Chi crepa e chi pazzeia
di Rossano Turzo
Turzo thirty-one special
Quando è arrivata la notizia alla Cantina Iammacone, l’abbiamo presa sottogamba. Possibile che nel 2020 dobbiamo stare chiusi dentro casa per un’influenza? Possibile che i vecchi crepano più facilmente? Perché, prima non era così? Possibile che dobbiamo stare a un metro di distanza come a quando facevamo le esercitazioni in piazza per il sabato fascista? Insomma, ognuno faceva la battuta sua e tutti ridevano come a quando Ruzzone si ubriaca e ci racconta le cose sue di famiglia.
E pure l’ex direttore amministrativo dell’Asrem si è messa a pazziare. Il 6 aprile ha pubblicato una cosa sopra a Facebook: «È gghiuta a pazziella ‘mmane ‘e criatur’». Il figlio di Iammacone ce l’ha subito fatta vedere e tutti ci siamo messi a ridere.
Mentre Iammacone nominava Ruzzone commissario dell’emergenza, però, ognuno di noi ha fatto un pensiero a quello che aveva scritto l’ex direttore amministrativo. Iammacone ha subito detto a Ruzzone: «Ecco, non appena ha saputo che ti ho nominato ha scritto di te!» E tutti a ridere. Ruzzone, intanto, non si è fatto prendere dalle stronzate che dicevamo e si è subito messo al lavoro. Ha detto che tutti dobbiamo morire e che il Corona Virus non ci avrebbe fatto crepare prima di quando ci toccava.
Secondo Nicola Ierva – che conosce la Regione perché ha fatto l’autista a un assessore negli anni Ottanta e lo portava pure alla cresima del nipote sotto al ristorante da Roberto, quello sulla Bifernina – l’ex direttore dell’Asrem si riferiva a quelli che mo gestiscono la sanità perché se no che c’entrava che parlava lei.
«Non è possibile – ha detto Mustaccio -; mica può dire male di chi fa lo stesso lavoro che faceva lei prima di andare in pensione! Secondo me ce l’aveva con i nipoti che hanno rotto l’uovo prima di Pasqua».
Intanto, mentre stavamo discutendo, si è ammalato il postino che abita di fronte e l’abbiamo visto uscire dentro a una ingerata di plastica. Ci siamo messi paura e Ruzzone, da commissario dell’emergenza ha subito dichiarato la quarantena e non ha fatto entrare più nessuno dentro alla Cantina. Poi, ha fatto un comunicato per dire che prima che arrivava dalla Cina a qua, il virus si sarebbe squagliato nei pressi di Samarcanda. E tutti noi abbiamo cantato “Oh oh cavallo, oh oh cavallo, oh oh!”
Subito dopo, ha fatto un altro comunicato che diceva che la mascherina non serviva perché il virus passava pure dentro al tessuto e si infilava dentro alle froscie, oppure ti poteva acchiappare dentro alla palpebra se qualcuno ti sputava in faccia. Anche se ti sputava con rispetto, nel senso che gli scappava la vava mentre ti diceva cose educate senza che ti voleva offendere.
Intanto, la frase che aveva scritto l’ex direttore dell’Asrem risuonava dentro alla Cantina come a un’astema di Satanasso. A chi si riferiva? Con chi ce l’aveva? Uno che ha fatto parte dell’istituzione può dire una cosa del genere dell’istituzione? Non è possibile. È come se uno, mentre fa il discorso da capo del governo, parla male dell’opposizione. Non era possibile, ma la maggior parte di noi si è messa paura più di quella frase che del virus perché se si riferiva alla situazione nostra, allora stavamo freschi!
Ruzzone ha detto: «Non vi mettete paura! Se non vi siete morti con le bottiglie di acqua appese al femore sfracassato per fare la trazione al pronto soccorso di Isernia, non vi crepate manco mo!» Però, per sicurezza, ha riconfermato la quarantena e ci siamo chiusi dentro e non abbiamo fatto entrare manco quelli del Circolo Acli.
Ruzzone ha deciso che non dovevamo avere rapporti con nessuno. Che tutto era chiuso da quel momento fino alla festa di Sant’Anna del 26 luglio. La Peroni ce l’avevamo fino a ottobre e la roba da mangiare ce la potevano portare da fuori. Ce la mettevano sul davanzale della finestra e se ne potevano andare a casa del diavolo se tenevano paura che li potevamo contagiare.
La notte stessa, però, mentre stavamo dormendo sono arrivati con le ambulanze perché ci volevano portare a Venafro. Gli autisti si erano messi certe tute come a quelle di Mario Sterno quando faceva il cantoniere. Facevano pio pio con le luci dell’ambulanza e si erano coperti pure le scarpe. Sembravano come ai nostri nipoti quando si vestono da astronauti per pazziare. Allora ci siamo ricordati di quello che aveva scritto l’ex direttore dell’Asrem, della pazziella e dei criaturi, e abbiamo deciso di non uscire.
Si è affacciato solo Ruzzone. «Che volete?» ha detto. «Vi dobbiamo trasferire a Venafro!» hanno risposto. «A Neuromed?» ha chiesto Ruzzone. «No, all’ex ospedale» hanno risposto quelli. Il nostro commissario dell’emergenza, allora, non si è fatto prendere alla sprovvista. «Qua sono morti tutti – ha detto – ma erano tutti vecchi e ubriaconi!» «E tu?» gli hanno chiesto da fuori. «A me mi manca poco. Cinque minuti, metto a posto ‘ste quattro cose e poi me ne vado pur’io!» Allora gli autisti si sono rimessi sopra alle ambulanze e se ne sono andati. Quando Ruzzone ha chiuso la finestra e si è girato verso di noi, gli abbiamo abbattuto le mani.
0 Comments