Il Molise non esiste, forse

di Francesco Manfredi-Selvaggi

È uno slogan molto in voga che pur avendo un intento ironico ha rispetto all’identità un fondo di verità. Probabilmente per riuscire a riconoscere l’esistenza di questa piccola regione e quindi confutare chi sostiene la sua non esistenza bisognerebbe seguire i tratturi che se non ci fosse il Molise andrebbero di colpo dalla montagna, l’Abruzzo, al piano, la Puglia, senza la mediazione delle colline che sono quelle molisane.

La questione se il Molise esiste o meno è imprescindibilmente connessa a quella dei confini di questa fantomatica, per alcuni, regione. Con ciò si vuol dire che prima di parlare di identità del Molise il quale è il punto fondamentale che è stato messo in discussione bisogna affrontare il tema delle sue terminazioni. Non è scritto da nessuna parte che una regione si debba, per essere tale, configurare come un territorio morfologicamente ben delineato, con caratteri fisici, cioè, precipui; è questo un tentativo di definizione asettica, in qualche modo, dell’entità regione, tutto spostato sul campo della geografia trascurando, pertanto, l’apporto della storia, la quale, invece, ha avuto un ruolo importante nella determinazione dell’assetto regionale.

L’influenza delle vicende storiche, delle evoluzioni che hanno prodotto ciò che ci appare essere il Molise la si coglie nelle diverse trasformazioni del suo perimetro. Forse più che per altre realtà per la nostra calza bene l’espressione regione ballerina ad evocare l’immagine di un oggetto più o meno misterioso, i cui lembi esterni oscillano; se non è proprio uno dei fattori identitari, dei quali si discuterà comunque dopo, tale caratteristica, il possedere un profilo mutevole, cangiante nel tempo, conferisce un certo fascino alla terra in cui viviamo.

Una volta il Molise ricomprendeva una porzione della provincia di Benevento prima che venisse istituita, stiamo a sud-est, una volta viene ingrandito con l’inclusione del venafrano (dove c’è Sesto Campano), a sud-ovest, una volta gli vengono sottratti 5 comuni del versante tirrenico del Matese, una volta si allarga a nord assorbendo, per così dire, l’ambito che fu il Cantone di Agnone, una volta raggiunge la costa togliendo alla Capitanata Termoli e tutta la fascia litoranea, cosa che probabilmente è avvenuta, lo rivela il nome, pure per S. Giuliano di Puglia.

Partendo dalla considerazione che le continue ondulazioni dei bordi provocano un effetto di evanescenza della figura e ricollegandoci all’argomento che appassiona tanti, quello dell’esistenza o no del Molise, si ritiene che la tesi che nega che questa regione esista possa essere stata influenzata pure dalla suggestione proposta. Quelli che oggi ci appaiono quali limiti sicuri, capisaldi (lineari e non puntuali) della configurazione della regione, delle autentiche certezze nel riconoscimento della fisionomia del Molise, e cioè l’Adriatico a oriente e l’Appennino ad occidente, due elementi di separazione netti, non sono, alla prova dei fatti elencati sopra, proprio così.

I confini sono l’essenza stessa di un fenomeno territoriale, come dimostra la vicenda della nascita di Roma scaturita dal solco tracciato da Romolo che ha valore pratico e simbolico, in ogni aggregato umano, per difendere i quali, i sacri confini della nazione, si è disposti addirittura a morire. Non si dona la propria vita per proteggere una confinazione decisa con atto amministrativo che risponde a logiche di governo dei beni collettivi, di efficienza nell’organizzazione dell’amministrazione pubblica e così via, motivazioni che si sono alternate negli ultimi due secoli nelle decisioni assunte relative alla dimensione della regione, ci vuole qualcosa di più, di molto di più, appassionante.

Rimanendo nella metafora guerresca gli entusiasmi verso la costituzione di una “piccola patria” li avrebbe potuti suscitare l’identificazione con l’antico Sannio; quest’arma, però, era stata resa inoffensiva fin da subito, fin dal momento della formazione dello Stato unitario, allorché il beneventano, non più enclave pontificia, divenne una ripartizione provinciale della nuova Italia comprendente pure alcuni comuni in precedenza inclusi nella provincia di Molise, con la quale condividono una medesima origine sannita.

Il Sannio si trovò, pertanto, scisso in due per cui non era più un riferimento identitario esclusivo dei molisani. In verità, in passato non lo era stato se non nella testa di un ristretto numero di eruditi i quali, comunque, non erano in grado di condizionare la coscienza popolare per via della scarsa diffusione delle pubblicazioni a stampa oltre che dell’endemico analfabetismo. Ci volle la comparsa del Regno d’Italia con le sue politiche di “nazionalizzazione” dell’eredità culturale incentrata sul mito di Roma, una specie di omologazione, a far riscoprire, in contrapposizione, radici differenti, quale quella sannita di cui essere fieri.

L’orgoglio per aver avuto come antenato un popolo che aveva tenuto testa alla Città Eterna si nutriva, nello stesso tempo che qui significa anche arco temporale, delle scoperte dei due importantissimi siti di Pietrabbondante e di Altilia frutto della passione per l’archeologia esplosa nel periodo neoclassico. In definitiva l’Italia era fatta, si dovevano fare gli italiani, non gli italici.

In ogni caso, si riscontra che non vi fu nessuna voce che si levò per richiedere l’istituzione di una regione, o meglio di una provincia, che ricalcasse il perimetro del Sannio e, del resto, le regioni (intendendo esse, lo si ripete, per province) non sorgevano dal basso, bensì erano calate dall’alto, ora come nel decennio francese durante il quale comparve, per la prima volta in assoluto, la Provincia di Molise; era una suddivisione del territorio nazionale fatta non con criteri “etnici”, ma di tipo funzionale, si pesi alle esigenze statistiche sempre più pressanti in uno Stato moderno.

L’appiglio alla eredità sannita per costruire una comune e nobile derivazione storica dei molisani si rivelò inefficace e, allora, si iniziò a fare ricorso alle tradizioni folcloriche. Negli anni 20 e 30 del Novecento si ebbe la risposta, se non l’invenzione, di manifestazioni di cultura popolare, ovvero di civiltà agreste, una per tutte la Festa del Grano di Ielsi, che sarebbero potute servire per rinsaldare il senso di appartenenza, la coscienza di sé in relazione al luogo che si abita, della comunità locale.

La molisaneità ha molto a che vedere con la campagna, il lavoro contadino, la dispersione della popolazione nell’agro quindi la vita a contatto con i campi tanto che Mussolini definì questa terra “ruralissina”; erano connotati molto decisi che distinguevano il Molise da altre zone della Penisola in cui i centri urbani hanno costantemente avuto un ruolo dominante. L’avvento delle mietitrebbie, quindi della meccanizzazione dell’agricoltura è stato l’inizio della fine perché ha portato alla scomparsa dei paesaggi rurali tradizionali e con essi dell’anima autentica della regione.

Francesco Manfredi Selvaggi645 Posts

Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.

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