Le pinete, boschi di stato
Le piantagioni di conifere presenti in gran numero nella nostra regione sono state effettuate sempre con fondi pubblici. Tale spesa si imponeva per arrestare i fenomeni franosi così diffusi nel Molise, mentre oggi si preferisce eseguire costose opere di ingegneria per trattenere lo scivolamento del terreno. Sono ormai integrate nel territorio, fuse con le altre componenti del paesaggio.
Il bosco viene considerato un elemento di interesse naturalistico e ciò è indubitabile, viene considerato un bene di qualità paesaggistiche e pure questo è certo, ma non viene mai valutato come espressione anche di un sistema sociale che se non lo ha prodotto ha, comunque, condizionato la sua conformazione. C’entra in riguardo alla questione del rapporto con la società, il tema del potere, di come esso ha influito sull’assetto del patrimonio boschivo.
I famosi “boschi dell’impero”, tra i quali uno molto esteso sta tra Castelpetroso, S. Angelo in Grotte e Macchiagodena, furono impiantati dal regime fascista, di qui il loro nome che è legato all’avventura imperiale, per una duplice motivazione: da un lato quella dell’occupazione operaia e, dall’altro lato per il consolidamento di versanti instabili. Dal punto di vista dei contadini del posto tale iniziativa ha risvolti tanto positivi (a breve termine), le giornate di lavoro per la messa a dimora delle piantine, quanto negativi (a lungo termine) per la sottrazione al pascolo delle superfici destinate al rimboschimento sulle quali, essendo particelle comunali, era consentito solitamente far brucare le pecore.
Chi, piuttosto che vivere, sopravvive sfruttando le poche risorse che aveva a disposizione, compreso i suoli in forte pendenza dove la vegetazione è magra e l’erba fa fatica ad allignare tra le pietre patisce un danno per la sua stentata economia dalla privazione dell’utilizzo di tali appezzamenti, mentre nell’ottica dell’interesse generale il rimboschire, in quanto limita il dissesto, rappresenta un beneficio. Nei boschi di conifere, la specie utilizzata nella formazione di nuove aree forestate, non cresce il sottobosco per via degli aghi dei pini che si depositano a terra e la steriliscono e pertanto il rimboschimento costituisce una perdita netta per coloro che tentavano di strappare qualche utilità, magari gli arbusti, da questi terreni marginali.
Nessuno, va detto, a quell’epoca, la quale va dall’Unità d’Italia agli anni ’70 del secolo scorso, ricomprendendo il Ventennio, pensava alle valenze ecosistemiche degli ambiti forestali, con benefici né a livello di collettività né, tantomeno, a quello individuale. Che si sia trattato di atti di forza è ben chiaro se si tien conto che ad eseguire i progetti di riforestazione è stata una branca delle forze, appunto, armate, il Corpo Forestale dello Stato, prima la Milizia Forestale. Solo con l’avvento delle regioni, siamo nel 1970, i lavori vengono effettuati da organi espressioni delle amministrazioni locali quali l’Ente di Sviluppo Agricolo e, specialmente, le Comunità Montane.
Le pinete costellano tante parti del paesaggio molisano, dalla località La Pineta di Isernia, molto vasta, (è l’unico caso qui da noi in cui il toponimo deriva dalla presenza di questo tipo di bosco) al rilievo su cui sorge il castello di Civita Superiore a Boiano al quale, peraltro, ben si addice l’albero sempreverde che rimanda alla perennità, alla medesima stregua del monumento. In base a quanto discusso prima le pinete possono essere assunte come rappresentazioni “plastiche”, concrete sul territorio dell’autorità di governo.
Tale ruolo esse lo assolvono bene per numerosi rimandi che tale tipologia forestale ha con l’essenza stessa dello Stato: l’alberatura segue un preciso sesto d’impianto, disposta com’è su gradoni, che equivale ad ordine, cosa che non c’è nelle foreste naturali; il colore identico degli esemplari arborei fa pensare all’uniformità dei cittadini-sudditi, sociologicamente alla massa o folla indistinta, all’uguaglianza perché, essendo piantagioni cosiddette coetanee, gli individui arborei, i quali hanno tutti la stessa età, hanno l’identica altezza e diametro; il cromatismo costante lungo l’intero anno, il verde, suggerisce l’idea di stabilità la quale informa pure le istituzioni, in definitiva l’immutabilità; la compattezza della pineta, priva com’è al suo interno di vuoti, le radure che appaiono spesso dentro le distese boschive di origine spontanea, la rendono un ambiente forte nel senso di saldo, privo di smagliature; l’artificialità della pineta, infine, non è tanto distante da quella delle organizzazioni umane, la cui massima espressione è l’apparato statale.
Probabilmente proprio per quest’aura, diciamo, istituzionale, anche se più probabilmente per la consapevolezza della funzione che svolgono di trattenere le frane le riforestazioni non sono state oggetto finora di disboscamento, salvo che in limitati casi; ad esempio per la realizzazione di una cava a Macchia d’Isernia, ma la piantumazione che si andava a togliere in questo sito forse non aveva ben attecchito e per il passaggio di qualche metanodotto, limitatamente alla striscia di bosco corrispondente alla tubazione.
La fondovalle Rivolo in maniera accorta si mantiene ai margini di una pineta artificiale e la Via Matris sulla Collina Monforte a Campobasso segue una stradina forestale a servizio del rimboschimento. Le piantine più vecchie hanno ormai raggiunto e superato il secolo di vita, che imporrebbe una rinnovazione dell’impianto, a meno che non si scelga di accettare che avvenga un processo di rinaturalizzazione il quale si mette in moto da sé, senza l’intervento dell’uomo, pressoché inevitabilmente. Permanendo le ragioni di salvaguardia idrogeologica non si può ammettere la possibilità di eliminare la pineta, seppur in deperimento, assecondano le richieste di privati proprietari dei fondi, che hanno comunque ricevuto fondi pubblici per la forestazione.
Prendiamo il caso dei boschi di conifere che cingono il lago di Guardialfiera sono stati creati per trattenere lo scoscendimento di materiale terroso che avrebbe provocato l’interrimento dell’invaso idrico. È stato consentito l’installazione di attrezzature turistiche, camping al di sotto delle pinete litoranee le quali offrono la fresca ombreggiatura ai villeggianti, mantenendo, ad ogni modo, misure restrittive, poiché le conifere costituiscono specie altamente combustibili, per impedire l’innescarsi di incendi.
Le pinete della fascia litoranea servono ad arrestare l’impeto dei venti marini che avrebbero danneggiato le colture retrostanti, dunque, non sono state determinate da esigenze di difesa dei dissesti in ciò facendo coppia con la pinetina, la quale è sfruttata come brand da un’attività ricettiva situata in prossimità di Campitello, che funge da barriera antivalanghe.
Abbiamo citato le due più importanti attrazioni per il turismo che ha il Molise, costiera e montana, nelle quali ad accrescere la pregevolezza ambientale vi sono proprio le pinete le quali vengono a costituire un fattore identitario, addirittura, per entrambe, un segno visivo forte che contribuisce alla riconoscibilità dei luoghi, tanto ormai si sono “storicizzate”, integrate con i contesti panoramici.
Francesco Manfredi Selvaggi637 Posts
Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.
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