La regione ha un Assomab nella manica

di Francesco Manfredi-Selvaggi

Sono pochi anni, circa 5, che le aree MAB altomolisane si sono evolute in Assomab. È stato un ampliamento obbligatorio dei siti precedenti, Collemeluccio e Montedimezzo, le cui dimensioni erano troppo piccole per poter studiare le interazioni tra uomo e ambiente. È questo il nuovo obiettivo delle Riserve della Biosfera.

Per fortuna che si tratta di foreste demaniali perché questo ha assicurato l’integrità dei boschi di Collemeluccio e di Montedimezzo i quali sono pervenuti a noi sostanzialmente intatti. A rafforzare la tutela, ma anche ad avviare la valorizzazione è intervenuto negli anni 90 il riconoscimento di Riserve Naturali Statali in base alla legge quadro sui parchi, la 394 del 1991. Prima di tale atto legale, in effetti, non vi era nessuna norma che obbligava alla loro conservazione, salvo la legge forestale che sancisce l’immodificabilità del patrimonio boschivo, nonostante la quale, però, sono state operate diverse manomissioni delle superfici boscate come per il passaggio di strade o di elettrodotti.

La distesa di abete bianco, residuo dell’ultima glaciazione, di Collemeluccio e la faggeta secolare di Montedimezzo sono state a lungo le uniche aree MAB, quelle di cui dobbiamo parlare individuate in Italia pur se non rientranti tra le zone protette, essendo diventate Riserve solo in seguito. A dire la verità, le uniche aree MAB insieme alla Foresta del Circeo nel territorio nazionale alla data del 1977, cioè le prime ad essere state istituite qui da noi. Ciò dice molto, lo si nota per inciso, sulla loro pregevolezza ambientale la quale è confermata dal fatto che a tutt’oggi sul suolo nazionale sono solamente 19.

A rafforzare il convincimento che si tratti, quelli di Collemeluccio e Pietrabbondante, di siti di notevole interesse ecologico è la constatazione che neanche nel resto del mondo sono poi tante le aree MAB essendo in tutto 701 che vanno suddivise per 124 Paesi. Ulteriore dato, se servisse, che ci spinge verso tale convinzione è che il complesso Collemeluccio-Montedimezzo appartiene al nucleo iniziale dei siti MAB che nel 1974 erano 24, distribuiti in 5 Stati, su per giù lo stesso periodo in cui nacquero i nostri, una primizia oltre che italiana, internazionale.

Vale la pena ripetere che quelli molisani all’epoca erano autonomi dai parchi e, del resto nel Molise era presente unicamente un lembo del Parco Nazionale d’Abruzzo, non vi erano altre aree protette, mentre a livello mondiale, il dato è del 1982, i siti MAB erano per la stragrande maggioranza inclusi in preesistenti parchi; il rischio che si corre nel disegnare aree MAB al di fuori di ambiti vincolati è che non vi siano garanzie per la conservazione dell’ambiente, rischio che si è voluto correre nel caso dei siti regionali, troppo interessanti naturalisticamente, è da ritenere, per non essere inclusi nel programma MAB.

Nel 2014, a seguito di un nuovo orientamento assunto dal programma in questione, si è proceduto ad un ampliamento del sito, condizione indispensabile per continuare a fregiarsi del marchio MAB. Attualmente esso comprende ben 7 comuni molisani e la sua gestione, in precedenza quando era limitato agli areali boscosi di Collemeluccio e Montedimezzo di competenza esclusiva del Corpo Forestale dello Stato, Ufficio per la Biodiversità di Isernia, è affidata ad un consorzio, denominato Assomab, di cui fanno parte insieme alle amministrazioni comunali dei paesi che vi sono inclusi, la Regione e l’Università di Campobasso.

L’area MAB così come adesso si presenta è necessario, e il consorzio ha ottemperato, che si articoli in 3 parti: la prima (però possono essere più d’una) è la core areas, il punto, i punti dove l’ambiente presenta valenze più elevate, la seconda è la buffer zone, anch’essa plurima se le core areas sono molteplici, e la transitione zone, la fascia di transizione che è al perimetro dell’Assomab evidentemente. Vi è una graduazione delle attività giudicate compatibili con ciascuna delle 3 tipologie di zone che va dalla ricerca scientifica all’insegnamento e all’educazione per la conoscenza della natura, di qui il ruolo nevralgico dell’istituzione universitaria, fino agli usi antropici a basso impatto sull’ecosistema.

Subito dopo la comparsa dei siti MAB, all’avvio del penultimo decennio del XX secolo venne formulata la proposta di creazione del Parco Regionale dell’Alto Molise, lo studio preparatorio è del 1983, il quale avrebbe abbracciato l’intero Assomab, progetto, però, che non ha mai visto la luce; esso sarebbe potuto essere lo strumento valido per la tutela di questo comprensorio. La mancanza di un armamentario vincolistico di cui il programma MAB non dispone e l’assenza di un parco regionale avrebbero reso scarsamente operativa la zonizzazione effettuata dal consorzio e, comunque, non si sarebbe potuta assicurare la difesa dei valori ecosistemici se nonché è venuta in soccorso la normativa riguardante la Rete Ecologica Europea.

I due siti originari di Collemeluccio e Montedimezzo hanno visto, addirittura, raddoppiare, per così dire, la tutela essendo già Riserve Naturali dello Stato e diventano adesso, siamo nel 2000, Zone di Protezione Speciale (ZPS). I SIC (Siti di Importanza Comunitaria) che con le ZPS costituiscono la rete Natura 2000 sono delimitazioni di terreno che includono gli Habitat naturali i quali sono l’oggetto della salvaguardia più stringente. Opere e lavori da eseguirsi nei SIC sono soggetti a Valutazione d’Incidenza per verificarne gli effetti sugli Habitat e se questi ultimi possono essere assimilati alle core areas, ciò che residua nei SIC una volta estrapolati gli Habitat va inteso quale buffer zone.

Rimangono, per completare il quadro, le transitione zones per le quali andranno previste apposite disposizioni da inserire nella pianificazione paesistica la quale è in corso di revisione. In definitiva, mediante l’ausilio di diverse misure di protezione ambientale esistenti è possibile ottemperare a quanto previsto per le aree MAB che è quello di definire una disciplina accurata dell’ambito al fine del mantenimento del sistema ecologico. Da non dimenticare, in ultimo, pur se non è l’ultimo argomento in ordine di importanza, che il circondario dell’Assomab è interessato dal passaggio di ben 2 tratturi che prima o poi diventeranno Patrimonio dell’Umanità.

Francesco Manfredi Selvaggi635 Posts

Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.

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