Distretto, niente di più vicino alle fragilità

di Francesco Manfredi-Selvaggi

L’assistenza distrettuale è quella più vicina alla popolazione per i suoi servizi diffusi sul territorio

Con la L. 833 del ’78, quella conosciuta come Riforma Sanitaria, nascono le Unità Sanitarie Locali che per un pezzo, rimarranno gli organismi di gestione della sanità pubblica. Nella seconda metà degli anni 90 si ha la loro trasformazione in Aziende Sanitarie Locali, ma in questo passaggio sostanziale rimane qualcosa in comune tra Usl e Asl ed è il Di-stretto Sanitario, che prima si diceva di Base.
 
Ogni Usl prima e ogni Asl dopo e quindi in seguito l’Asrem che accorperà le 3 Asl hanno più Distretti, il numero variando in relazione alla dimensione dell’Usl (o Asl). Il Distretto, inizial-mente una semplice articolazione dell’Usl (o Asl), priva di qualsiasi capacità decisionale, negli ultimi tempi ha avuto il riconoscimento di un  ruolo maggiore con l’attribuzione anche di una certa autonomia gestionale.

Esso, essi, è diventato una monostruttura aziendale, alla stregua di un dipartimento sanitario quale, per intenderci, quello di Prevenzione. Essa è, per rafforzare questo concetto, una struttura complessa e come il resto delle entità dipartimentali è composto da più settori, equiparabili alle unità operative di primo e di secondo livello di un apparato ospedaliero.

Al Distretto viene attribuito un badget finanziario per lo svolgimento delle sue funzioni all’interno del bilancio dell’Asrem del quale di-spone direttamente. Per Distretto non si deve intendere, va specificato, solamente una partizione amministrativa di un’organizzazione, in questo caso l’Asrem, bensì esso costituisce un setting funzionale essendo dotato di servizi sanitari.

In futuro tale sua connotazione si accrescerà maggiormente perché nel Piano Operativo Sanitario (POS) è stabilito che il Distretto, o meglio i due Distretti di Isernia e Termoli, abbiano la responsabilità gestionale degli Ospedali di Comunità che stanno rispettivamente a Venafro e a Larino da attivarsi. Inoltre, nell’ambito distrettuale ricadono anche le 13 Case della Salute, sempre previste, e non sempre ancora attuate, nel POS.

Esse sono coincidenti con i poliambulatori preesistenti dei quali rappresentano un arricchimento di attività; la diffusione capillare sul territorio dei presidi ambulatoriali ben evidenzia la natura del Distretto di organismo a diretto contatto con la popolazione. In precedenza si è detto che il Distretto è parte dell’Asl e risponde, dunque, alla medesima logica della remunerabilità delle prestazioni erogate.

Le Asl, comunque, sono aziende sui generis nel senso che ai cittadini si richiede di partecipare ai costi solo per una quota limitata. Nel comparto dell’assistenza socio-sanitaria, uno dei primi settori di attività dei Distretti che la svolgono in coordinamento con i Comuni, se è vero che anche qui agli assistiti è richiesta una compartecipazione alle spese, trattandosi questi, spesso, di persone in situazione di disagio per cui vengono presi in carico dai servizi sociali, gli oneri in tali casi sono sostenuti interamente dal Servizio Sanitario Regionale.

È un po’, per intenderci, come i costi del Pronto Soccorso per l’accesso al quale non si paga il ticket. I Distretti collaborano con i Comuni per la predisposizione del piano socio-sanitario. Agli enti locali è attribuita la materia del sociale e alla Asl quella sanitaria e all’interno di tale programmazione vengono integrati i due aspetti. Non potrebbe, del resto, essere altrimenti in quanto per la cura della salute è indispensabile che le condizioni sociali dell’individuo non siano di ostacolo; del resto, questo è lo spirito che ha informato la Riforma sanitaria del ’78 da cui tutto discende.

Ai Comuni spetta il sostegno familiare con interventi per fornire l’aiuto domestico sostitutivo di quello che avrebbe potuto garantire la famiglia, il mettere a disposizione una residenza oppure assicurare, per qualche tempo, un’ospitalità alberghiera. Tale azione assistenziale può essere delegata dalle amministrazioni comunali alle Asl, assegnando loro le risorse economiche necessarie.

Sono due ambiti, quello sanitario e quello sociale che si intersecano di frequente fra loro potendosi avere azioni sanitarie che hanno effetti di tipo sociale, prendi le dimissioni dopo un ricovero ospedaliero dette protette per non abbandonare il paziente che non avrebbe a casa nessuno che provveda a lui, e azioni sociali di rilevanza sanitaria, come il mettere a disposizione una casa ben riscaldata, priva di umidità, ecc. per i soggetti di salute cagionevole.

Il campo di operatività del Servizio Sanitario Regionale è ben definito dalle normative succedutesi che attribuiscono ad esso, quella del 1985, la riabilitazione, l’handicap, il recupero dei malati mentali, la tossicodipendenza e, quelle che seguono, ogni trattamento di tipo sia intensivo che estensivo il quale si può prolungare a lungo nel tempo in base ad una disposizione del 1999 per consentire la continuità tra operazioni curative e riabilitative.

Infine, vi è l’Assistenza Domiciliare Integrata, ADI, la quale rientra addirittura tra i Livelli Essenziali di Assistenza, LEA. L’ospedalità a domicilio consiste in prestazioni di medicina generale e specialistica, in assistenza infermieristica e in terapia riabilitativa. È istituito il PUA, Punto Unico di Accesso che permette agli utenti di interfacciarsi contemporaneamente con i servizi sociali e i servizi sanitari.

Seppure non dipendenti dai Distretti è utile segnalare che nell’assistenza territoriale sono incluse le Residenze Protette dove viene ospitata una larga gamma di fragilità, dai portatori di handicap a coloro che sono in uno stato clinico instabile il quale impone una vigilanza continua a chi deve sottoporsi a trattamenti terapeutici frequenti. Non è unicamente con strutture site sul territorio che si fronteggiano le situazioni di disagio socio-sanitario perché ha un ruolo pure l’ospedale con le unità geriatriche con gli anziani che vi permangono fino al completamento della diagnosi e/o alla stabilizzazione della patologia dopo la quale vengono indirizzati  verso la sede riabilitativa valutata idonea o a casa.

Francesco Manfredi Selvaggi645 Posts

Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.

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