Monumento ai militi noti (e compianti)

di Francesco Manfredi-Selvaggi

Sono passati circa 100 anni dal I conflitto mondiale, ma il ricordo non si stempera e con esso il dolore per i Caduti, tenuti vivi proprio dai Monumenti eretti in loro onore. È il primo caso di arte urbana nei nostri paesi, mentre l’ultimo è rappresentato dai murales.

Il ricordo della Grande Guerra è entrato nell’immaginario collettivo, pervadendo anche luoghi inaspettati come un caffè. Se si entra al Bar della Provincia in corso Garibaldi ad Isernia si possono osservare (ma sì, ammirare) i dipinti raffiguranti quasi tutti i Comuni della costituenda Provincia disposti sulle pareti, in alto e quindi ben visibile pure quando l’esercizio commerciale è molto affollato (in verità ce n’è uno che ritrae Campitello il quale, seppure a confine, rientra nella delimitazione provinciale di Campobasso).

Nella maggioranza dei paesi l’immagine dell’abitato comprende, anzi ha al suo centro, il Monumento ai Caduti (si colgono pure scorci paesaggistici con i quali a volte il Monumento dialoga come a S. Polo in provincia di Campobasso). Ciò si giustifica non solo perché sono le uniche opere artistiche di questi centri, ad esclusione di qualche fontana o della facciata della chiesa, ma anche perché, è da ritenere soprattutto, rievocano un fatto davvero centrale nella vita della nazione e, a cascata, della comunità, la Grande Guerra. Per la nazione è stato un accadimento del quale va orgogliosa, per gli abitanti dei nostro borghi è, di certo, qualcosa di cui essere fieri, anche se, nello stesso tempo, è stata fonte di lutto.

Di tanti lutti in quanto i giovani, data l’altitudine piuttosto elevata di gran parte degli insediamenti molisani, specialmente della Pentria, venivano arruolati tra gli Alpini e quindi mandati in prima linea. Se si aggiungono alle vittime negli eventi bellici quelli della “spagnola”, l’influenza che dilagò nei medesimi anni, e all’emigrazione che aveva cominciato a prendere avvio si può immaginare il depauperamento demografico, in particolare della componente giovanile della popolazione e di quella intellettuale, i laureati essendo promossi automaticamente ufficiali e quindi posti nelle battaglie davanti alle truppe per dare loro l’esempio (la carica negli assalti alla baionetta).

Un periodo triste il primo dopoguerra pervaso dal dolore, dal sentimento per la perdita dei propri cari che i Monumenti ai Caduti non possono lenire e tantomeno le lapidi. Per quanto riguarda queste chi ha detto che le lapidi ai Caduti non possono essere altrettanto belle dei Monumenti? Non è vero, o almeno non è sempre vero come dimostra quella di Macchiavalfortore infissa su una parete esterna della chiesa parrocchiale, quella di Montagano posta sul muro che sostiene la “rampa dei leoni” o quella di Pietracatella, particolarmente articolata, formata com’è da più lastre, ai piedi della scalinata della chiesa madre; quasi ovunque, lì dove l’iscrizione su pietra (non ve ne sono in bronzo mentre i Monumenti a volte sono di questo materiale) ha un carattere, è un aggettivo appropriato, monumentale, essa è protetta da una catena in ferro e illuminata da una lampada votiva.

Sempre le lapidi presentano un fregio ornamentale al contorno. Vi sono situazioni nelle quali l’allestimento di una lapide rivela un intento architettonico. Stiamo parlando di quando la lapide non sfrutta un muro altrui, ma ne ha uno proprio e ciò succede a Forli del Sannio dove essa è in un’edicola a sé stante che costituisce una sorta di fondale della piazza. Nella stragrande maggioranza dei casi non c’è, però, competizione tra lapide e Monumento convivendo nel medesimo borgo distanziati fra loro. La questione del Monumento ai Caduti che non coinvolge anche le lapidi è quella della presenza di opere d’arte, all’interno, o meglio all’esterno nei borghi molisani.

Fino alla conclusione del XIX secolo, per quanto riguarda Campobasso, e fino al terzo decennio di quello successivo, per gli altri centri urbani, qui da noi non erano presenti monumenti negli spazi pubblici. A qualificare esteticamente alcuni luoghi dell’agglomerato abitativo vi erano, a volte, le fontane le quali, poi, non sono troppo distanti dai primi in quanto a finalità che non sono semplicemente estetiche perché anche di tipo celebrativo: nel caso dei monumenti sono quella della commemorazione dell’epopea risorgimentale, le statue di Gabriele Pepe e di Garibaldi nel capoluogo regionale, e del sacrificio di Caduti della Grande Guerra, mentre per le fontane sono legate all’esaltazione del raggiungimento ottenuto con la costruzione dell’acquedotto di un importante traguardo sociale, quello di un’accresciuta disponibilità idrica.

Il tema del patriottismo, è ovvio siamo tornati a parlare di monumenti, ha continuato ad essere il soggetto ispiratore anche in seguito di opere d’arte urbana, si prenda quella di Isernia vicino al Lavatoio che celebra l’atto di eroismo dell’ufficiale di Marina Tedeschi nel mare Egeo, mentre le nuove fontane che si è andato realizzando hanno perso un significato simbolico, che era prima quello di essere la manifestazione visibile nello spazio urbano dell’arrivo dell’acqua in città, altrimenti non percepibile all’esterno scorrendo in tubature interrate; vedi, per rimanere nel capoluogo pentro, quella baroccheggiante di piazza G. D’Uva oppure quella in stile contemporaneo di piazza della Stazione.

Una precisazione doverosa per quanto riguarda le fontane è che ve ne sono alcune di quelle inaugurate insieme all’acquedotto ed è il caso di Trivento che fungono da fonte per l’attingimento dell’acqua e non sono, quindi, solo un elemento decorativo. Le fontane sono in tanti casi espressioni artistiche, però non di tipo figurativo, e in ciò hanno qualche affinità con quei Monumenti a forma di obelisco o colonna e con essi come pure con quelli con statue condividono pure il fatto di essere vistose. Non serve necessariamente una statua o altro di rilevante visibilità per evocare il ricordo di eventi bellici, quelli del ’15-’18, così tragici perché esso è impresso nella mente e nel cuore della maggioranza delle persone ancora oggi.

Potrebbero bastare, non occorrono immagini retoriche, le targhette metalliche integrate nella catenella di protezione degli alberi del Viale della Rimembranza, rinnovata di recente a San Giuliano del Sannio, ma sicuramente sono più percepibili e quindi più capaci di colpire l’attenzione della popolazione le lapidi. Queste ultime sono una sorta di targhetta cumulativa (in pietra, riservando al bronzo solo i particolari) in quanto contiene i nomi di tutti i Caduti della Grande Guerra; i soldati sono, in altri termini, non più presi singolarmente, ma nel loro insieme.

Tali iscrizioni hanno spesso una valenza monumentale o, perlomeno, di arredo urbano sia per la posizione che occupano, prendi quella di Montagano che costituisce il fondale del corso principale oppure quella di Pietracatella che sta in piazza, sia per la loro fattura non riducendosi a semplici lastre di pietra perché arricchite con modanature e con fregi bronzei. Le lapidi non sono mai state posizionate sui muri di stabili privati, bensì sulle pareti di edifici pubblici, dal Municipio (Mirabello S.) alla chiesa parrocchiale (Sepino) alla scuola (Vinchiaturo).

Francesco Manfredi Selvaggi645 Posts

Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.

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