Meteorologia generale e di dettaglio nel Molise

di Francesco Manfredi-Selvaggi

Il tempo atmosferico condiziona il tipo di vegetazione di un territorio e quindi i paesaggi i quali, qui da noi, sono assai vari perché il clima può cambiare da un luogo all’altro in dipendenza dell’orografia e dell’idrografia, ambedue fatti ambientali nella nostra regione complessi. C’è, poi, l’influenza del mare.

Il Molise è stretto fra l’Appennino e la riviera adriatica, in verità mica tanto, almeno se questa distanza la si rapporta a quella tra il Trigno e il Fortore, cioè in direzione trasversale alla prima. La nostra regione è, in altri termini, molto più lunga nell’asse est-ovest che in quello nord-sud cioè quello secondo il quale le temperature vanno decrescendo (al Settentrione è ben noto i valori termici sono più bassi che nel Meridione).

È talmente corto il territorio regionale misurato tra i confini con la Puglia e con l’Abruzzo che la variazione di gradi centigradi è davvero minima, così minima che non ha significato parlare per l’aspetto climatico, a differenza di quanto si fa per altre caratteristiche ambientali, di zona di transizione e ciò confermerebbe, ironicamente, l’affermazione che “il Molise non esiste”. Non c’è alcun passaggio graduale perché il promontorio del Gargano, secondo i geografi, costituisce una cesura netta tra il clima del Mezzogiorno e quello dell’Italia Centrale.

Comunque abbiamo detto prima e non lo smentiamo ora che il Molise è costretto tra la catena appenninica e il litorale e ciò è assolutamente veritiero se riferito alla climatologia, argomento di cui ha senso parlare in relazione alla longitudine (abbiamo visto che ne ha poco in riguardo alla latitudine). Infatti, dall’Adriatico provengono correnti fredde in alcuni periodi dell’anno che si arrestano contro i massicci montani appenninici e questi ultimi, a loro volta, costituiscono in qualche modo uno sbarramento alle perturbazioni che interessano il versante tirrenico dello Stivale.

Si può dire che il mare Adriatico ci espone direttamente alle masse d’aria che giungono dai Balcani mentre l’Appennino ferma quelle che vengono dall’oceano Atlantico. All’inizio si è richiamato il fatto che andando verso nord fa più freddo, ciò perché ci si va allontanando dall’Equatore, senza, però, che vi siano salti di continuità nel senso che l’abbassamento della temperatura avviene gradatamente. È del tutto dissimile il comportamento che ha il clima se ci muoviamo nella direzione opposta, cioè ortogonalmente all’asse principale dell’Italia peninsulare in quanto in questo caso i cambiamenti avvengono in maniera brusca, in coincidenza con il crinale montuoso che divide a metà il territorio nazionale, che è un limite climatico deciso, non c’è niente di simile.

Peraltro da ciò discende che le sommità dei nostri monti sono esposte ai venti marini da ambedue i lati, tirrenico e adriatico, per cui tale fascia geografica è quella che ha la maggiore piovosità. L’effetto del mare nel determinare valori termici bassi, più bassi di quelli del versante opposto dell’Appennino a parità di latitudine, è sensibile poiché l’Adriatico è una distesa marina poco profonda, meno profonda della tirrenica che in aggiunta è molto più vasta per cui è in grado di esercitare un’azione calmieratrice delle temperature superiore.

Oltre alla minore capacità mitigatrice dei valori termici va considerato che l’Adriatico il quale, in fin dei conti, è un canale solcato da flussi di acqua fresca che si spostano da nord a sud, fenomeno che ha influenza sul clima rendendolo più, si insiste sulla parola, fresco. È come se il bacino acqueo più freddo del golfo di Trieste si spostasse al meridione, con cadenza costante.

Per quanto riguarda la frontiera climatica ad occidente essa è formata dalle alture del parco Nazionale d’Abruzzo le quali sono in continuità con le emergenze montane dell’Italia centrale e che proseguono a sud con il bastione matesino; l’interruzione del sistema montuoso è costituita dal Volturno che separa il Matese dal resto delle montagne e in tale varco, figurativamente, si inseriscono Venafro e Sesto Campano dove si avverte l’apporto d’aria del Tirreno; identica conformazione orografica la ritroviamo all’altro capo del Matese, ma questa volta a penetrare nella Campania è il Tammaro, il cui corso iniziale è l’estremo lembo del Molise, storicamente centrale nel Sannio.

Salvo le eccezioni che si sono appena descritte, troviamo che il territorio molisano ha eguale esposizione all’Adriatico che è il suo fronte orientale e all’Appennino che è quello occidentale. Ciò non significa, però, che il clima al suo interno sia uniforme, dipende dalla distanza di un luogo dai due elementi, il mare e i monti, che qui da noi può essere notevole, dato lo sviluppo trasversale consistente della regione per via di quella singolare traslazione dell’Appennino che non è come altrove nella mezzeria della Penisola, bensì, spostato verso il Tirreno.

Il clima non è lo stesso dappertutto nel Molise, vi sono numerosi fattori che incidono su di esso. Tra di essi vi è la presenza dei grandi invasi artificiali del Liscione e di Occhito che temperano il clima nell’intorno, vi è la differente altitudine dei comprensori (l’Alto Molise è un ambito abbastanza largo che forma una vera e propria unità sub-regionale in cui sono presenti diversi insediamenti che superano i 1000 metri di quota), vi sono le valli dei corsi d’acqua più grandi della regione i quali corrono ortogonalmente alla costa favorendo così la diffusione degli effetti del mare nelle vallate di tali fiumi, vi sono piane in cui l’umidità ristagna favorendo la formazione della nebbia (vedi Bojano), vi sono episodi montuosi che, al contrario delle aste fluviali che le agevolano, ostacolano la penetrazione delle influenze marittime nel resto della regione ad esempio Monte Mauro.

È doveroso, infine, far notare, per valutare l’effettivo ruolo del mare sul clima regionale, che l’interfaccia del Molise con l’Adriatico è minima, solo 36 Km., e che trovandoci nel punto più stretto dello Stivale siamo vicini ad entrambi i mari e, perciò, climaticamente calati in pieno nel Mediterraneo.

Francesco Manfredi Selvaggi645 Posts

Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.

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