PU SONE E PU BALLÀ

QUANDO IL GRUPPO FOLK “G. MOFFA” INCONTRÒ SPEDINO, CHE INCONTRO PETER GABIEL E SUL FORTORE NACQUE IL MO-LISCIO DEL LISCIONE

A qualche mese dall’edizione, Stefano Sabelli recensisce “Pu sone e pu ballà”, un album di musica tradizionale riccese, realizzato dal gruppo folkloristico locale, con l’apporto determinante di Giuseppe “Spedino” Moffa, come arrangiatore e maestro concertatore

 di Stefano Sabelli

Era nell’aria. Doveva succedere. Da anni ne ravvisavamo i segnali. 

Alla fine è successo! E nel modo più inaspettato e sorprendente!

Come per una bella epifania settembrina, in questa prolungata e calda estate, post Lock down, lì, sul Fortore, si è d’improvviso manifestato il primo vero capolavoro Pop della musica molisana del nuovo millennio: PU SONE E PU BALLÀ – 100 anni di canzoni a Riccia. 

Ma si badi: un capolavoro… non solo per il Molise!

Pur cantato in dialetto riccese, l’album, infatti, è una raccolta di 11 canzoni, splendide a prescindere! Da ascoltare e godere, tutte d’un fiato. Da tutti. Per tutti. E a tutte le latitudini. Un’opera che travalica il suo confine folclorico, pure se da lì parte, per diventare qualcosa d’altro e nuovo. Una Fiesta mobilee musicale per ogni ambiente d’ascolto. Dove, naturalmente, si canta, si balla e si fa Festa! 

Annunciato in Primavera (in pieno Lock-down, evidentemente “creativo”) come una nostalgica e svolazzante Vulantina che la Primavera stessa annuncia – vulantinaè la coccinellain dialetto riccese (titolo di una delle perle del disco) – PU SONE E PU BALLÀ è un album che incede allegro e schietto come una Giostra felliniana (o rotiana, se si preferisce). 

11 canzoni sorprendenti, bellissime, arrangiate travalicando i generi ma pervase da un humus unico, originalissimo.

Un Progetto artistico, voluto dall’intraprendenza di un Gruppo Folk, il “Giuseppe Moffa” di Riccia, che, sapendo guardare lontano, ne ha poi affidata la produzione artistica – in veste di Gran Maestro concertatore e arrangiatore – al talento di un altro Giuseppe Moffa. Meglio noto come Spedino. Anche lui riccese doc!

Senza l’evanescente e spesso spocchiosa necessità di catalogarsi per forza in un genere (dicasi Indie, World Music, Trap, poco importa), questa raccolta di canzoni della tradizione riccese, mentre compie un tuffo in un passato musicale e linguistico che andava fatto scoprire anche a chi di Riccia non è (perché di assoluto valore), lancia, al contempo, un dardo, acceso sul futuro stesso della musica popolare molisana, tracciandole la Via nova da seguire. 

Un Via che – grazie alla bravura e alla creatività di Spedino Moffa – guarda (con umiltà ma senza remore di confronto) ai grandi musicisti, contaminatori, della scena mondiale: da CaetanoVeloso David Byrne, da Goran BregovicWille Deville, da Paul Simon Peter Gabriel.

Già alle prime note, l’album ti avvolge con il suo struggente spleen, come una saudade da balera molisana, che ammalia, seduce, commuove, mette allegria e voglia, ovviamente, di ballare. 

Esaltando la stagione dei primi fiori e dei primi afrori, il disco s’apre, con l’incalzante e sensuale polka di Premavèraarrangiata in stile Irish country-western. Una ballata che ridesta i sensi, per abbracciarsi e sciogliersi in sensuali e provocanti Fandango. Composta dall’omonimo di Spedino, quel Giuseppe Moffa – a cui è intitolato il Gruppo folk di Riccia – avvocato e autore di bellissime canzoni nei primi anni cinquanta del secolo scorso, Premavèra è preludio per più calde notti e focose note estive. Il brano fa da intro a un album che, nel proseguire l’ascolto, si rivela sempre più sorprendente, ricco com’è di sensuale brio. Una raccolta che ci fa scoprire brani di autori e poeti, forse poco noti (se non a Riccia) ma non per questo meno bravi e talentuosi, a comporre serenate, stornelli e canzoni da ballo. Casadeiinostrani che rispondono ai nomi di Giovanni Barrea, Pierino Mignogna, Giuseppe Virgilio, Domenico Fornaro. Tutti, creatori di piccole perle in musica. No! Non siamo sulla Riviera romagnola. 

Anche se, pure qui, sulle rive del Fortore, ‘Ncoppe u Cummente (Sopra il Convento– altro brano dell’album) – grazie al Gruppo “G. Moffa” , Spedinoe ai suoi Compari – si canta e si balla un gran Liscio! Allegro, evoluto, sublime. 

Anzi, per restare in ambito molisano, potremmo definirlo il Mo-Liscio del Liscione, che prende vita e senso sul Fortore… PU SONE E PU BALLÀ, appunto! Primo, vero, straordinario esempio di Real world… made in Molise!

Da alcuni anni siamo testimoni (e in qualche caso anche promotori e complici) della crescita artistica e professionale di un bel novero di musicisti, nati nella terra di mezzo, fra il Trigno e il Fortore: il Molise.

Da Piero Ricci Riserva Moac, da Percussioni Ketoniche Luca Ciarla, da Nicola Daniele Cordisco Simone Sala, da Tiziano Palladino ai Fratelli Miele, da Antonello Carrozza a a Ilaria Bucci, fino agli “emigrati” (negli States) Luca Santaniello e Chiara Izzi (e altri li omettiamo per ragioni di spazio), sempre più musicisti del “Contado” sono capaci di sorprendere e farsi valere ai più alti livelli.

Forse, però, solo l’umiltà, l’unicità, lo studio appassionato, la continua voglia di aggiornarsi e migliorarsi (per rimanere, in fondo, sempre fedele a se stesso) di un talento come Giuseppe Spedino Moffa, poteva concepire un album come questo. 

Aderendo, con verace orgoglio alla cultura di Riccia, il loro paese, Spedino e il Gruppo Folk ne rigenerano in modo nuovo e originale la tradizione musicale, creando con questo disco un’opera incantevole. Che è anche un punto di partenza.

11 Canzoni che volano via, allegre come Vulantine, la languida serenata già citata.

11 piccole leccornie musicali che si gustano, o succhiano, come un rametto di liquirizia, di zucchero filato, di croccante mandorlato, nei giorni di Giostra e che ispirano un ballo collettivo paesano, sì, ma mai da strapaese!

Una selezione di brani che coinvolge 100 anni di tradizione canora di un borgo molisano, musicalmente molto evoluto, proposti con arrangiamenti sorprendenti e curati che fanno fare a queste canzoni, quello che le canzoni devono saper fare: farci piangere, ridere, gioire, cantare, abbracciare insieme. Tenerci uniti, insomma! Un vero antidoto ai tempi che viviamo.

Diplomato al Conservatorio e dunque di formazione classica, con trascorsi in rock-bandGiuseppe Spedino Moffa oltre a essere un bravissimo polistrumentista e cantautore, è innanzitutto un artista generoso e geniale, che sa spaziare fra i generi, sapendo come attraversarli e contaminarli.

Dalla musica cameristica al repertorio bandistico; dal rock al jazz e alla musica improvvisata; dal contemporaneo alla posteggia, fino al piano bar, tutto ciò ha rappresentato e rappresenta il suo percorso formativoUna gavetta popolare e colta, di cui anche questo disco si nutre.

I precedenti album (con l’ultimo rientrato nella cinquina finalista del Premio Tenco, per le opere in dialetto) hanno ampiamente messo in evidenza il talento di questo versatile artista. Un creatore di suoni che – come delle stimmate – sulla carta d’identità, ha fatto trascrivere la qualifica professionale che più lo inorgoglisce. Ovvero, Professione: Zampognaro! Il più antico e ancestrale titolo vantabile da un suonatore popolare molisano. 

Lui che alla Zampogna, con Piero Ricci, anche a livello internazionale, ha aperto nuovi orizzonti di nobiltà musicale. 

Lui, che fondamentalmente è un chitarrista classico ma vuol essere, in primis, certificato e identificato così: Zampognaro!… E tanto gli basta!

Raccogliendo l’invito del Gruppo Folk “Giuseppe Moffa”, lo zampognaro Giuseppe Spedino realizza però, con quest’album, un’opera composita, piena di suggestioni ed echi musicali che arrivano da ogni dove e che mette insieme da straordinario musicista e arrangiatore. Qual è!

Un progetto che affonda le radici nella tradizione di serenate, ballate, tarantelle, stornelli, tanghi e marcette del suo paese, ma che, per freschezza e originalità, rappresenta ben altro. 

Una raccolta di canzoni, della tradizione riccese, che non rimane per niente confinata a quei confini ma che è un esercizio musicale e di stile, raffinato e geniale, adatto a ogni contesto: Colto Pop che sia!

Nell’esecuzione dei brani – oltre ai fidati Compari e collaboratori di sempre, come Primiano Di Biase (pianoforte e tastiere), Stefano Napoli (contrabasso e basso elettrico) e Simone Talone (percussioni), Domenico Mancini (violino), con la partecipazione dei mandolini di Ripalimosani e del “Circolo della Zampogna”di Scapoli – Spedino coinvolge innanzitutto musicisti e cantanti riccesi dello stesso Gruppo Folk che gli ha proposto e prodotto il Progetto. 

Chi, cioè, queste canzoni, da sempre, le esegue e canta! 

Anche se in questo disco sono forse proposte con ritmi, timbri e modi a cui certamente il Gruppo Folk non era abituato, alla fine, è però questo il grande merito di tale caleidoscopio musicale. E di chi, come opera unica ed esemplare, l’ha così immaginato e arrangiato.

Per rendere questo repertorio immediato, energico, così ricco di appeal s’intuisce che lo stesso Spedino  Moffa l’ha, in passato, molto frequentato e amato. Perché sono canzoni che lui stesso ha imparato a cantare, così: suonandole con la chitarra acustica e la fisarmonica, magari al bar di Riccia; intonate con gli amici di sempre, fra una Forst e… una doppia Forst!  Dove c’era da cantare, tenersi allegri o commuoversi – fosse per la Festa del Patrono, i matrimoni o anche i funerali – queste canzoni a Riccia si sono sempre suonate e cantate!

Nell’album, Spedino, col suo avvolgente timbro baritonale, ne interpreta, direttamente, solo una. Ma è un piccolo capolavoro! Una ballata struggente, con una melodia che si avvinghia all’anima: Dau Vòsche da Riccie (Il Bosco di Riccia), di Barrea Fornaro.

Gli altri brani, tutti, comunque, sorprendenti sono invece cantati dalle splendide voci soliste del Gruppo Folk: Michele Testa, Luca  Fanelli e Noemi Reale, Carmen Manocchio e Giulio Notartommaso, Michele Di Criscio, Pasqualino Bozza, Giuseppe Menanno, Giovanni Moffa, Antonello Virgilio. Voci, spesso di non professionisti (chi è infermiere, chi muratore, chi fa altro) ma che rappresentano pure la scoperta più entusiasmante del Progetto. Perché sono Voci antiche e moderne al tempo stesso che Spedino, da gran sarto, veste con abiti sonori perfetti e capaci di far tendenza. 

Voci cristalline, tenorili, potenti, suadenti o con inaspettati timbri soul, son tutte Voci che fan venire “le farfalle allo stomaco”, con quei mood d’epoca e da bel canto che le contraddistingue.

Voci – maschili e femminili – ricche di afflato ed empatia, antiche ma che sanno reinventarsi moderne e che rendono questi canti, ancestrali e senza tempo.  Con le belle illustrazioni di copertina, tratte dalle opere di un pittore naif di talento, come Antonio Ciocca, scomparso nel 2009, questo CD anche nella grafica, trova un revival, come valore aggiunto.  Perché, sì, PU SONE E PU BALLÀ è un revival, che irrompe come una felice esplosione di suoni, ritmi, contaminazioni, pescando, senza ruffianeria, nelle culture musicali e nelle tradizioni popular del Mondo. Un lavoro che, siamo convinti, potrà incontrare un pubblico dalle molte età e diverse estrazioni. Un album, destinato a diventare un cult !Spedino Moffa, superata la quarantina, è oggi un artista maturo e che sa ben guidare la sua creatività e il suo talento.  La sua maturità artistica emerge, per altro, sempre più evidente, nei tanti live– in solo o in gruppo – che propone. Con le dovute cautele ancora necessarie, auguriamo, anche a questo Progetto, di poter avere una sua dimensione dal vivo.Siamo convinti che, in Concerto, Spedino Moffa e il Gruppo “G.Moffa”questo repertorio, con questi arrangiamenti, lo renderebbero irresistibile. Trovandovi ancor più ragion d’essere.

Ci piacerebbe che Peter Gabriel ascoltasse questo disco. Perché siamo certi che potrebbe trovere facile collocazione nel catalogo di Real Word, creato dall’ex Genesis. Come siamo pure convinti che quest’opera rinnoverà a Spedino una candidatura al Premio Tenco (noi, confessiamo, dopo aver ascoltato quest’album, glielo daremmo d’ufficio, senza null’altro ascoltare).Giuseppe Spedino Moffa, in passato, ha scritto e interpretato bellissime canzoni e musiche (anche per il Teatro) ma nulla forse mette voglia di cantare e ballare come questa raccolta. Canzoni dialettali che avranno pure 100 anni ma che sono tutte assolutamente proponibili oggi, a cui auguriamo un meritato riscontro, anche fuori dal Molise, perché PU SONE E PU BALLÀ è un disco pieno d’idee e colori.  La creatività e l’istrionismo musicale che Giuseppe Spedino Moffa vi ha riversato, non mostrano ritrosia a rivelarne la “paesanità” – come la chiamerebbe un poeta come Franco Arminio – ma è pure la testimonianza evidente che un repertorio – popolare e folclorico quanto si vuole – in mano a un grande musicista, se vale, non muore mai.  Perché anche le canzoni, le belle canzoni d’ogni epoca e luogo, sanno trasformarsi in immortali e musicali…Highlander!  Arrangiando questi piccoli capolavori degli highlander del suo paese, Spedino Moffa crea un mondo di suoni unico, dove ritmi e timbri di fanfare balcaniche, si sovrappongono ai fiati di una Marchin’ Band, stile New Orleans anni ‘30; in cui improvvisi e incalzanti riff di schitarrate rock, dialogano con irruenti soli di violini country; dove, da suadenti arpeggi di mandolini mediterranei, emergono ondivaghe sezioni bandistiche da mariachi messicani. 

Non nuovo è, forse, in assoluto, l’uso di questi elementi musicali ma nuovo e struggente è l’impatto complessivo che questo disco crea, mettendo mano, in modo così originale, a un repertorio folcloristico, che infine, tale non risulta affatto. O almeno non solo! Perché questo felice e magistrale tourbillon di ritmi, suoni e voci rendono il disco sempre godibilissimo. Bellissimo.  Nel suo essere allegramente o suadentemente danzante, è un disco che commuove, mette gioia, frenesia. Cattura: strappandoti l’anima!

PU SONE E PU BALLÀ traccia soprattutto una Via nova che suggerisce un metodo, per la riscoperta e il rilancio anche di altre belle canzoni d’autore, di tradizione molisana. 

Un’idea che potrebbe coinvolgere in un prossimo futuro compositori e poeti come Benito Faraone e Tonino Armagno, piuttosto che Lino Tabasso. E in prospettiva – perché no?– anche il più grande di tutti: Fred BuongustoAnche se forse per lui è ancora troppo vivido il ricordo per un revival di questo tenore.

Se, in ogni caso, dal Molise si reclama, attenzione per la sua identità culturale, allora forse bisognerebbe cominciare a porre attenzione e produrre, sempre più, opere come questa. 

Coinvolgendo artisti contemporanei, come Giuseppe Spedino Moffa, che sanno ispirarsi alla tradizione per poi guardare e parlare al mondo. Che coltivano i nuovi linguaggi musicali senza rinunciare a farsi coinvolgere nelle festa popolari e di piazza.  Perché proporre musica come questa, PE SUNE E PE BALLÀ, nelle feste dei nostri paesi – pure in attesa di una salsiccia o un torcinello, perché l’humus di queste canzoni pure ciò richiama ma non, ovviamente, solo ciò! – renderebbe comunque i nostri paesi… meno paesi. Per essere Più Paesi! 

Mentre a Venezia 77, si premia il bel film di Elisabetta Sgarbi dedicato agli Extraliscio – che in Romagna stanno rinnovando con cadenze punk la musica da balera, coinvolgendo nelle loro divertenti produzioni anche star e gruppi di successo come Jovanotti o Lo Stato sociale – in Molise, nel frattempo a Riccie (belle assai) è forse nato, o rinato, il Mo-Liscio del Liscione che Spedino Moffa e il Gruppo Folk “G.Moffa” suonano e cantano per far ballare sulle rive del Fortore.

Un Liscio tutto molisano, anzi riccese, che nelle prossime estati (speriamo Covid-free), ci auguriamo di poter sempre più cantare e danzare nelle feste dei nostri bei borghi.  Rinnovando così una tradizione, che magari ci evita pure di contaminarci al Billionaire, o in qualunque altra noiosa e futile discoteca estiva, dove certo non si ascolta una Musica bella e allegra come questa.  Con bellissime Canzoni… PU SONE E PU BALLÀ! “…Scior de granate … Vurrie sta sotto a quessa prevelata!”

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