse al benessere del corpo spinge a frequentare le terme (nel Molise vi sono quelle di Isernia e di Sepino) e i dipinti ottocenteschi fanno vedere unicamente personaggi con sembianze signorili a passeggio nei viali dei parchi termali.
Oggi la situazione va evolvendo e la cultura salutistica si estende, ormai, a ogni strato della popolazione. I medici dovrebbero essere contenti della maggiore coscienza sull’importanza dell’efficienza fisica perché ciò rende più facile il loro lavoro; ad agevolare l’attività di diagnosi vi è il fatto che il paziente riesce spesso a descrivere compiutamente o, almeno, meglio il malanno di cui soffre per le accresciute conoscenze sanitarie delle quali tutti, o quasi, disponiamo per via dell’informazione che riceviamo dai giornali, in apposite rubriche, e dalla televisione, con specifici programmi.
A dire la verità, vi è, forse, un’eccessiva diffusione di pagine, specie sui social, riguardanti la medicina che, a volte, hanno contenuti fuorvianti. Si è ingenerata così una tendenza, per fortuna minoritaria, alle diete fai da te, a pratiche terapeutiche non validate scientificamente e non si sta parlando solo del ricorso a rimedi medici della tradizione popolare o di derivazione orientale, tanto affascinanti perché esotici, basati sull’uso di particolari essenze vegetali come nella medicina omeopatica. Si va affermando, anche perché è cresciuta l’offerta di prestazioni diagnostiche, spesso gratuite rientrando in campagne di prevenzione volute dal servizio pubblico, la disponibilità a sottoporsi a controlli; una doverosa precisazione da fare a questo proposito è che per anticipare l’insorgere di malattie non bastano i check up periodici, ma è fondamentale adottare stili di vita corretti.
La prevenzione è oggi la nuova frontiera della sanità che di passi ne ha fatti da quando circa un secolo e mezzo fa venne creata la figura dell’Ufficiale Sanitario che era presente in ogni comune italiano. Il suo compito, come quello del Medico Provinciale che agiva a livello, appunto, di provincia, era quello di assicurare l’igiene urbana. La sua formazione da igienista era idonea ad affrontare la situazione epidemiologica del tempo in cui vi era la prevalenza delle patologie infettivo-contagiose essendo meno preoccupanti all’epoca quelle croniche; l’inquinamento ambientale attualmente causa di numerose forme morbose era limitato e tutt’al più circoscritto ad aree limitate (uno sversamento della condotta fognaria, le polveri prodotte dall’incendio di un edificio, ecc.).
I problemi igienici erano in fin dei conti, facilmente governabili. Nel 1978, con l’istituzione dal servizio sanitario nazionale i compiti dell’Ufficiale Sanitario passarono al “servizio di igiene pubblica e ambientale” delle nascenti USL. Con la trasformazione di questi ultimi in ASL si ha la costituzione dei Dipartimenti di Prevenzione presso di esse. Non è questo, però, il cambiamento maggiormente significativo perché si verifica contestualmente una ben più forte trasformazione: con il referendum svoltosi nel 1993 si ha la separazione tra le competenze in materia di sanità e quelle riguardanti l’ambiente.
In effetti, diversità di obiettivi tra i due settori vi sono come, per esemplificare, nel caso dei rifiuti che per ragioni di salubrità ci si può limitare alla loro raccolta dalla strada e trasporto in luoghi di conferimento igienicamente idonei, mentre dal punto di vista delle politiche ambientali essi devono essere pure oggetto di recupero o riciclo, nell’ottica dell’economia circolare. La distanza principale sta, però, nel fatto che la mission della tutela ambientale è quella di preoccuparsi oltre che di quella presente delle generazioni future non dissipando le risorse naturalistiche non rinnovabili, a differenza delle strategie in tema di sanità che sono improntate ad assicurare il benessere fisico della popolazione attuale (è sufficiente che un fusto radioattivo non sia in contatto con le persone e perciò che venga interrato a grande profondità in qualche pozzo petrolifero dismesso, senza occuparsi dell’eventualità che in un domani lontano per qualche vicenda ora inimmaginabile possa riemergere in superficie e contaminare i nostri discendenti).
In comune, ad ogni modo, ambiente e salute hanno il fatto che entrambi hanno la caratteristica di perseguire strategie globali: la qualità ambientale la si consegue se l’ecosistema nel suo insieme è ben conservato e lo stato di integrità del corpo di ognuno di noi dipende da molteplici fattori, l’insorgere della morbilità potendo avere una pluralità di cause, anche concomitanti fra loro. Una cosa è certa ed è che la conservazione del contesto ambientale e quella delle buone condizioni di salute non si pongono in contrasto reciproco e che anzi, si sostengono l’un l’altra.
Tant’è, la scissione ormai c’è stata, voluta dal voto referendario e non appare rimediabile in base alla nostra Costituzione. Ciò che, invece, può essere superato è il distacco che si è determinato tra le azioni di prevenzione messe in campo dal servizio sanitario regionale e quelle che spettano ai Comuni in materia urbanistica, di traffico, di spazi verdi, di salubrità degli edifici che concorrono alla finalità di ottenere una cittadinanza sana. Specificando punto per punto, un opportuno disegno urbano permette di avere abitazioni sufficientemente areate, luminose e soleggiate, la regolamentazione della circolazione automobilistica diminuisce gli infortuni dovuti ad incidenti, la piantumazione di alberi che purificano l’aria catturando, tra l’altro, le loro foglie le polveri, e di siepi che fungono da barriere acustiche, l’incentivazione edilizia per eliminare le residenze malsane.
Occorre intensificare i rapporti tra il Dipartimento di Prevenzione dell’Asrem (così si denomina in Molise l’Asl), le amministrazioni locali e l’Arpam (l’Arpa molisana) la quale eredita i compiti del Pmip (Presidio Multizonale di Igiene e Profilassi che a sua volta succede al Laboratorio di Igiene e Profilassi) che era incardinato nella Usl allorché venne staccato l’ambiente dalla sanità in ottemperanza all’esito della consultazione popolare del ’93 costruendo dei percorsi unitari attraverso procedure integrate per raggiungere gli obiettivi comuni di tutela della salute e dell’ambiente.
Francesco Manfredi Selvaggi645 Posts
Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.
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