Geositi giunti a noi direttamente dal pleistocene
di Francesco Manfredi-Selveggi
Mentre il mondo vegetale e quello animale sono in evoluzione il mondo delle rocce è immutabile. Almeno se noi non lo alteriamo con la realizzazione di cave, di scavi, ecc. Per la sua protezione sono scesi in campo l’Unesco, la UE, lo Stato e anche la Regione.
Le risorse ambientali, sulle quali fondare le nostre prospettive turistiche, sono pressoché infinite come dimostra l’interesse recente posto sulle emergenze geologiche finora poco considerate. Il merito di questa, per così dire, scoperta va attribuito innanzitutto all’Unesco che nel 1995 ha iniziato un’attività di promozione di tali beni. Per l’Italia è stata l’Ispra, in collaborazione con le Regioni tra le quali c’è anche il Molise, ad effettuare un censimento completo sul suolo nazionale che ha portato alla catalogazione di ben 3.500 geositi (che sta per siti geologici).
Per quanto riguarda l’apporto degli uffici regionali è da evidenziare che la loro autonomia nel censire le formazioni geomorfologiche è stata limitata dovendosi necessariamente avere un coordinamento nazionale, altrimenti a fatti come i circhi glaciali, vedi quello di m. Miletto, i quali sono una rarità sull’Appennino, ma non nelle Alpi sarebbe stato attribuito un valore eccezionale. In verità, tornando al tema della primogenitura del riconoscimento di valore ad aspetti particolari della geologia, essa non spetta, almeno nel nostro Paese, all’agenzia internazionale che si occupa di cultura perché la legge sulle “bellezze naturali” del 1939 già riteneva meritevoli di tutela “le cose immobili che hanno cospicui caratteri di. . . singolarità geologica”.
Gli episodi geologici hanno cioè valore di Bellezze Individue, una delle due categorie di cui si compone il patrimonio paesaggistico, l’altra è le Bellezze d’Insieme. Le prime possono essere incluse nelle seconde, cioè nei paesaggi degni di tutela, ma, comunque, conservano una propria specificità essendo soggette ad un’imposizione di vincolo specifico. I geositi, sempre nel nostro Stato e sempre antecedentemente all’iniziativa promossa dall’organismo dell’ONU, siamo nel 1991 quando venne varata la Legge Quadro sui parchi, sono assimilabili agli elementi di piccola scala con valenze naturalistiche.
È un’ulteriore misura vincolistica che si aggiunge a quella stabilita dalla normativa per la protezione delle peculiarità non della natura in senso proprio ma questa volta percettive cui si è accennato. La predetta disposizione legislativa sulle aree protette sembra restringere la possibilità di sottoporre a salvaguardia la conformazione della Terra solo qualora si tratti di superfici limitate. Da qualche anno, invece, si comincia a parlare di geositi anche per porzioni ampie di territorio ed a questo è seguito nel dibattito sulle aree protette la proposta di poter avere parchi nei quali è insita la vasta dimensione, coincidenti con geositi estesi.
La stessa Unesco ha riconosciuto la validità dell’iniziativa che ha portato alla formazione della Rete Europea dei Geoparchi. La SIGEA ha avanzato l’idea di creazione di un geoparco pure per il Matese in quanto è un massiccio che ha caratteristiche unitarie di carsicità. L’essere un geosito grande non esclude che al suo interno vi siano geositi minori quali le doline, le cavità, l’anfiteatro formatosi a seguito della scomparsa del ghiacciaio.
C’è una ulteriore misura di preservazione dei geositi che è legata alla conservazione della Biodiversità rientrando tanti di essi, dai calanchi Manes a Morgia Schiavone alla Forra di Arcichiaro, nella lista dei Siti di Importanza Comunitaria: i geositi per via del loro substrato roccioso, la morgia, o per quello argilloso quando il terreno è in forte pendenza, il calanco, o per l’essere sede di corso d’acqua, la forra, non sono mai stati considerati risorse utili per l’uomo, qualcosa da poter sfruttare e, pertanto, non sono stati alterati dalle attività antropiche, es. la coltivazione, e ciò ha determinato che gli habitat animali e vegetali lì presenti non siano stati distrutti.
A livello molisano è in cantiere un provvedimento legislativo riguardante il «parco delle morge», gli spuntoni rocciosi posti lungo il torrente Rivo tra Pietracupa e Trivento, il quale si muove nel campo della promozione di tali beni. Sono varie le idee sulla valorizzazione di questo patrimonio ambientale che meritano di diventare cose concrete come il progetto di itinerari e di visite guidate, la realizzazione dei percorsi attrezzati (vi è già uno che riguarda la Morgia dei Briganti), la pubblicazione di volumi scientifici o di guide turistiche (quello comprendente la catalogazione dei geositi dell’Alto Molise voluto dall’Assessorato regionale al Turismo è pronto, ma non è stato ancora diffuso).
I geositi e in genere le manifestazioni geologiche meritano di essere custodite anche per i rimandi culturali dei quali più di uno di loro sono carichi. Le grotte sono, da un lato, paurose essendo il nascondiglio di banditi (la citata Morgia dei Briganti) e, dall’altro lato, sono cariche di misticismo (la chiesetta rupestre di Busso); le irregolarità dei massi pietrosi suscitano anch’esse contrastanti emozioni, tanto di terrore (l’impronta della mano del diavolo presso S. Egidio di Boiano) quanto di tipo devozionale (la “pedatella” di S. Margherita a Colledanchise, quasi un calco del piede della santa); viene da precisare, perlomeno per quanto riguarda i segni misteriosi sui blocchi lapidei, che i nostri antenati erano suggestionati dalle particolarità geomorfologiche nonostante l’esiguità delle tracce lasciate, si prendano i “campanarielli” di Roccamandolfi che sono delle ardite guglie, alla stregua di quelle dolomitiche.
Pure quando il calcare non è nudo, cioè a vista, bensì coperto parzialmente da vegetazione, esso è in grado di ispirare visioni fantastiche come denuncia il nome attribuito dagli abitanti di S. Massimo di Pietra Palomba (che significa piccione) a quella gobba del rilievo montuoso che si protende nella valle quasi volesse spiccare il volo.
Francesco Manfredi Selvaggi645 Posts
Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.
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