Lo schema a ventaglio della rete tratturale

di Francesco Manfredi-Selvaggi

All’incirca dal ponte della Zittola si dipartono 4 tratturi seguendo uno schema semi-radiocentrico.

La Diocesi di Trivento è interessata dal passaggio di ben 4 tratturi, cioè da tutti quelli ricadenti nell’antico Contado di Molise (gli altri 2, cioè il Centurelle-Montesecco e L’Aquila-Foggia, in tale ordine, sono in prossimità della fascia costiera), cosa non rara, ma addirittura unica tra gli ambiti sub-regionali molisani, o se si vuole, tra le diverse Diocesi presenti qui da noi. L’unicità è relativa non solo alla nostra regione, riguardando pure le confinanti investite dal fenomeno della transumanza, quindi l’Abruzzo e la Puglia.

La Diocesi in questione è un punto di passaggio obbligato per gli armenti transumanti perché essa è tangente al Sangro, nel suo tratto iniziale quando il corso d’acqua ha minori portate; quest’asta fluviale ci divide dalla terra abruzzese dove ha origine la migrazione delle greggi.

Al limite superiore del territorio diocesano troviamo il Pescasseroli-Candela il quale attraversa l’abitato di Rionero Sannitico e l’Ateleta-Biferno (originariamente denominato Pietra Canala, sulla riva sangrina ricadente in Castel del Giudice-Ponte Rotto), 2 tracciati tratturali assai divergenti fra loro; a quest’ultimo proposito è doveroso un inciso che è quello che è impossibile stabilire univocamente quale sia la direzione dei tratturi rispetto all’orientamento terrestre e i 2 casi limite sono proprio il Pescasseroli-Candela (in realtà, ciò è vero pure per il Centurelle-Montesecco e l’Aquila-Foggia) che tendenzialmente va da nord a sud e l’Ateleta-Biferno il quale, fino ad un certo punto, sempre tendenzialmente, va da ovest ad est.

Si tratta, le 2 di cui si sta discutendo, di piste tratturali che, entrambe, solamente per un breve tratto entrano nella Diocesi, in verità per l’Ateleta-Biferno entra¸ esce e poi rientra in quanto superato Pescopennataro si inoltra in Abruzzo per tornare in Molise a Montefalcone del Sannio che è un comune appartenente alla Cattedra Vescovile triventina, peraltro tra quelli che le sono assegnati quello più esterno volgendosi verso il mare, il che ci dice che la maglia tratturale anche in questa direzione investe per intero la Diocesi.

Il disegno della rete tratturale molisana, ancora con l’esclusione dei due che solcano il basso Molise, la si può definire semi-radiocentrica come quelle piazze dell’urbanistica barocca, prendi quella antistante la reggia di Caserta, da cui si dipartono a ventaglio diversi viali, con il polo da cui i tratturi si diramano costituito, all’incirca, dal ponte della Zittola il quale è anch’esso dentro la Diocesi perché siamo a Montenero Valcocchiara. In tale schema le due ali estreme sono, appunto, il Pescasseroli-Candela e l’Ateleta-Biferno, mentre al centro vi sono il Celano-Foggia e il Castel di Sangro-Lucera i quali nell’alto Molise corrono quasi appaiati oltre che estremamente vicini.

Va specificato, prima di procedere oltre, che la forma a raggiera è determinata dalla necessità che i tratturi raggiungano ognuno un determinato punto del Tavoliere, punto distanziato dal successivo lungo la linea di separazione tra Molise e Puglia secondo una cadenza abbastanza regolare, in modo da occupare l’intera superficie di questa vastissima distesa prativa, evitando l’affollamento delle pecore in un medesimo posto per ridistribuirle in seguito. Su per giù i tratturi sono delle linee rette convergenti nello snodo della Zittola.

Volendo tradurre questa descrizione a parole in termini grafici, sintetizzarla in un’immagine possiamo richiamare la figura di una mano aperta con le dita rappresentate dai tratturi (che, però, sono 4 e non 5). La si ritiene una raffigurazione nello stesso tempo di valore didascalico, illustrativa del sistema tratturale, e carica di valenze semantiche nel senso che l’apertura del palmo di una mano la si fa quando si vuole offrire amicizia. L’alto Molise si apre, proprio come fa una mano, per ricevere i tratturi, provenienti da qualunque parte, da 4 direttrici, tanti sono; nei periodi della transumanza esso era autenticamente invaso dai capi ovini, alcuni milioni, che transitavano lungo le vie tratturali così prossime fra loro diretti alternativamente alle montagne abruzzesi, in primavera, e alle pianure pugliesi, in autunno.

Il dischiudere la mano significa accoglienza ed è questa l’idea che ci si fa pensando alla realtà altomolisana nelle stagioni dello spostamento degli animali. Questo comprensorio, nonostante oggi riteniamo sia un angolo della regione appartato e perciò chiuso, era invece estremamente aperto, permeabile ad una molteplicità di provenienze, lo si ripete 4 quanti sono i tratturi. Non può essere scomparsa del tutto, una volta terminata la transumanza, dalla mentalità delle persone che lì abitano l’abitudine al contatto con individui e, quindi, esperienze, dialetti, usanze, financo modi di vestire, di differenti località, dai quali rimangono influenzati.

Il camminare a piedi, contrariamente al muoversi su mezzi di trasporto, sia trainati da cavalli sia, in epoca recente, a motore, favorisce l’incontrarsi, il dialogo. Sul suolo tratturale, se non in appositi luoghi deputati (ad esempio in Largo della Fiera a Civitanova del Sannio) avvengono gli scambi i quali sono occasioni anche di conoscenza reciproca tra i transumanti e i locali. La predisposizione al rapporto con i forestieri deve essere molto radicata nella nostra zona essendo la transumanza una tradizione antichissima, plurimillenaria. Il tratturo incentiva, in definitiva, le relazioni umane, in aggiunta a quelle commerciali.

Bisogna considerare, inoltre, che tali strade erbose erano frequentate tutto l’anno da chi necessitava di effettuare viaggi a lunga distanza per via della loro rettilineità la quale permette di accorciare i percorsi contrapponendosi alla tortuosità della viabilità ordinaria. Va segnalato che i legami tra la popolazione stanziale e coloro che si muovono seguendo la pista tratturale per sbrigare affari, per raggiungere i famigliari, per cercare opportunità di lavoro, alcuni dei motivi plausibili, sono, di certo, più forti nei paesi disposti sull’itinerario Castel di Sangro-Lucera che nel perimetro della Diocesi di Trivento arriva a sfiorare gli abitati in cui si compenetra con l’agglomerato urbanistico, (Pescolanciano, Civitanova del Sannio, Duronia, Torella, Castropignano). La pratica dell’escursionismo con l’ospitalità che i camminatori ricevono nei singoli centri che fungono da posti tappa è una modalità per rinnovare la storica disposizione d’animo della gente che vive in questo circondario favorevole all’estraneo.

Francesco Manfredi Selvaggi633 Posts

Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.

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