Violenza sulle donne: non basta punire, ma proteggere e prevenire
In tutto il mondo, da un quarto di secolo, il 25 novembre è la Giornata contro la violenza alle donne, ma la piaga, anzi la strage è troppo intollerabile per restringere a un solo giorno la nostra indignazione privata e collettiva.
La manifestazione nazionale organizzata da “Non una di meno” è sacrosanta, ma può bastare l’indignazione? Se dalla metà del nostro cielo piove sangue, siamo tutti, noi maschi e governanti in testa, colpevoli per l’esistenza di un retaggio di culture che credevano superate.
La Polizia di Stato segnala un femminicidio ogni 3 giorni e oggi siamo alla tragica quota di 95. Pochi giorni fa a Parma una donna di Larino poteva essere la numero 96. Aveva presentato ben 4 denunce contro l’ex marito e si è salvata solo perché la pistola del bruto (italiano) si è inceppata. Ora è logico che il bilancio 2019 possa arrivare a 100: agghiacciante, da non sembrare vero.
La filosofa Michela Marzano ci ricorda che nel 2013 il Parlamento italiano riconobbe che le violenze di genere sono un problema strutturale della nostra società e s’impegnò a implementare una triplice strategia: punire (i colpevoli), proteggere (le vittime), prevenire (le violenze). Un po’ come per il problema droga.
Poi però la politica si è limitata a mettere a punto un sistema giuridico repressivo, ma non si è preoccupata né della protezione delle vittime né della prevenzione della violenza. Gli stessi magistrati chiedono ora la revisione del cosiddetto codice rosso.
E’ dunque chiaro che per questo orrendo bubbone di femminicidi, stalking, stupri e minacce social non basta la sola repressione. I centri anti violenza sulle donne sono importanti ma ora bisogna puntare su una grammatica delle relazioni affettive, su educazione e cultura e su un vero piano nazionale di prevenzione.
Sia chiaro che anche su noi uomini dei media cade la responsabilità di rafforzare e mantenere alta la sensibilizzazione dell’opinione pubblica su questa piaga, al di là della inesorabile cronaca e senza mai cedere alla tentazione politica (in cui cadono i media di destra) di cavalcare i delitti commessi da uomini di pelle scura, come se la strage fosse prodotto d’importazione.
Limitarci ad affermare che “la strage va fermata” sarebbe pura retorica.
Giuseppe Tabasso362 Posts
(Campobasso 1926) ha due figli, un nipotino e una moglie bojanese, sempre la stessa dal 1955. Da pianista dilettante formò una band con Fred Bongusto. A suo padre Lino, musicista, è dedicata una strada di Campobasso. Il Molise è la sua Heimat. “Abito a Roma - dice - ma vivo in Molise”. Laureato in lingua e letteratura inglese, è giornalista professionista dal 1964. Ha iniziato in vari quotidiani e periodici (Paese sera, La Repubblica d’Italia, Annabella, Gente, L’Europeo, Radiocorriere). Inviato di politica estera per il GR3 della RAI, ha lavorato a Strasburgo e Bruxelles, a New York presso la Rai Corporation e a Londra e Colonia per le sezioni italiane della BBC e della Deutschland Funk. Pubblicazioni: Il settimanale con Nello Ajello (Ediz. Accademia, Roma 1978); Facciamo un giornale (Edizioni Tuttoscuola, Roma 2001); Il Molise, che farne? (Ed. Cultura & Sport, Campobasso 1996); per le Edizioni Bene Comune; Post Scriptum, Prediche di un molisano inutile ( 2006); Gaetano Scardocchia, La vita e gli scritti di un grande giornalista (2008); Moliseskine (2016). In corso di pubblicazione Fare un giornale, diventare giornalisti, Manuale di giornalismo per studenti, insegnanti e apprendisti comunicatori.
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