Bibbiano non è solo Bibbiano

Possiamo fidarci della Magistratura?

Il caso degli affidi di Bibbiano, lacerante non solo per chi è genitore, ha scatenato una serie di polemiche che, come spesso accade, ha spostato il tiro dal vero obiettivo del nostro continuo interrogarci.

Più che sull’appartenenza politica dei singoli indagati, più che sul comportamento del singolo assistente sociale, una comunità desiderosa di migliorarsi dovrebbe interrogarsi sul funzionamento della Magistratura.

È possibile che quanto accaduto sia stato autorizzato da quel potere dello Stato che più di ogni altro dovrebbe ispirarci fiducia e garantirci serenità?

Le parole di Francesco Morcavallo – giudice del Tribunale dei Minori di Bologna fino al 6 maggio 2014 – sono sconcertanti. Morcavallo decise di abbandonare la Magistratura a soli trentaquattro anni, perché quegli ideali per cui aveva studiato non erano più rappresentati completamente dalla giustizia.

L’ex giudice, in una intervista del 2013, quando era ancora nelle sue funzioni di magistrato, diceva che: «Sono 35.000 i minori allontanati forzosamente dalle famiglie, nel 99% dei casi senza motivazioni fondate». E a chi gli faceva notare che sono proprio i Giudici a ordinare tali allontanamenti, rispondeva: «È così! Purtroppo le istituzioni, persino il Csm, sono troppo impegnati a salvaguardare gli interessi dei magistrati accusati di tali cose piuttosto che i cittadini».

Riascoltare queste parole oggi, dopo quanto accaduto a Bibbiano, è impressionante. Possibile che Morcavallo non sia stato denunciato per quanto detto? E, se non è stato denunciato, qualcuno ha indagato sulla veridicità di quanto affermato da un magistrato della Repubblica?

Da qui, un senso di insicurezza, una sensazione di instabilità che terrorizza. «Un giudice dovrebbe decidere l’allontamento di un minore dalla sua famiglia – diceva ancora Morcavallo in quella intervista – sulla base di fatti violenti e di prove certe dell’esistenza di situazioni di pericolo del minore. Invece, nella maggior parte dei casi, si decide in base a relazioni che non sono altro che opinioni di chi viene chiamato a redigerle».

Ecco, allora, che il discorso va tenuto su questi punti e non su quelli relativi a beghe politiche e di appartenenza. Interessa poco se un sindaco sia del PD o della Lega. Interessa poco il comportamento di un assistente sociale. La falla del sistema è nell’autorità giudiziaria che – pur nell’obbligo di applicare quanto stabilito da un sistema legislativo superficiale – non può permettere che accadano cose del genere.

Le leggi applicate dai giudici che hanno permesso quanto accaduto sono le stesse che applicava Morcavallo. Sicuramente leggi «larghe» che permettevano interpretazioni diverse e copertura legale delle decisioni prese. Ma un giudice dovrebbe – nel caso ne rilevi l’improprietà, l’inefficacia o la pericolosità – segnalare al potere legislativo i danni che le leggi producono nelle vite dei cittadini.

Bibbiano nasconde un retroscena di inadeguatezze che spaventa. Legislatori superficiali. Magistratura che applica senza considerare le conseguenze. Informazione che cerca il «groove» e lo promuove a nucleo della notizia. Pensatori di destra e di sinistra attenti alla forma delle loro narrazioni per prenotare il gettone di presenza del talk-show successivo. Tutto ciò produrrà danni gravissimi alle nostre vite.

Giovanni Petta76 Posts

È nato nel 1965 in Molise. Ha pubblicato le raccolte poetiche «Sguardi» (1987), «Millennio a venire» (1998) e «A» (2016); i romanzi «Acqua» (2017), «Cinque» (2017) e «Terra» (2021) ; il saggio giornalistico «L'Italia delle regioni, il Molise dei ricorsi» (2001) e, con lo pseudonimo di Rossano Turzo, «TurzoTen« (2011) e «TurzoTime» (2016). Allievo di Mogol, ha inciso «Non crescere mai» (1993), «Trema terra trema cuore» (single, 2003), «Il bivio di Sessano» (2012). Ha diretto le testate «Piazzaregione» e «L'interruttore». Ha coordinato l'inserto molisano de «Il Tempo».

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