Detenzione inglese

di Francesco Montano

Siamo con Nicola Giaconelli che ci racconterà in breve la storia della sua esperienza. Nato a Campobasso il 25 aprile del 1922, partito militare come volontario in Marina (batteria V2) nel ’39, è stato fatto prigioniero dagli inglesi l’8 maggio 1943 vicino La Mars (Tunisia), numero di matricola che gli avevano dato gli inglesi durante la prigionia: T/170072.

Ho perso l’udito ad un orecchio quando mi sono tuffato da un ponte; la cosa andò così: sentii delle grida di aiuto, nessuno si muoveva, io mi tolsi il cappello e il portafogli e mi tuffai; all’inizio non la trovai, ma dopo mi fecero segno e al secondo tentativo la presi. Era una bambina di 8 anni figlia di un mobiliere, per combinazione un capitano si trovò a passare da quelle parti rientrando in servizio proprio al comando in capo e vide tutta la scena, mi propose per una decorazione e poi mi diedero anche la licenza premio.

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Andai volontario in Marina nel ’39, feci un corso come radiotelegrafista a La Spezia purtroppo non c’erano più posti, ma ero idoneo e mi proposero per un altro posto. Andai a Pola (situata lungo la costa adriatica, fa parte della regione geografica italiana, per i cui confini orientali tradizionalmente si indicano solitamente la catena delle Alpi Giulie e il Golfo del Quarnaro, a cui fa riferimento anche Dante Alighieri nella Divina Commedia. A causa di vicissitudini storiche la composizione etnica di Pola cambiò nei secoli, soprattutto dopo la seconda guerra mondiale, a cui seguì l’esodo dell’etnia italiana, che all’epoca costituiva la larga parte dei residenti. Ndr), allora Pola era italiana, lì feci il corso per aerofonista.

Come rientrai dal corso c’era la partenza per la Tunisia, a me assegnarono subito la nave perché ero aerofonista, sfortunatamente presi una febbre intestinale, stavo ancora a Pola, mi diedero 6 mesi di convalescenza che passai a Campobasso e mentre stavo lì mi innamorai della donna che poi diventò mia moglie. Non stavo sempre sulla stessa nave, mi spostavano, mi mandarono a Palermo e da lì mi diedero come destinazione Bizerte (Tunisia); da Biserta (in francese Bizerte, è una città costiera e la capitale di governatorato di Biserta in Tunisia e la città più settentrionale in Africa. Situata sul Mar Mediteraneo a 65 km a nordovest della capitale Tunisi. Ndr) ci portarono a Susa, sempre in Tunisia, poi ci mandarono nel deserto.

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Nel ‘43 arrivò l’ottava armata inglese, il comandante Montgomery, fui fatto prigioniero l’8 maggio, ci portarono in Inghilterra a Liverpool, quanto mi presero prigioniero facemmo 30 km di cammino per raggiungere il primo campo di concentramento, con la nave ci portarono in Algeria, da lì volevano portarci a Washington, però siccome c’erano dei bombardamenti anziché a Washington, in America, cambiarono rotta e ci portarono in Inghilterra a Liverpool. Feci un corso di interprete della lingua inglese, la prima cosa era imparare la lingua, mi diedero una bicicletta, potevo viaggiare sull’autobus, sui treni.

Mi assegnarono ad una ditta, il proprietario mi chiese se ero contento di lavorare con loro, io certo che ero contento: mi portavano a passeggio, mi portavano al mare, insomma mi volevano bene. Arrivò il giorno del rimpatrio è stato ad aprile, ci mandarono in un campo di smistamento dopo andammo in Scozia e lì ci imbarcammo, sbarcammo a Napoli. Quando arrivammo noi là ci diedero cinquemila lire e poi ci portarono a Campobasso con un camion.

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Era maggio, intorno alla fine di maggio, qua non c’era lavoro, trovai lavoro a Cava dei Tirreni in una grande azienda, ho lavorato là fino a febbraio del ’47, siccome mi dovevo sposare non potei restare, mi chiamarono dal Banco di Roma non come impiegato, ma come guardiano, mi diedero 22.000 lire al mese e così cominciai. Poi successe che don Antonio Di Mauro (l’imprenditore dell’azienda a Cava dei Tirreni) mi fece una proposta e io gli dissi che ormai ero entrato in questo posto e non volevo cambiare, lui parlò con il direttore (della Banca di Roma) di Salerno che parlò con il direttore di Campobasso, il quale mi chiese se avevo il diploma, io avevo un diploma di arti grafiche, allora il direttore di Campobasso mi mandò al Vaticano a fare dei lavori particolari.

Il direttore (di Campobasso) che mi voleva bene mi passò come impiegato e rifiutai di nuovo la proposta dell’imprenditore di Cava dei Tirreni. Sono andato in pensione per causa di servizio nel luglio del ’74. Mi sono sposato ha avuto cinque figli e sette nipoti, insomma da 2 persone siamo arrivati a 31, (l’intervista è del 24 novembre 2018. Ndr). Quando stavo al Banco di Roma facevo anche da interprete.

Nicola Giaconelli oggi
Nicola Giaconelli oggi

Francesco Montano205 Posts

Nato a Campobasso nel 1984, laurea in Antropologia Culturale alla Sapienza. Collaboratore dal 2015. Ricerche a Lima, Roma e Campobasso. Pubblicazione relativa alla ricerca a Roma per la prevenzione e lo studio dei fenomeni di aggressività e bullismo: “la visione dei mondi nell’infanzia: rappresentazioni sociali bambine correlate alla costruzione della salute”; dal titolo: Narrazioni dall’infanzia su salute, corpo e amicizia. Ricerche etnografiche in tre scuole romane. Progetto realizzato grazie al contributo economico dell’istituto Montecelio, agenzia regionale per la comunicazione e la formazione; pubblicato a Roma nel 2009. Presentazione relativa alla ricerca a Lima: “Ananias: lotta all’abbandono scolastico mediante un programma di diagnosi e rieducazione per bambini/e con problemi di apprendimento”, realizzato dal CIES, in collaborazione con l’associazione peruviana Amigos de Villa, dipartimento di storia, culture, religioni – università degli studi di Roma “La Sapienza” e cofinanziato dal ministero Affari Esteri – DGCS e dalla regione Lazio. Roma 2012.

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