Quando il lago è solo una metamorfosi del fiume
di Francesco Manfredi-Selvaggi
Qui da noi non esistono laghi come entità autonome, perché sono in stretta dipendenza dei corsi d’acqua che li alimentano. Se il fiume è in secca il lago è in secca se il fiume si ingrossa il lago si gonfia. Nei laghi naturali invece c’è minore dipendenza delle condizioni dello specchio lacustre dall’asta fluviale che vi si immette.
Il Molise è una regione priva di laghi naturali se non fosse per quello di Civitanova che, comunque, è stagionale. Fino agli anni 70 del secolo scorso non ve ne erano neanche di artificiali, con l’eccezione di quello di Castel San Vincenzo il quale costituisce una singolarità pure per la funzione ad esso assegnata che è quella idroelettrica. Le realtà lacuali molisane si possono distinguere in 2 gruppi, quello dei grandi invasi e dei piccoli. Inoltre, è consentito suddividerli in base alla collocazione tra bacini idrici di media collina e, all’opposto, di tipo montano.
In ambedue le ripartizioni che abbiamo proposto la contrapposizione è fra, da un lato, Liscione e Occhito, e, dall’altro, Arcichiaro, Chiauci e Castel San Vincenzo. La gran parte dei laghi, quelli maggiori e quello di Chaiuci, sono disposti nelle vallate dei principali fiumi presenti nel territorio regionale, cioè, procedendo da sud, Occhito sul Fortore, il Liscione lungo l’asta del Biferno e Chiauci nel tratto alto del corso del Trigno, mentre il resto dei laghi minori è situato su tributari, rispettivamente Arcichiaro del Biferno e quello di Castel San Vincenzo del Volturno.
Questa regione dove in passato erano assenti i bacini lacustri è diventata una delle più ricche di laghi in proporzione alla sua estensione territoriale perché ricca di fiumi essendo gli invasi ottenuti dallo sbarramento delle aste fluviali. A quest’ultimo proposito va detto che qui non c’è mai immissario come succede al Nord Italia dove sono presenti laghi naturali, perché è lo stesso fiume che entra ed esce dal bacino lacuale. È un utile raffronto questo come quello con i laghi vulcanici presenti nell’area laziale per mettere in luce le specificità dei nostri laghi.
I laghi che si sono formati entro i coni dei vulcani spenti sono circolari mentre sia quelli molisani creati dall’uomo sia quelli dovuti alla natura che stanno nelle regioni alpine hanno un andamento allungato, i primi perché seguono l’andamento fluviale, i secondi in quanto occupano valli modellate dalle lingue dei ghiacciai in precedenti ere geologiche. Gli invasi sono, in definitiva, più lunghi che larghi, in qualche modo ovoidali, disposti in senso est-ovest come del resto gli stessi fiumi che li originano i quali corrono verso il mare perpendicolari all’Appennino che ha generato loro (il sub-Appennino nel caso del Fortore).
Non è, però, tutto così schematico come abbiamo descritto: Occhito cambia nel tratto terminale la direzione fino ad allora seguita, rigorosamente dal monte al mare, presentando una seppur minima deviazione assecondando in questo modo il Fortore che fa nel medesimo segmento una sterzata. È inevitabile che un bacino artificiale segua pedissequamente, in maniera immaginifica, quanto fa il fiume che l’alimenta e l’attraversa: non è un atteggiamento di supina passività bensì ne è obbligato a causa della sua totale dipendenza dal corso d’acqua! Se il fiume condiziona lo specchio lacustre che ha creato, quest’ultimo dà la propria impronta al paesaggio che lo circonda e anche al clima.
La enorme massa d’acqua invasata funge, diminuendo gli sbalzi termici, quale moderatore climatico, di sicuro. La vegetazione spondale perlomeno ne subisce qualche influenza. Affermato ciò non si deve, ad ogni modo, credere che ne sia dipendente la lecceta la quale riveste Colle Peluso, al centro del Liscione, tipica macchia mediterranea che cresce se vi sono condizioni di temperatura, di luce, e di umidità simili a quelle che si riscontrano sulla costa tirrenica, ma qui siamo all’interno e poi sul versante Adriatico.
Si tratta di una comunità relitta di leccio che si deve essere installata qui in qualche antica fase della storia della Terra quando la temperatura di questa parte del pianeta, se non dell’intero, era superiore o, (ulteriore ipotesi non in contrasto con l’altra) il livello del mare era più alto così da coprire quella fascia di superficie terrestre che oggi distanzia il lago di Guardialfiera dal litorale. Il Climate Change non è, perciò, una assoluta novità. Il leccio è una specie sempreverde e ciò rende sempre verde il Colle Peluso. Esso è affascinante sia per il manto vegetale sia per essere una sorta di promontorio, proteso com’è nel lago.
Torniamo al paesaggio cui si è accennato sopra e rimaniamo contemporaneamente nel Liscione con riferimento, in particolare, ancora al Colle Peluso. Quest’ultimo costituisce la sponda sulla quale si appoggiano le spalle dei due viadotti che solcano in aereo, manco a dirlo, la distesa acquosa, il Molise 1 e il Molise 2. Chi percorre la Bifernina cui appartengono i viadotti in tale tratto avrà visioni sempre variate, cioè continui cambi di vedute, una volta aventi quale fondale questo rilievo, il quale stimola l’osservazione perché nasconde il pezzo successivo del bacino, un’altra volta le acque calme del lago, il verde e l’azzurro; allargando lo sguardo, poi, si gode della vista dei versanti collinari circostanti, le Terre del Sacramento, e, soprattutto, del borgo medioevale di Guardialfiera, paese natale di Francesco Iovine, il comune più vicino al lago, l’unico che si affaccia, essendo in posizione centrale rispetto al lago, pienamente su di esso.
È uno dei rari esempi nella nostra nazione di fondovalle stradale sovrastante un invaso sul quale passa nel verso longitudinale e non in quello trasversale (come fa un ponte che deve scavalcare un fiume, per capirci); nel Molise è un episodio isolato in quanto non c’è un’arteria che segue la vallata del Fortore. Occhito è perciò meno conosciuto e, di conseguenza, apprezzato del Liscione; anche la valle del Biferno, in effetti, era sconosciuta pure ai corregionali fino al momento che non venne costruita la Bifernina che è coeva della diga di Ponte Liscione.
Occhito sarà, è vero, meno noto, ma proprio per la mancanza di opere antropiche che ne alterino l’immagine ha un aspetto di lago classico. Tanto il Liscione con la strada in mezzo quanto Occhito libero da manufatti che lo ingombrano sono diventate due delle principali attrattive paesaggistiche molisane, tra le più celebrate località della regione, importanti anche dal punto di vista turistico.
Francesco Manfredi Selvaggi637 Posts
Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.
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