Curare è anche assistere

Francesco Manfredi-Selvaggi

Nei Percorsi Diagnostico Terapeutico assistenziale è previsto il trattamento curativo in combinazione con le attività di assistenza sociale. I PDTA sono specifici per le varie patologie.

È solo da 25 anni che è comparsa la sigla PDTA nell’elenco delle prestazioni curative. L’acronimo sta per “percorso diagnostico terapeutico assistenziale” ed oggi pur non trovando ancora concrete applicazioni, se non embrionali, è diventato molto familiare. Se ne parla pure nel Molise dove si stanno per avviare alcun sperimentazioni e, del resto, non potrebbe essere altrimenti in quanto sono stati previsti nei Livelli Essenziali di Assistenza, i LEA, che le istituzioni sono tenute a garantire ai cittadini. I PDTA costituiscono un impegno organizzativo notevole che le amministrazioni, specie quelle investite dal gravoso onere del rientro dal debito sanitario come la nostra, non sono in grado di assicurare e tendono a rimandare l’approntamento di tale procedura.

Un impulso significativo per far sì che si predispongano i PDTA, almeno per certe patologie, è dato dai Consigli regionali i quali possono imporre il loro inserimento nel Piano Sanitario che sono chiamati ad approvare (qui da noi si denomina Piano Operativo Straordinario (POS); di fronte ad una scarsità di risorse decidere se mettere in campo alcune azioni e non altre non può che essere compito della politica la quale detta le priorità perché se è vero che i LEA vanno attuati le ristrettezze economiche impediscono di soddisfarli tutti in pieno.

Nel Molise queste determinazioni sono demandate al Commissario ad Acta, ma non è la stessa cosa. Dopo questa lunga premessa vediamo che cosa sono i PDTA in modo approfondito: si tratta della definizione di un percorso, appunto, di cura diversificato per tipologie di stato patologico, cioè riportati a casistiche ricorrenti nel quale si mettono insieme sia i trattamenti ospedalieri sia quelli sociosanitari che il paziente, ancora una volta, tipo deve ricevere. Sempre una malattia richiede risposte curative e assistenziali. La critica che si nuove alla logica dei PDTA è quella della loro standardizzazione alla quale si contrappone quella della personalizzazione dell’assistenza medica con cui si può maggiormente tener conto dei bisogni dell’ammalato.

In altri termini, vi possono essere livelli di severità differenti della patologia e condizioni cliniche diverse per ciascun individuo che non possono essere affrontate con il medesimo protocollo terapeutico oppure una situazione familiare, abitativa, ecc. particolare che obbliga ad azioni assistenziali specifiche. Nonostante i limiti evidenziati che si riferiscono a casi limite l’approccio che ispira i PDTA è condivisibile. Essi sono uno strumento davvero utile che mira ad una gestione complessiva delle plurime fasi da quella della diagnosi a quella della somministrazione delle terapie fino alle attività di assistenza sociale.

I PDTA, va pure detto, hanno tra le finalità anche quella di programmare interventi che prevengano il ricorso al ricovero ospedaliero del quale in Molise si è fatto troppo abuso portando la nostra regione ad avere un tasso di ospedalizzazione superiore alla media nazionale. Tra la presa in carico del paziente e la sua dimissione vi sono molteplici passaggi da svolgere e il PDTA li disegna accuratamente. Nella progettazione del PDTA che è un fatto concreto si affrontano molte questioni operative, dalla logistica dell’assistito fino agli orari delle prestazioni che egli deve ricevere, con un’annotazione per quanto riguarda queste ultime la quale è che non è facile calibrarli per via del problema delle liste di attesa ancora irrisolto.

Al coordinamento dei processi dovrebbe essere preposta la direzione sanitaria la quale così dovrà riconfigurare il proprio ruolo. È auspicabile che il malato venga coinvolto nella struttura del cammino che dovrà seguire affinché sia confacente alle esigenze personali rendendolo parte attiva nell’organizzazione dell’intero iter curativo. Con l’introduzione dei PDTA inevitabilmente cambia il sistema di calcolo della remunerazione all’azienda sanitaria che eroga la prestazione. Nello stabilire la tariffa non si possono trascurare gli oneri dovuti per attività organizzative generali del percorso.

Per avere successo un PDTA è necessario che l’Azienda Sanitaria Locale sia dotata di più servizi i quali andranno coinvolti, qualora utili, a quel PDTA, volta per volta nei passaggi prestabiliti dalla procedura curativa e assistenziale. Il PDTA, qualsiasi PDTA è fattibile se nel perimetro della Asl in cui si svolge vi sono tutti i settori sanitari e sociosanitari; ciò oggi si verifica poiché le Asl sono sufficientemente grandi (tanto che quella del Molise, la Asrem, con i suoi oltre 300.000 abitanti serviti risulta al di sotto della media nazionale) e di conseguenza con una più ricca offerta di prestazioni.

La stessa cosa non poteva, è ovvio, avvenire quando le Asl, e prima di loro e ancor più di loro le Usl, erano di estensione assai inferiore (si pensi a quella di Agnone). In definitiva, i PDTA senza Asl di adeguata dimensione non si possono attuare mancando l’articolazione sufficiente delle strutture. I PDTA, lo abbiamo accennato, sono una metodologia sanitaria recente, essendo apparsi solamente nel 1995, nel medesimo periodo in cui si andava irrobustendo l’apparato sanitario, da un lato, e diversificando, dall’altro, l’approccio terapeutico nel senso che le opportunità di trattamento di quel male diventano plurime (si pensi, per esemplificazione, all’oncologia) e non univoche. Senza tale ampliamento dell’organizzazione sanitaria strutturata ormai come rete e l’aumento delle specialità mediche e chirurgiche non si sarebbe potuto neanche immaginare l’attuazione di percorsi di cura che investono svariate competenze.

Francesco Manfredi Selvaggi645 Posts

Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.

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