«Happy Next», la felicità da tutto esaurito
di Giovanni Petta
Simone Cristicchi al Teatro Comunale di Orsogna
Sold out anche la terza serata dell’«Happy Next» di Simone Cristicchi, spettacolo scritto con Francesco Niccolini e portato in scena con la regia di Roberto Aldorasi. La nuova proposta artistica del cantautore di «Abbi cura di me» è un’osservazione spietata della realtà quotidiana e, insieme, il tentativo di dare qualche dritta a chi si propone il raggiungimento della felicità come obiettivo necessario per la propria esistenza.
«La felicità non esiste – viene detto subito, per spazzare via il campo da possibili fraintendimenti – e se esistesse sarebbero sette miliardi di felicità diverse, una per ogni uomo che vive sulla Terra!» La prima parte dello spettacolo è una parodia esplicita della Tv spazzatura, un’avversaria della felicità: intrattenimento che gioca sporco perché propone un succedaneo pericoloso, una felicità virtuale che non si realizza nella vita delle persone comuni e che illude e sconvolge per poi lasciare amarezza e insoddisfazione.
Cristicchi recita la parte del conduttore televisivo di un programma che, pur nelle sue iperboli, segue per filo e per segno la ricetta che da anni viene utilizzata per il raggiungimento di audience televisive importanti: continue frammentazioni della narrazione, banalità lapalissiane, emozioni da quattro soldi e umanizzazione del tutto con interventi «teneri» di bambini o di persone sofferenti. Con il coinvolgimento del pubblico e con battute che il «trash» sembra farsi da solo, si giunge alla prima chiusura del sipario e Cristicchi e i suoi complici (Ariele Vincenti, Cristina Piedimonte, David Voci Sciabordi) salutano il pubblico come si fa alla fine di un programma televisivo.
Comincia poi la seconda parte. Cristicchi, solo in palcoscenico, prova a trovare la soluzione per definire e quindi raggiungere la felicità che tutto quanto descritto nella prima parte, parodica e divertente, non può dare. Troppo difficile. Cristicchi non è Celentano e da lui non ci si aspetta la soluzione definitiva. Anche perché nessun pensatore contemporaneo, né i filosofi del mondo antico l’ha mai trovata. Si ascolta così un testo debole che parla di parole importanti: attenzione, umiltà, creatività… Cristicchi le elenca e le commenta, nella speranza di provocare nello spettatore un cambiamento importante che faccia «guardare le cose con occhi diversi».
Cristicchi non è Celentano, si diceva. Al molleggiato si perdonano i pistolotti, persino lunghi e noiosi. Cristicchi è un poeta che potrebbe evitare l’apostrofe, il rivolgersi in seconda persona, per indicare percorsi di vita da seguire. Questo è compito dei predicatori, degli uomini di fede. E anche i più luminosi tra questi hanno spesso evitato la catechesi delle parole preferendo l’esempio e fidandosi dell’emulazione. Il poeta può segnare cammini importanti ma non deve farlo con la prosa e con i regolamenti, soprattutto se tali indicazioni sono scritte da tempo e persino ripetute continuamente, anche se in vesti banali che ne indeboliscono il senso, sui social.
Battiato ha indicato per oltre quarant’anni percorsi importanti per trovare la Verità. Ha spiegato spesso le cose che inseguiva ma solo nelle interviste. Nelle sue proposte artistiche – anche in quel caso molto diversificate, dalla canzone pop alla pittura, dall’opera musicale alla regia cinematografica – ha sempre raccontato storie, proposto emozioni, restituito il resoconto distillato di quanto avveniva nella sua interiorità. Non è questa la poesia?
Nella seconda parte di «Happy Next», invece, lo spettatore è investito da una proposta di vita talmente esplicita da risultare inefficace. Sembra quasi la continuazione della parodia del primo tempo, fatta questa volta nei confronti dei predicatori televisivi di reti religiose. La responsabilità di tale costruzione di una «via felice» è persino pericolosa: il pubblico presente, di età media intorno ai 50 anni, già prevenuto nei confronti dei giovani, ha sentito parlare di «digifrenia» – essere assorti nei social – e ciò rischia di eliminare i sensi di colpa, con un velocissimo colpo di spugna, dalla coscienza di quegli adulti che dovrebbero invece sentirsi colpevoli per il mondo che hanno creato e lasciato in eredità ai ragazzi.
Seconda parte troppo didascalica, dunque, che sembra quasi conseguenza di una pigrizia autorale. Come sarebbe stato questo lavoro teatrale se gli autori si fossero impegnati per non lasciare Cristicchi da solo con il suo monologo? Da Cristicchi ci si aspetta altro: ci si aspetta la Poesia. Il cantautore ha la capacità di dire le stesse cose con l’ironia e la profondità poetica del suo pensiero, con le canzoni e con il racconto della sua vita e delle altre che ha sempre osservato con attenzione e delicatezza. Per trasferire messaggi importanti, il cantautore laziale non ha alcun bisogno di salire in cattedra, né sul pulpito. Gli basta scrivere e interpretare, gli basta continuare a raccontare la vita degli uomini e delle cose del mondo con la stessa arte che ha utilizzato nella prima parte della sua carriera. Arte che possiede e che ha già dato frutti importanti.
Giovanni Petta76 Posts
È nato nel 1965 in Molise. Ha pubblicato le raccolte poetiche «Sguardi» (1987), «Millennio a venire» (1998) e «A» (2016); i romanzi «Acqua» (2017), «Cinque» (2017) e «Terra» (2021) ; il saggio giornalistico «L'Italia delle regioni, il Molise dei ricorsi» (2001) e, con lo pseudonimo di Rossano Turzo, «TurzoTen« (2011) e «TurzoTime» (2016). Allievo di Mogol, ha inciso «Non crescere mai» (1993), «Trema terra trema cuore» (single, 2003), «Il bivio di Sessano» (2012). Ha diretto le testate «Piazzaregione» e «L'interruttore». Ha coordinato l'inserto molisano de «Il Tempo».
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