À la guerre comme à la guerre
di Francesco Montano
Siamo con Pasquale Marsilio mobilitato il 27 maggio 1940 presso il reggimento 208 Fanteria. Ci racconterà in breve la storia della sua esperienza. Nato a Lupara (CB) il 9 ottobre del 1919, è stato fatto prigioniero lungo il fronte francese il 9 settembre 1943. Ascoltiamo la sua storia entrando nelle vicissitudini e nel dramma che hanno caratterizzato gli anni dell’armistizio di Cassibile.
Sono partito da Reggio Calabria. Mussolini ha dichiarato guerra, allora c’era Mussolini e il re lui faceva sempre guerra voleva occupare tutto il mondo; nel ‘40 sono partito da Reggio Calabria e sono andato in Francia che si voleva occupare la Francia, siamo stati un po’ di giorni e poi ci hanno mandato indietro, hanno lasciato altri militari ad occupare la Francia. Noi siamo stati rimpatriati, ci hanno mandato vicino Roma, a Tivoli.
Da lì siamo stati mandati in Albania (Il regime monarchico fu rovesciato nel 1939, quando l’Albania fu occupata dall’esercito italiano. Mussolini, infatti, sentiva il bisogno di controbilanciare le azioni dell’alleato tedesco che nel marzo del ’39 aveva occupato la Cecoslovacchia. Con un’invasione lampo, il 7 aprile ’39 l’esercito italiano disarmò la debole resistenza albanese quasi senza colpo ferire. Il 16 aprile, l’Albania venne accorpata al territorio metropolitano italiano e Vittorio Emanuele III di Savoia venne proclamato Re d’Albania. Nel novembre del 1940, dopo il disastroso attacco italiano alla Grecia, un terzo del territorio albanese fu occupato dai greci. Alcuni battaglioni albanesi nelle divisioni Venezia e Giulia vennero distrutti dai greci mentre proteggevano la ritirata italiana. Il colonnello Pervizi (rappresentante del comando albanese) decise allora di sottrarre la brigata Tomorri al rischio di una seconda strage, abbandonando a sorpresa il campo di battaglia. Badoglio parlò di “tradimento degli albanesi” e decise il ritiro del loro esercito. In seguito all’intervento della Germania – subentrata nel 1941 in sostegno all’Italia – la Jugoslavia e la Grecia passarono sotto il controllo delle forze italo-tedesche. Ndr), a fare la guerra contro la Grecia.
Siamo stati tutto l’inverno con la neve, a dormire nelle tende con una coperta sola a terra. Dopo siamo tornati in Italia e siamo andati a rioccupare la Francia che nel frattempo si era rivoltata, lì sono stato fatto prigioniero. I francesi ci hanno messo nei campi di concentramento ci davano poco da mangiare e non ci lavavamo. Un giorno io e un altro ragazzo siamo entrati da un contadino (che stava a ridosso del campo. Ndr) e gli abbiamo chiesto se aveva qualcosa da mangiare, ci diede un po’ di insalata e qualche patata, poi ci chiese dove stavamo e se volevamo lavorare da lui.
Siamo stati parecchio a lavorare la terra da lui, l’amico mio zappava e io facevo tutti gli altri lavori della campagna; dopo un po’ di tempo altri contadini hanno reclamato perché lui aveva due operai e loro neanche uno. Allora hanno spostato l’amico mio e sono rimasto solo io a fare tutti i lavori, ho tirato un altro po’ da solo a lavorare lì, ma un bel giorno mi sono stufato perché mi dava troppo poco da mangiare e sono scappato lontano. Ho domandato in giro se ci fosse qualche italiano perché lì era stato occupato da italiani, lì c’erano molti contadini italiani, ne ho trovato finalmente uno e mi sono messo a lavorare da lui in campagna.
Sono stato lì 4/5 mesi dopo lo hanno saputo i carabinieri e mi sono venuti a cercare, mi hanno preso e mi hanno portato in caserma e dalla caserma mi hanno portato in un altro campo di concentramento in Francia dove c’erano anche altri compagni miei, sono stato lì un altro periodo. Un giorno è venuto il contadino con cui lavoravo all’inizio che cercava qualche italiano che si arrangiasse a fare il muratore; allora io subito ho alzato la mano perché mi arrangiavo un po’ ad aiutare i muratori qui in Italia; ci diede da mangiare, ci dava anche un po’ di soldi, però sapevano che erano sbarcati gli americani in Francia e stavano risalendo in Italia.
Sono scappato anche da questo italiano e sono andato via, sono andato dalle parti della stazione, i treni erano solo per materiale militare, chiedevo in giro dove fosse il campo di concentramento americano, però si era fatto buio e dormii in un fosso, c’era il coprifuoco. La mattina presi il tram per il campo americano mi dissero che dovevo scendere alla terza fermata, ma era una bugia, fortunatamente ho richiesto ad un signore nel tram che mi disse di scendere alla seconda fermata e così feci. Sono andato in direzione del campo americano, però quello che mi aveva detto della terza fermata aveva già avvertito i carabinieri perché mi aveva visto in divisa da italiano.
Mentre entravo nel campo americano i carabinieri mi stavano venendo a prendere, però lì, come responsabile del campo, ho trovato il figlio di un italiano emigrato in America che parlava anche un po’ di italiano e non mi ha fatto prendere. Gli ho raccontato tutta la mia situazione, un bel giorno mi ha fatto prendere il treno e mi ha fatto tornare in Italia. Ho sentito parlare italiano finalmente sono tornato a casa. Questa è, più o meno, la vita che ho passato da soldato; senza mangiare pieno di pidocchi perché non ci potevamo lavare, ho sofferto i maltrattamenti che ci facevano i francesi perché eravamo avevamo dichiarato guerra, eravamo traditori, avevano anche ragione. Mussolini voleva occupare tutto il mondo e il re lo assecondava. Noi soldati andavamo male perché facevamo la guerra stavamo fuori casa, sotto le armi ci davano qualcosa da mangiare, però la sofferenza è stata stare lontano dalla famiglia troppi anni.
Francesco Montano209 Posts
Nato a Campobasso nel 1984, laurea in Antropologia Culturale alla Sapienza. Collaboratore dal 2015. Ricerche a Lima, Roma e Campobasso. Pubblicazione relativa alla ricerca a Roma per la prevenzione e lo studio dei fenomeni di aggressività e bullismo: “la visione dei mondi nell’infanzia: rappresentazioni sociali bambine correlate alla costruzione della salute”; dal titolo: Narrazioni dall’infanzia su salute, corpo e amicizia. Ricerche etnografiche in tre scuole romane. Progetto realizzato grazie al contributo economico dell’istituto Montecelio, agenzia regionale per la comunicazione e la formazione; pubblicato a Roma nel 2009. Presentazione relativa alla ricerca a Lima: “Ananias: lotta all’abbandono scolastico mediante un programma di diagnosi e rieducazione per bambini/e con problemi di apprendimento”, realizzato dal CIES, in collaborazione con l’associazione peruviana Amigos de Villa, dipartimento di storia, culture, religioni – università degli studi di Roma “La Sapienza” e cofinanziato dal ministero Affari Esteri – DGCS e dalla regione Lazio. Roma 2012.
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