Dall’ospedale alla rete ospedaliera

di Francesco Manfredi-Selvaggi

Prima si aveva in mente il singolo ospedale, oggi l’attenzione si è spostata sul sistema ospedaliero nel quale ciascun nosocomio ha uno specifico compito.

Il primo passo nella lunga via che porta all’organizzazione ospedaliera attuale è il porre sotto la dipendenza della Provincia il principale nosocomio della provincia che, all’epoca, siamo nel 1968, coincideva con l’intero Molise e che era, ed è, il Cardarelli. Ovviamente, era soggetto al controllo del Ministero della Sanità. Nel 1975 ci fu il passaggio alle Regioni, da poco istituite. La nostra Regione provvedette alla realizzazione in quel decennio di tutti gli ospedali che vediamo oggi, anche quello di Agnone che però è rimasto a livello di scheletro, continuando ad utilizzarsi il preesistente.

È del 1978 la Riforma Sanitaria che mette in connessione gli ospedali con i servizi sanitari territoriali e con quelli del sociale, riconducendo tutte queste fattispecie sotto un’unica gestione affidata ad un comitato in cui hanno la prevalenza i rappresentanti dei Comuni. L’organismo suddetto si chiama USL e le USL sono tante quanti sono i comprensori, parola chiave anch’essa di quegli anni, mai attuati nei quali la programmazione regionale (ed in questo, solo in questo, c’entra la Regione) aveva suddiviso il Molise. C’è una contraddizione, lo si ammette, tra quanto abbiamo detto sopra relativamente al legame tra assistenza ospedaliera e quella socio-sanitaria e ciò che si dice adesso che è che non c’è una struttura nosocomiale per ciascuna USL.

L’ospedale della USL di Campobasso «Molise Centrale» inizia a configurarsi come ospedale regionale, i termini di allora, fornendo prestazioni ad ambiti più ampi della USL di appartenenza. Il totale dei posti letto è sicuramente sovradimensionato rispetto alla popolazione, ma questo è un fenomeno generalizzato in quel periodo; sembra incredibile, ma i p. l. al Nord, area della nazione maggiormente virtuosa nel campo della sanità, erano il doppio di quelli del Sud. Al Settentrione avevano 11 posti letto per ogni 1000 abitanti, mentre nel Meridione il rapporto scende passando a 5,5 p. l. sempre per ogni 1000 persone: nel 2005 si stabilisce che il valore ottimale è di 3,9 p. l. per 1000 residenti e il Molise è tutt’oggi al di sopra di tale limite, anche se di poco, il quale è destinato a scendere nel futuro puntandosi su 3.

Se questi sono i dati aggregati dell’ospedalità, vedendo le cose per singolo ospedale abbiamo che, per ragioni di economie di scala, un nosocomio dovrebbe avere 200 posti letto, numero al quale si avvicina unicamente il Cardarelli. Se si vuole una distribuzione equilibrata dei servizi ospedalieri sul territorio, avendo questa terra una bassa densità abitativa, lo scotto da pagare è che gli altri ospedali siano necessariamente sotto tale soglia. Vi è, poi, un limite superiore di 650 letti oltre il quale si generano diseconomie, ma da noi, è evidente, non c’è tale rischio.

Se il quadro dell’offerta ospedaliera, nel senso della quantità di ospedali, nel Molise è stabile, fermo, con l’eccezione del terzo lotto del Cardarelli che è del 2001, a circa 3 decenni fa, ciò che si va modificando è l’assetto organizzativo dell’assistenza ospedaliera. Presupposto per tale cambiamento è l’istituzione nel 2005 dell’ASL unica, denominata ASREM, la quale si trova ad essere una ASL con più ospedali (Campobasso, Isernia, Termoli e Agnone). È questo il modo per ottenere una rete ospedaliera e non più una semplice sommatoria di ospedali, indipendenti fra loro; in verità ai fini della costituzione della rete si sarebbero potuti fare accordi fra i vari stabilimenti ospedalieri appartenenti a realtà aziendali differenti, ma sarebbe stato, di certo, più difficile.

Il sistema a rete è quello auspicabile e auspicato a livello ministeriale, adottato dal POS (Piano Operativo Straordinario) nel 2015 e con il quale gli istituti ospedalieri si qualificano come nodi della rete, ognuno con una specifica funzione. Quella che interessa prioritariamente la sanità pubblica è la rete dell’emergenza dove gli ospedali principali, il Cardarelli, fanno da «hub» e il resto da «spoke». Innanzi si è fatto un cenno alla stabilità, pluridecennale, del panorama ospedaliero molisano e che le sole trasformazioni subite sono quelle riguardanti l’organizzazione dei servizi.

La situazione, comunque, non è detto che rimanga sempre così perché le malattie prevalenti potrebbero in futuro essere altre rispetto a quelle odierne; ciò potrebbe incidere pure sulla configurazione dei manufatti architettonici e, del resto, ciò è già avvenuto in passato, vedasi nel progetto originario del nosocomio del regionale capoluogo il grande volume, affiancato ma distanziato dal corpo di fabbrica principale, destinato al reparto malattie infettive, che adesso trova tranquillamente spazio tra le altre divisioni delle quali ha grandezza analoga.

Potrebbe occorrere, qualora emergessero nuovi morbi contagiosi, che colpiscano molti individui, una rivisitazione dell’allocazione della sezione infettivi per rimanere all’esempio di prima, ma ragionamenti simili si potrebbero stendere ad ulteriori branche ospedaliere. Ciò fa sì che gli ambienti debbano essere flessibili per seguire l’evoluzione dei bisogni. Si impone, inoltre, lì dove non si è avuta l’occupazione dell’intero stabile da parte dei dipartimenti ospedalieri pensare ad una riconversione di tale parte dell’edificio a usi diversi: si sta parlando di Larino. L’inidoneità sismica di alcuni ospedali i quali dovrebbero essere a prova di terremoti consistenti perché classificati quali opere strategiche suggerisce di cambiarne la destinazione e di costruirne di nuovi.

Francesco Manfredi Selvaggi637 Posts

Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.

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