Aspettando la “rete unica”

di Paolo Mastropaolo*

La fusione in corso fra TIM e Open Fiber fa parte di quelle operazioni dietro le quali lavorano gli assetti politico-economici di una nazione intera anche se questo non è così evidente in partenza; lo diventa quando si raggiungono equilibri, magari in prossimità delle elezioni, che comportano l’esclusione di qualcuno che inizia a fare la voce grossa su giornali e televisioni.

I principali players della telefonia in Italia sono TIM ed Open Fiber (ENEL), che si dividono gran parte della rete di trasmissione dati che arriva alle nostre abitazioni, oltre alle varie dorsali principali che collegano le varie centrali.

Quello che non viene detto con chiarezza sufficiente è che la trasmissione dati non è solo telefonia, ma è anche TV via web e in futuro via cavo, per questo la partita per l’acquisizione di TIM da parte del fondo Elliot (statunitense) a danno dei francesi di Vivendì è da inquadrare in un più vasto assetto strategico, in Italia limitato ai nostri confini, ma in realtà mondiale, dove oltre ai players della telefonia entrano in gioco i grossi gruppi proprietari di TV private e canali dedicati via web (Netflix, Sky ecc.).

L’Italia, dopo aver sperperato una valanga di soldi con il progetto Socrate per la posa in opera del cavo coassiale scavando dal 1995 quasi dappertutto, per poi abbandonare completamente il progetto (spento) nel 2003, ha realizzato una pianificazione completamente sbagliata (da parte degli allora Dirigenti Telecom, dirigenti forse ancora in circolazione) che oltre ad aver sicuramente arricchito qualcuno, ha messo l’Italia in coda in Europa rispetto alla fibra, dove ricopriamo il quint’ultimo posto in fatto di copertura territoriale. Stiamo però avanzando velocemente è questo lo zuccherino che dovrebbe addolcire l’amaro delle strategie sbagliate.

La gestione della fibra in Italia mi ricorda molto la frenesia per la posa in opera dei pannelli fotovoltaici con i finanziamenti che scadevano e la corsa al pannello selvaggio; da tecnico posso testimoniare la mancanza di qualità nei lavori di posa in opera oggi della fibra ed in passato del fotovoltaico. Paradossalmente, ci sono molte lavorazioni nei lavori svolti da Open Fiber per i quali, qualora venissero rispettate le modalità esecutive e tutto fosse in regola, l’impresa esecutrice dovrebbe lavorare sottocosto, ma questi sono dettagli che fa comodo non vedere per lavori così prestigiosi e innovativi; il passaggio successivo sarebbe quello di capire come nascono queste pianificazioni strategiche, quanto capitale pubblico viene investito (chi gestisce Cassa Depositi e Prestiti) e che peso hanno le amministrazioni regionali e comunali in questa organizzazione del territorio.

Tutti ultimamente si riempiono la bocca con la parola magica: “territorio”, ma quando ci sono interventi così impattanti non si va mai alla radice del problema, si lascia correre. I cosiddetti “poteri forti” sono persone in carne ed ossa, con nome e cognome, che pianificano e gestiscono questi investimenti strategici che nel nostro Paese restano completamente scollegati dalle esigenze dei cittadini e dei territori.

In passato Licio Gelli, attraverso la sua supervisione e per conto di potentati mondiali, gestiva il collocamento in Italia dei dirigenti nelle aziende di stato, nelle banche e nei giornali.

Questo modo di gestire i dirigenti è una delle cause principali della frattura esistente tra obiettivi strategici nazionali (quelli dei territori e dei cittadini) e gli obiettivi di gruppi di affari potentissimi, disposti a svendere la dignità e l’interesse collettivo per coltivare i loro interessi.

*Ingegnere informatico

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