Sciare è bello se la montagna è bella

di Francesco Manfredi-Selvaggi

Non farebbe certo piacere praticare lo sci in un ambiente degradato e, perciò, occorre evitare che opere impattanti come l’innalzamento a Campitello delle funivie possano alterare il contesto paesaggistico montano. Si va a sciare anche per godere dei suggestivi panorami del comprensorio matesino. I lunapark dove pure si scivola devono essere belli, per ragioni analoghe.

È sicuramente il luogo più bello del Parco Nazionale del Matese e, nello stesso tempo, il luogo maggiormente oggetto di trasformazioni dell’intero comprensorio matesino, non si può fare il paragone con nessun altro angolo del massiccio, neanche con Bocca della Selva. Tutto ciò apparirebbe paradossale se non fosse che proprio dove sono più elevate le valenze paesaggistiche lì l’interesse allo sfruttamento turistico anche mediante lavori impattanti è più elevato.

Al turismo legato al godimento delle qualità panoramiche del sito qui si aggiunge qualcosa di ulteriore che sono le sue potenzialità sciistiche; è bene precisare che non siamo di fronte ad una mera coincidenza il fatto che in questa località vi siano entrambe le attrattive, quella del paesaggio e quella dello sci. Infatti siamo nell’ambito più decisamente alpestre di questa montagna, con la cima di monte Miletto spettacolare per il circo glaciale appena al di sotto e la sua altitudine superiore a 2000 metri, elevazione, anche se non si raggiunge tale altimetria con gli impianti di risalita (cosa che si vorrebbe fare ora), che garantisce la presenza di neve a lungo e, di conseguenza, insieme all’”aiutino” dell’innevamento artificiale nelle quote inferiori, la possibilità di sciare, a lungo.

Bisogna, poi, considerare in riferimento alla vocazione sciistica che il versante molisano del Matese il quale volge verso l’Adriatico è più distante dal mare di quanto lo sia quello campano in quanto in questa porzione della Penisola l’Appennino non sta sulla sua mezzeria, bensì è spostato sul lato tirrenico. Non solo Campitello subisce minimamente, data la lontananza, l’influenza marina mitigatrice della temperatura, ma è protetto dalle perturbazioni provenienti da ovest per via della barriera montuosa (la protezione verrebbe meno se ci si avvicina alla vetta che, appunto, svetta). In aggiunta, il fianco del rilievo montano che ricade nel Molise è esposto a nord, quindi più freddo.

Infine, il dislivello da monte (Miletto) a valle (il pianoro), circa 600 metri, è sufficiente per avere piste ben sviluppate. Ritornando alla considerazione che Campitello è attraente tanto per la bellezza degli scenari quanto a ragione della suscettibilità intrinseca per la pratica dello sci vediamo che la faggeta che si sviluppa alle pendici del Miletto, in quanto superficie forestale è, di certo, elemento di richiamo nonostante risulti alterato dal passaggio delle piste e delle sciovie, autentiche cicatrici nel manto boscoso. Se dal punto di vista di osservazione del visitatore amante dell’integrità dei quadri visivi ciò è un aspetto del tutto negativo, da quello dello sciatore lo è, come è ovvio che sia, meno, forse dall’interno delle piste se ne accorge meno, lo ritiene magari un sacrificio inevitabile.

È da considerare che gli sport invernali sono quelli in cui vi è la maggiore correlazione tra attività sportiva e turismo. In altri termini, colui che scia ama farlo in contesti ambientali gradevoli per cui anche lo sciatore, salvo le manomissioni necessarie per la realizzazione delle opere funzionali alla discesa con gli sci, il suo obiettivo primario, è favorevole alla conservazione delle visuali di pregio. È troppo generico, lo si ammette, parlare di sciatore perché vi sono sia quelli “pendolari”, sia quelli che pernottano nella stazione montana. Ai secondi, oltre naturalmente la ricettività, occorre offrire occasioni di divertimento per impegnare i momenti del dopo-sci.

Poca cosa nelle stazioni ski-total come era stata concepita all’inizio la nostra, che oggi, invece, assumono un peso rilevante nella pianificazione della località vista la diminuzione delle precipitazioni nevose. Campitello al principio ha puntato tutto sullo sci anzi la nascita di Campitello è contemporanea alla nascita dello sci quale fenomeno di massa, prima essendo uno sport elitario (il principe Umberto di Savoia è il più noto dei frequentatori del passato). Del resto questo polo montano è sorto dal nulla, non doveva tener conto di preesistenti impostazioni del centro turistico alla stregua, per esempio, di Roccaraso, che ne avrebbero potuto condizionare l’organizzazione.

Se la comparsa della stazione invernale matesina non è stata preceduta, come pure avvenuto altrove e adesso quale esemplificazione si indica Capracotta dove la funivia di m. Capraro è di moltissimo successiva agli anelli di sci di fondo di m. Campo, da niente è negli ultimi anni che si è cominciato a programmare attrezzature alternative alla discesa, invertendo l’ordine consueto delle infrastrutture per il turismo invernale. Si realizza così il palazzetto per il ghiaccio che è funzionale, da un lato, agli sciatori per trascorrere il tempo libero e, dall’altro lato, ad un’utenza generica, cioè anche a chi non si reca a Campitello per sciare, né è un accompagnatore dei primi.

È, in definitiva, una cosa a sé, distinta dallo sci che, però, ha in comune con questo l’essere pur esso, il pattinaggio su ghiaccio, uno sport invernale; non è, dunque, un’iniziativa infrastrutturale come tante, prendi un campo di basket o una piscina, scelta a caso perché è coerente con la natura di questo villaggio turistico che è montano. Il suo essere tipico degli insediamenti per vacanza in quota non fa temere a tale attrezzatura la concorrenza di altre simili nei comuni a valle che non ve ne sono (ne ci potrebbero stare date le condizioni climatiche, è superfluo dirlo).

Il pattinaggio su piste ghiacciate è, comunque, un richiamo assai minore di quello di sciare su piste innevate, non c’è alcunché in montagna che può stare alla pari, in quanto a numero di praticanti, allo sci il quale è, dopo il calcio, lo sport più amato dagli italiani. Talmente amato che si accetta volentieri, pur di poter sciare, di effettuare lunghi spostamenti. Per qualche aspetto, per quello che lo sci impone defaticanti viaggi per raggiungere la base di partenza degli impianti, probabilmente la passione per lo sci è più forte di quella del gioco del pallone, ma al proposito va tenuto conto di quanto sottolineato in precedenza, che al piacere di sciare si associa il gusto di apprezzare i panorami, una molla non da poco. Mentre si scia ci si immerge in ambienti di indiscutibile valore come sono le zone in altitudine.

A rafforzare tali affermazioni vi è la constatazione che anche chi vive nell’area matesina non disdegna di muoversi per andare a Roccaraso e non solamente per cimentarsi su altri tracciati, non i soliti, o sperimentarne di più impegnativi. Lo sci si sposa pure con la vacanza, la quale in quanto tale deve svolgersi in una situazione ambientale piacevole (di nuovo la questione del mantenimento dei caratteri di pregio dell’area sciabile) e allora si parte in direzione delle Alpi per la cosiddetta settimana bianca. Piuttosto che tirare delle conclusioni si chiude raccomandando ai gestori di Campitello di non tirare troppo la corda, o meglio la fune degli impianti a fune, sollevando la loro stazione di smonto, per non rischiare di rovinare i quadri percettivi e di compromettere, avvicinandosi troppo, la “sacralità” della vetta, la più alta dell’Italia centro-meridionale.

Francesco Manfredi Selvaggi636 Posts

Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.

7 Comments

  • Gianni Sartori Reply

    26 Febbraio 2024 at 8:37

    https://www.rivistaetnie.com/montagna-rifiuti-116659/

  • Gianni Sartori Reply

    13 Giugno 2024 at 9:49

    https://www.rivistaetnie.com/lago-di-fimon-anfibi-sterminati-a-migliaia-138514/

    si parva licet…
    GS

  • Gianni Sartori Reply

    20 Ottobre 2024 at 10:28

    IN ONORE DI PAUL VARRY (C’est ce contre quoi il se battait qui l’a tué…)

    Gianni Sartori

    La brutale uccisione di un ciclista a Parigi (volontariamente investito da un SUV) ripropone la drammatica questione delle vittime della motorizzazione (in primis, pedoni e ciclisti),
    In Francia oltre 230 manifestazioni in sua memoria il 19 ottobre

    Esistono molteplici contraddizioni. Innumerevoli forme di oppressione e sfruttamento. Galassie di ingiustizie.

    Pretendere anche solo di comprenderle tutte (di risolverle neanche parlarne) sarebbe solo presunzione.

    Tuttavia di alcune possiamo cogliere – qui e ora – tutta l’evidenza. Ragionarci sopra, valutarle, “criticarle kantianamente”…poi si vedrà…

    Citando alla rinfusa: tra padroni e servi, capitale e lavoro, maschi e donne, colonizzatori e indigeni, imperialisti e popoli oppressi, britannici e irlandesi, franchisti e repubblicani…

    Ma anche, si parva licet (parva ?), tra cacciatori e animalisti, tra chi si pavoneggia con il pitbull (senza colpa del pitbull, ovvio) e chi porta a spasso il bastardino adottato al canile, tra chi sgomma col SUV e chi pedala…

    Ecco, questo è il nostro caso.

    Il 15 ottobre, a Parigi, a seguito di un alterco ai margini di una pista ciclabile, un automobilista avrebbe investito volontariamente un ciclista, Paul Varry (27 anni).

    Sabato 19 ottobre, in memoria del giovane brutalmente ucciso, molte associazioni di ciclisti si son date appuntamento in oltre 230 rendez-vous (in genere davanti ai municipi delle città francesi, alle ore 17,45). Per onorarlo e per dire “stop aux violences motorisées”.

    Conosciuto per il suo impegno nella difesa della mobilità dolce, Paul era originario di Saint-Ouen (Seine-Saint-Denis) e membro attivo dell’associazione Paris en selle. Responsabile di tale associazione per Saint-Ouen e Saint-Denis, recentemente aveva partecipato alla redazione di un “libro bianco” per pedoni e ciclisti di questi due comuni di Île-de-France. Un lavoro che aveva largamente influenzato l’operato della municipalità nello sviluppo della mobilità dolce.

    Ricordandolo, un amico ha voluto sottolineare che “è stato ucciso da quello contro cui si batteva. Una lotta la sua – aveva concluso amaramente – che alla fine gli è costata la vita”.

    L’appello per le manifestazioni in sua memoria (“Pour Paul, disons stop à la violence motorisée”) era partito venerdì 18 ottobre dalla Fédération française des usagers de la bicyclette (Fub). Immediatamente ripreso e rilanciato da molteplici associazioni locali.

    “Questa iniziativa – ha spiegato un portavoce della Fub – è un messaggio per i nostri dirigenti politici: basta con la violenza motorizzata. E’ venuto il tempo di comprendere quale sia la realtà del nostro vivere quotidiano e di prendere le misure necessarie per evirare altri drammi come questo!”

    Già nel giorno successivo al tragico episodio (un crimine, comunque la si veda), la Fub avava organizzato un primo rassemblement nell’8° arrondissement di Parigi a cui, nonostante il breve preavviso, avevano partecipato centinaia di persone. Presente all’iniziativa, suo fratello Antoine lo ha descritto come “una persona dolce, sensibile,sempre disponibile per gli altri”. Assicurando che porterà avanti le stesse battaglie:“Pour la mémoire de mon frère, on se battra, le temps qu’il faudra”.

    Il drammatico episodio non ha lasciato indifferente nemmeno il sindaco di Parigi, Anne Hidalgo. Esprimendo il desiderio che “un luogo di Parigi porti il nome del giovane ciclista” brutalmente ucciso. In suo onore verrà osservato un minuto di silenzio all’apertura del prossimo Consiglio di Parigi, il 19 novembre.

    Gianni Sartori

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