L’Italia al tempo del Coronavirus

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di Angela Frattolillo

La mia generazione ha attraversato il ‘900 con tutte le sue atrocità, genocidi, massacri, carneficine e crudeltà inenarrabili fino all’esperienza tremenda della guerra nucleare in Giappone. Alla fine del secolo “greve” più che “breve”, la caduta del Muro di Berlino, l’unificazione delle Germanie, il dissolvimento del gigante sovietico con la liberazione faticosa e sanguinosa del suo mosaico di popoli, il consolidamento dell’Unione Europea, aprivano il cuore alla speranza di una possibile Era priva di conflitti o almeno di pace non guerreggiata.

Ma la disgraziata, ottusa politica praticata nelle regioni asiatiche e in quelle mediorientali dalle diverse potenze occidentali, il dominio planetario della Finanza e del Commercio, la corsa sfrenata al consumismo e alla produzione senza limiti, la mercificazione dei popoli, la rapida capillare diffusione dei mezzi digitali di comunicazione, hanno generato e diffuso una mentalità edonistica ed egoistica, lo svuotamento dei valori etici, religiosi e culturali, un malessere dilagante sotto bandiere ed ideologie diverse.

Il nuovo secolo si è annunciato con un’alba di terrore, l’11 settembre 2001, con l’attacco kamikaze e la conseguente carneficina al crollo delle Due Torri gemelle a New York. La guerra terroristica islamica dichiarata alle società crociate e cristiane ha continuato a seminare morti, stragi innocenti, distruzioni in tutto l’occidente. Sospetto, paura di spostarsi anche fisicamente, hanno contrassegnato il primo ventennio in cui, nonostante le acclamate difese militari e dei servizi segreti messe in campo, aeroporti, piazze, strade, adunate festose e mercati anche natalizi, sono stati teatri delle follie omicide jihadiste.

Ha presentato il conto anche la Natura selvaggiamente sfruttata e violentata, disboscata, avvelenata nel suo corpo e nelle sue arterie di materiali degenerati, di composti chimici, elettronici, nucleari, surriscaldata dalle forsennate industrie, dall’emissione massiccia di gas serra. Il Pianeta ha registrato periodi di siccità lunghissimi, estati roventi mentre i ghiacciai arretrano inesorabilmente e si scatenano violenti tifoni e devastanti cicloni, piogge furiose da diluvio universale con conseguenti alluvioni, frane, morti e desolanti distruzioni.

Lo squilibrio e le ineguaglianze sociali ed economiche fra il Nord ed il Sud del mondo, l’espansione della Cina, nuova , feroce potenza coloniale che s’impadronisce delle miniere, dei campi, dei porti africani ed europei, che ha inondato il pianeta con le sue merci ricattando tutti con la sua potenza finanziaria e commerciale, hanno fomentato lotte tribali, guerre per il potere, sacche umane di povertà insopportabile e maree di profughi in fuga da guerre e carestie.

Dall’Asia e dall’Africa fiumane umane si sono riversate sul continente europeo inseguendo miraggi di felicità e facilità di vita. L’Europa ripiegata nella difesa dei propri interessi economici e industriali, gelosa delle sue individualità nazionali e delle sue prerogative commerciali si è mostrata titubante se non ostile di fronte alle torme umane spiaggiate sulle coste greche ed italiane. Ondate di africani provenienti dalle terre sub sahariane messe in moto da trafficanti internazionali senza scrupoli e da associazioni criminali finalizzate a lucrare sulla prostituzione, sul commercio di organi umani e sulla droga, sono approdate sull’isola di Lampedusa e sulle coste pugliesi e siciliane.

Il Paese ha accolto stupìto ma generosamente questa inarrestabile immigrazione, memore della sua storia di povertà e di espatri oltreoceano. Ospedali, caritas, case dei rifugiati e dei pellegrini, associazioni laiche e religiose, confraternite di varie Misericordie, comunità di volontari, in primis quella di s. Egidio, hanno accolto, nutrito, curato ed inserito in programmi linguistico-culturali e professionali profughi di qualsiasi nazionalità e credo.

Ma la dilagante crisi economica, la crescente disoccupazione giovanile che ha costretto all’espatrio le nostre migliori intelligenze, la confusa, permissiva politica praticata senza una rigorosa ed efficiente organizzazione nazionale, hanno generato una disordinata frantumazione di accoglienze e di smistamenti, baraccopoli fatiscenti, indecenti e miserabili per queste turbe di poveri.

E’ stato praticato lo sfruttamento lavorativo soprattutto nel Sud, al limite dello schiavismo, nei confronti di questa umanità. Incontrollabile la prostituzione anche minorile praticata e la diffusione capillare della droga favorita dalle intese fra Mafia italiana e nigeriana; crescenti i furti, le rapine, gli stupri e le uccisioni. L’insicurezza e la rabbia sociale hanno favorito l’affermazione del sovranismo, facendo riemergere il fondale mai purificato del fascismo-nazismo becero con i suoi simboli, le sue farneticanti ideologie ed il suo sbandierato odio razziale.

Su questo cupo fondale striato da faglie e crepe minacciose si è inserito la letale pandemia del Covid-19 diffuso dalla provincia cinese Wuhan e dal distretto di Hubei dal dicembre 2019.

La nota sorprendente è che il mondo globalizzato preoccupato solo della finanza, della produzione, del commercio e della esportazione, in perenne tensione di equilibri geopolitici con tutta la sua mappa di guerre, non ha considerato l’eventualità di una pandemia devastante per la salute e per l’economia in tutto il pianeta.

Eppure una normale riflessione sui precisi e puntuali studi delle Comunità Scientifiche Internazionali, la sequenza dal 2003 al 2014 di quattro gravi epidemie (la Sars, l’influenza aviaria, la Mers mediorientale, l’ebola in Africa, per non menzionare quella dell’AIDS nel 1982), avrebbe dovuto definire maggiori poteri all’OMS, avrebbe dovuto far approntare protocolli comuni obbligatori sulla rapida comunicazione (mancata da parte della Cina!), sul contenimento dei trasporti e del virus patogeno, avrebbe dovuto determinare una chiara organizzazione politica nella gestione della letale infezione virale.

Ma le risposte politiche sono state inesistenti o titubanti. Tutti i governi totalmente impreparati e in preda al panico, fra errori madornali ed imperizie anche nella comunicazione, si sono mossi nell’emergenza sanitaria annaspando per approntare norme e strumenti necessari a proteggere la salute delle proprie comunità. L’Italia sorpresa ed impreparata anche a livello di dispositivi medici disponibili, dopo un decennio di smantellamento, a favore di quello privato, del Servizio Sanitario Nazionale, ha tentato di arginare lo tsumani del covid-19 chiudendo progressivamente scuole,uffici, negozi, aeroporti, musei, strade, limitando il traffico urbano e ferroviario, fabbriche, Imprese,ed isolando cittadini e territori.

La Nazione è piombata nella paura e nell’angoscia, in un improvviso silenzio divenuto catacombale e tragico. Si è rievocato “Edipo re” con la sua scena iniziale della città di Tebe colpita dalla peste, le pagine della pestilenza manzoniana sono state argomento di amara riflessione.

E’ mancato il rito collettivo deputato a elaborare il lutto presente con le migliaia di morti che vengono quotidianamente contabilizzati. Mancano le processioni dei penitenti imploranti la grazia divina per la fine della pestilenza, come le passate morbilità hanno documentato. Anzi , per evitare il contagio, sono state vietate tutte le funzioni e le liturgie religiose, molte chiese e cattedrali sono state chiuse.

In questo silenzio di Dio ho colto un segno terribile per le nostre società che hanno da tempo allontanato Dio nella presunzione della propria efficiente capacità di previsione e di dominio di sé e del mondo, nel culto idolatrico di altri vitelli d’oro. L’Europa scristianizzata che non riconosce le sue radici giudaico cristiane, l’Europa secolarizzata che non riconosce la diversità dei generi per combattere la famiglia tramandata dalla tradizione biblica e far posto agli omosessuali, alle coppie gay ed ai gender, l’Europa islamizzata che ha rinnegato il Natale ed il Crocifisso, ora vive la Quaresima in coatto isolamento individuale senza neanche il conforto dei rintocchi delle campane.

Ancora più desolante la condizione degli ammalati di Covid-19 la cui agonia e morte negli ospedali è priva del commiato, dei sacramenti e della funzione religiosa, stante il divieto assoluto di presenze umane escluse quelle sanitarie. La pena del contrappasso di memoria dantesca mi appare evidente: al rifiuto ostinato dell’amore di Dio e alla indifferenza per tutti i doni gratuitamente ricevuti da Dio, la vita si conclude nel buio e nell’abbandono totale.

In questo momento in cui si sono arrestate tutte le fibrillazioni e sospese tutte le iperproduzioni, ci scopriamo fragili, indifesi, tutti precari. Siamo forzati nelle nostre quattro mura a meditare su dove stavamo andando e dove dovremo andare. Le generazioni che popolano le città assediate dal virus hanno vissuto concentrate sui diritti, disabituate a privazioni , al coprifuoco, ai Comitati di Sanità pubblica.

Da decenni si vive la facilità del reale, la realtà come un diritto. Questo praticato irrealismo spettacolare, catodico e digitale ha fatto percepire con ritardo fatale anche il pericolo del coronavirus aggravato dalla sfiducia nell’Istituzione che si è contraddetta, ricomponendo sfinitamente le sue comunicazioni. Pertanto la decisione del Governo il 9 marzo 2020 di trasformare l’intero territorio nazionale in una zona protetta, ha comportato l’assalto ai Frecciarossa per il Sud insieme al balletto delle disposizioni del Ministero dell’Interno, della Protezione Civile e delle Regioni. E’ collassata la Borsa, si sono rivoltati i detenuti nelle carceri mentre in un clima di guerra, medici, infermieri, operatori socio-sanitari scendevano nella trincea lombarda.

Mentre noi affondavamo, i Paesi confinanti hanno precipitosamente chiuso frontiere ed aeroporti, l’Europa ha abbandonato l’Italia alla sua gravissima crisi sanitaria ed economica sottovalutando il rischio pandemico del coronavirus che nessuna barriera o confine può arrestare.

Il Covid-19 può rappresentare un rischioso contraccolpo per il vecchio Continente, può rappresentare la morte dell’Unione Europea assente da molti decenni su molti fronti, in primis nella politica estera. La marea di profughi per la cui custodia Erdogan ha preteso miliardi di euro dall’Europa, viene ora ammassata dalla Turchia alla frontiera europea per ricattare ancora una volta l’Unione eternamente indecisa sul gravissimo problema.

Anche per il coronavirus l’Europa avrebbe avuto il tempo di organizzare le contromisure conseguenti all’epidemia cinese, avendo competenza sulla Sanità, ma è rimasta afona ed indifferente. Ogni Paese membro si è mosso per conto suo finanche nella gestione dei trasporti. Risultano ancora fatali gli egoismi nazionali senza pensare di creare strutture di coordinamento internazionali. Questo shock sta provocando una crisi senza precedenti perché colpisce tutti i settori dell’industria, del turismo, del commercio e del terziario con un impatto esteso e violento.

La paura del contagio colpisce attività che prevedono contatti con le persone, quindi tutte le attività, provocando l’interruzione delle catene produttive e determinando un “effetto domino” sull’offerta di beni e servizi su scala globale. Insomma il mondo riquadrato nel visibile, senza cornice effimera, registra una guerra in atto che devasta il Pianeta con cui bisogna fare i conti e che comporterà inesorabilmente cambiamenti radicali per l’umanità.

La sperimentazione di smartworking attuata in questa circostanza per riorganizzare spazi e tempi di lavoro,mette in campo modelli di occupazione distribuita in modo flessibile fra casa e ufficio. Permette cioè risparmi decisivi sulle spese di viaggio, di delega a terzi degli impegni domestici, consentendo un uso più flessibile del tempo che, ben gestito, non incide sull’efficienza del lavoro.

Il modello del terziario fin qui seguito si è frantumato facendo saltare il collegamento con la comunità sociale che il lavoro ha sempre rappresentato. Quindi va ripensato in modo umanista le possibilità e l’impatto delle tecnologie sull’occupazione umana. Penso alle intelligenze artificiali, ai robot e alla relativa analisi radicale di Daniel Susskind “Un mondo senza lavoro”. Ma l’esplosione di questa nuova Rivoluzione Tecnologica non deve ripetere gli errori di quelle precedenti, ovvero la prospettiva di aumento continuo ed illimitato della produttività e dei consumi , ma lo sviluppo di capacità e competenze che permettano di indirizzare e accompagnare questo cambiamento epocale nell’ottica del rispetto della Natura e di programmi di uguaglianza sociale ed economica.

L’emergenza del coronavirus ha evidenziato anche che la Cina ha il monopolio nei settori dell’automotive, dell’elettrodomestico, del biomedicale per cui il blocco delle forniture ha paralizzato anche la gran parte delle aziende italiane. Obbligatorio perciò ripensare alle strategie industriali, rivedere le filiere e le catene globali attivate al fine di selezionare servizi essenziali, le attività fondamentali e le produzioni su cui abbiamo vantaggi competitivi.

Penso al monopolio asiatico degli ingredienti farmaceutici attivi preparati su brevetti europei ed americani che, con il blocco delle esportazioni di numerosi ingredienti e materie prime essenziali per il trattamento dei malati del covid-19, ha provocato, insieme alla lievitazione dei prezzi, notevoli disagi ed alta mortalità in Europa. Questo nuovo scenario perciò obbliga a rivedere gli equilibri internazionali, in particolare obbliga il nostro Paese a responsabilizzare Istituzioni locali e nazionali ad investire nelle infrastrutture materiali ed immateriali (banda ultra-larga/formazione/cultura gestionale), a formare personale competente in grado di gestire i cambiamenti tenendo presente che esiste un unico bene comune globale che appartiene a tutte le donne e agli uomini: la vita.

Le piazze e gli spazi pubblici svuotati di sagome umane, le stelle spente delle insegne commerciali, il silenzio ed il vuoto che dominano i nostri giorni di reclusi nello spazio domestico, ci costringono a ripensare e rivedere anche gli schemi della nostra vita. Ci si rende conto del valore insostituibile dell’amicizia e della fraternità umana che nessun dispositivo elettronico può rimpiazzare, ci si renderà dolorosamente conto della confortante comunicazione parentale fin qui confinata nelle temporanee necessità e nel formalismo occasionale.

Saremo tutti costretti a correggere, migliorare gli allentati, distratti e sbrigativi se non superficiali rapporti familiari. Saremo obbligati a conoscere veramente chi ci sta intorno, a guardare con occhi e cuore diversi anche i figli per i quali sovente non si è avuto il tempo, l’attenzione e la cura dovuti.

Il deserto dell’anima è sempre il luogo per inabissarsi e ritrovare se stessi. E’ la condizione necessaria per guardare oltre il quotidiano ed il limite del proprio orizzonte perché il finito possa respirare l’Infinito.

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